L’Uomo in Nero fuggì nel deserto, e il pistolero lo seguì. Queste le parole che nel 1982 segnavano l’inizio di una delle saghe letterarie più importanti del mondo, ma che soprattutto dietro a quelle migliaia di righe porta rigogliosa il nome di Stephen King: La Torre Nera. Durante gli anni sono state innumerevoli le speranze, le voci e le smentite riguardo un arrivo della fantastica odissea di Roland Deschain sul grande schermo (tra cui anche quelle di una possibile trilogia), ma un arrivo così “improvviso” ha spiazzato tutti e non poco. La direzione del film è stata affidata a Nikolaj Arcel, che si ritrova tra le mani un compito che definire arduo sarebbe un ben marcato eufemismo: accontentare allo stesso tempo fan storici della saga mantenendo una linea coerente, interessare e far innamorare non conoscitori della storia, e allo stesso tempo far collimare il contenuto di ben 8 libri in una sola pellicola che risulti (almeno per alcuni versi) auto-concludente in soli 95 minuti. Prima di passare a parlare del film facciamo una premessa: chi vi parla è un fan accanito della serie, e sappiate che per una buona percentuale della pellicola ciò che vedrete saranno rivisitazioni più o meno coerenti della storia originale.
La trama è infatti tessuta sulla missione di Roland di non far crollare la Torre Nera (il fulcro dell’universo), mentre nei romanzi il suo scopo era anche quello di raggiungerla. Ci troviamo quindi di fronte non ad un viaggio, bensì ad una concezione del tutto nuova del “Medio-Mondo”, una concezione dove anche i personaggi secondari sono a conoscenza di molte, troppe cose. Senza anticipare troppo, la trama si svolge principalmente intorno a tre personaggi, quali Roland Deschain di Gilead, ultimo “Pistolero” discendente della stirpe di Arthur Eld, Jake Chambers, il piccolo ragazzo di New York che per qualche motivo ha delle orribili visioni, e Walter Padick (Walter o’Dim nei romanzi, ma con decine di altri alias come Marten Broadcloak o Randal Flagg), il malvagio stregone che ha come scopo ultimo radere al suolo la Torre Nera per far spazio a “Tenebre e Fiamme”. I puristi senza dubbio avranno da ridire molto su almeno una cinquantina delle scelte fatte sul piano della sceneggiatura, ma anche sulla scelta delle location, rispettivamente per aver tagliato fuori personaggi cardine della storia come il resto del Ka-Tet di Roland e un’ambientazione del Medio-Mondo molto meno “Western” rispetto a quella minuziosamente descritta nei romanzi. Non aspettatevi il lungo viaggio che avete vissuto in precedenza, ma una serie di eventi e rivelazioni anche troppo rapide. Per toglierci definitivamente i sassolini dalla scarpa, nella pellicola non viene mai nominato (ma solo accennato con un piccolo simbolo che vi sfido a notare) il concetto chiave intorno al quale ruota tutta l’essenza stessa de La Torre Nera: il Ka, un concetto astratto che fonde al suo interno il destino, il karma, e molti altri concetti legati a ciò che accade, che è accaduto e che accadrà. “Il Ka è una ruota”, ed è la risposta a tutti gli interrogativi.
Partendo con gli eventi, a muovere il tutto sarà in principio Jake, interpretato da un sorprendente Tom Taylor, che con delle capacità particolari è in grado di capire quanto di catastrofico sta accadendo all’universo. In un modo che non sveleremo per evitare spoiler, finirà per incontrare “l’ultimo cavaliere”, che interpretato da Idris Elba sarà la colonna portante della pellicola. Certo, fa uno strano effetto non ritrovare il nostro Roland con gli “occhi di ghiaccio”, ma molti degli aspetti principali del personaggio si fanno più che apprezzare (specie nelle piccole parti divertenti proposte). Colui che però riesce in modo perfetto nell’interpretare il suo ruolo è proprio il cattivo di turno, colui che avrà una parte ben diversa da quello che aveva nelle scene da penna e calamaio dello scrittore americano. Mattew McConaughey riesce, apparentemente senza sforzi, a calarsi nelle vesti dello stregone e a renderlo ancor più credibile grazie alla sua espressività, molto apprezzata nei ruoli da villain. Come già accennato a fare da sfondo alle riprese ci sono ambientazioni con due facce totalmente diverse: da un lato la accecante New York, con i suo colori ed suoi neon esattamente al loro posto, mentre dall’altra un Medio-Mondo decisamente diverso da ciò che ci si aspettava, che fa venir meno l’ispirazione dello scrittore avuta dai vecchi “spaghetti western” di Sergio Leone, e che per buona parte dei romanzi ha contribuito enormemente. Dove molte cose sono state tagliate, alcune sono state rivisitate o inventate, ed inserite nel contesto: risultato discreto ma che non fa certo gridare al miracolo (diciamo che vi accorgerete facilmente di quali fattori sto parlando).
A livello di tensione ci siamo, le sensazioni provate tengono comunque col fiato sospeso lo spettatore, e le scene da azione (anche troppo alla action movie per alcuni versi) rendono perfettamente l’idea delle abilità incommensurabili di Roland come pistolero. Anche per questo il film risulta al fine sufficientemente godibile, eppure manca qualcosa, tanto che difficilmente potremo riuscire a definirlo davvero “La Torre Nera”. Probabilmente coloro che non si sono mai avvicinati ai romanzi vivranno con il film una piacevole esperienza per passare una serata, e forse lo consiglieranno ad altri. Coloro che invece hanno condiviso con il Pistolero il lungo viaggio dei romanzi (durato più di 30 anni) avranno molto da recriminare, specialmente per delle speranze non rispettate, e non per una qualsiasi mancanza di qualità. Era lecito aspettarsi di più? Di sicuro, specie sul piano della durata, che soprattutto nel finale ha fatto sì che la fretta prendesse il sopravvento. Un vero peccato. Senza entrare in dettagli, difficilmente vedremo un seguito di questa produzione, e né potremo definire la pellicola una delle tante realtà in cui il mondo è “andato avanti” decine di volte. Di conseguenza, possiamo sperare solamente nell’arrivo dell’altrettanto vociferata serie TV, che probabilmente con la stra grande quantità di ore a disposizione sarebbe in grado di rendere giustizia alla carta stampata in modo egregio.