Non ci sono certo dubbi su come gli sviluppatori italiani nell’ultimo lustro abbiano cominciato a sfornare dei piccoli capolavori, forti della nostra cultura secolare che ha fatto del “pensare fuori dagli schemi” una delle nostre arti migliori. A tirar fuori un titolo davvero ottimo stavolta sono stati Darril Arts e Stormind Games, che anche se non ci mette di fronte a miracolose innovazioni, riesce con classe a tenere il giocatore incollato allo schermo o ad allontanarvisi dallo spavento. Il titolo sul banco è Remothered: Tormented Fathers, survival horror in terza persona che ci farà sentire a dir poco fuori luogo, e oltre ogni immaginazione non al sicuro. Come già annunciato dallo stesso ideatore, questo gioco si presenta come il primo capitolo di una trilogia, e stando alla mole di questioni irrisolte e domande senza risposta non fatichiamo a crederlo. I passi in avanti dalla versione Early Access di cui vi abbiamo parlato poco più di un mese fa sono stati enormi, anche se molti dei pregi e dei difetti che avevano caratterizzato quella fase non sono stati modificati.
In Remothered vestiremo i panni di una donna dal fare elegante, almeno sulle primissime battute, che si presenterà come Rosemary Reed. Giunta nella sinistra magione della famiglia Felton – Gallo dichiarerà di voler accertarsi delle condizioni di salute del padrone di casa, che fino a qualche tempo prima era ricoverato in una clinica dove la nuova ospite ha dichiarato di lavorare. Ben presto però la “Dottoressa Reed” scoprirà le proprie carte, rivelando senza troppi preamboli di essere alla ricerca di notizie sulla scomparsa della figlia del Sig. Felton, ormai anziano e provato dalla malattia. Dopo essere stata cacciata dalla dimora ed esservi rientrata di nascosto nella notte, inizierà il vero e proprio incubo. Il suo e, ovviamente, il nostro. Rimarremo dunque intrappolati, cercando a tutti i costi una via di fuga per non essere uccisi. Già, perché una volta che il Signor Felton ci scoprirà, non sarà proprio felice di vederci… e non solo lui. Dall’inizio alla fine, senza entrare troppo nei dettagli per evitare spoiler e anticipazioni, Remothered: Tormented Fathers è un susseguirsi turbinoso di colpi di scena, che come malta utilizza l’angoscia, l’ansia, la paura, e la chiara sensazione di impotenza.
Il gameplay, specie nella prima fase di gioco, si traduce come una sorta di acchiapparella/nascondino, dove dovremo riuscire a risolvere degli enigmi ambientali – trovando oggetti in una parte della casa e utilizzandoli da tutt’altra parte – per sbloccare aree inaccessibili della dimora e per venire a conoscenza man mano di indispensabili informazioni. Dove sta l’acchiapparella? Praticamente in tutto il gioco: non ci sarà un singolo momento in cui in Remothered non sentiremo il fetido alito del simpatico cacciatore alle nostre spalle, o peggio, di fronte a noi. Non appena udirà i nostri passi o ci vedrà, ci caricherà senza troppi complimenti e cercherà di ucciderci. Poco potrà fare purtroppo la nostra Rosemary per difendersi, se non lanciare oggetti contundenti per rallentarlo, o ferirlo non mortalmente con un’arma bianca qualora venga raggiunta. Svariati sono i modi che potremo inoltre utilizzare per far perdere le nostre tracce, come correre all’impazzata sfruttando porte e scale della muffita reggia, attivare il timer di alcuni oggetti a tempo, o nasconderci sotto divanetti o dentro a degli armadi (momenti in cui scatta anche un quick time event per “mantenere la calma” e non essere scovati).
Giunti alla prima ora di gioco, Remothered rischia davvero di frustrare il giocatore, specie se non avvezzo a una chiara categoria di stealth game, ma proprio quando il tutto sembra in discesa il titolo riesce a riprendersi con i già annoverati colpi di scena, che non solo cambieranno il nostro aguzzino, ma anche il gameplay di fondo! Non solo labirintici nascondini, ma vere e proprie fughe nei posti più improbabili. Chiaramente a muovere i fili in primis è la trama, che in modo avvincente intriga il giocatore e lo spinge ad andare avanti… al modico prezzo di qualche salto dalla sedia. I tagli registici, sia sui lunghi ma necessari video sia durante il gioco stesso, richiamano molto uno stile cinematografico nelle inquadrature e nelle scelte dei tempi. Quello che purtroppo va a smorzare il grande alone di mistero che il gioco ha come caratteristica principale, è l’eccessiva velocità con cui le informazioni vengono rivelate alla dottoressa Reed: un vero peccato, dato che parte della suspance si consuma davvero troppo in fretta… come un rogo. D’altro canto però, anche la durata complessiva di questo primo capitolo non supera le 4 ore e mezza (ammesso di riuscire in pochi tentativi a fare ciò che dobbiamo), e da un certo punto di vista il “rilascio di informazioni” cadenzato in tal modo risulta più coerente.
I difetti di cui parlavamo nell’incipit purtroppo vanno a minare leggermente la “credibilità” del gioco, come le ferite inflitte al nostro nemico che non rimangono visibili, o la sua indifferenza per qualche secondo una volta che veniamo scoperti in un nascondiglio. Anche se a livello tecnico molte delle grane sono state risolte, come il fastidioso “inchiodarsi” della protagonista sugli spigoli, forse il team di Chris Darril poteva osare qualcosa di più. Quello che però si rivela chiaro come un cristallo è che l’atmosfera presente in Remothered: Tormented Fathers è esattamente quella che ci si aspetta da un horror game: colori cupi, un level design con stanze che alternano spazi molto grandi e che ci rendono visibilissimi alla claustrofobia più assoluta di corridoi – o altro – al limite della sopportazione umana, ma soprattutto il fantasma sempre presente dell’indecisione su cosa fare e come farlo. Guardatevi le spalle.