1917 è l’ultimo film di Sam Mendes, il regista, sceneggiatore e produttore britannico vincitore del Premio Oscar alla miglior regia con American Beauty nel 2000, ma dietro alla macchina da presa anche per altri film importanti come Era mio padre, Skyfall e Spectre. Sul finire dell’anno passato ci ha regalato la sua ultima fatica, costata svariati mesi di lavoro e di progettazione, di cui sei che sono stati necessari solamente per provare le scene che si sarebbero girate in un secondo momento. 1917 è basato sui racconti del nonno di Mendes, Alfred Hubert Mendes, combattente inglese della prima guerra mondiale. Un episodio realmente accaduto durato una manciata di ore, trasformato in un film di 119 minuti che è una vera e propria opera d’arte e testimonianza. Un film storico, ma diventato a sua volta storico, sicuramente esempio per altre opere future e vincitore di tre premi Oscar: miglior fotografia a Roger Deakins, che lo aveva già vinto per Blade Runner 2049 solamente due anni fa, migliori effetti speciali e miglior sonoro. Candidato anche come miglior film, regia, sceneggiatura originale, scenografia, colonna sonora, montaggio sonoro e trucco.
Guerra di trincea
In Francia, sul fronte occidentale, l’esercito inglese è in guerra contro l’esercito tedesco, trincea contro trincea. Quest’ultimo sembra aver arretrato, liberando del territorio che il Colonnello Mackenzie è intenzionato ad occupare con un attacco del secondo battaglione del Devonshire Regiment. Tuttavia, ricognizioni aeree svelano che in realtà l’esercito tedesco era solo arretrato per tendere un’imboscata agli inglesi. L’attacco previsto dal Colonnello per il giorno seguente potrebbe quindi diventare un massacro e i 1600 uomini del Devonshire rischiano seriamente la vita. Il Generale Erinmore spedisce quindi due caporali, Tom Blake (il cui fratello fa parte del Devonshire) e William Schofield, da Mackenzie perché gli consegnino l’ordine scritto di fermare l’attacco immediatamente. Inizia una vera e propria lotta contro il tempo. Uscirne sconfitti significherebbe perdere una moltitudine di vite umane. Tutto è nelle mani di due giovani soldati, scelti forse grazie alla loro prestanza fisica e conoscenza delle mappe e dei territori, o forse perché eventualmente vittime sacrificabili.
Questa è la trama di 1917: semplice, lineare, efficace, anche cinica. Sostanzialmente si tratta di seguire i due protagonisti che vanno dal punto A al punto B, con ben più di una difficoltà da affrontare, in un mondo assai lontano dal nostro, ormai quasi dimenticato, ma in cui riusciamo ad immergerci. Immersione totale, è sicuramente la caratteristica principale di questo film e rara nel panorama cinematografico recente. Noi siamo lì, insieme ai protagonisti, per tutti i 119 minuti della durata. Soffriamo con loro e veniamo sempre più emotivamente coinvolti, fino ad avere le pulsazioni cardiache decisamente accelerate in qualche occasione. Resistiamo ammirando il loro coraggio e la loro determinazione: sanno quanto la missione sia importante. Ritmo serrato, azione, contenuti, solo un paio di pause per riprendere fiato verso la metà del film. Poi, pronti per avviarci verso il finale pieni d’ansia e di paura.
Un piano sequenza lungo due ore è il biglietto da visita di 1917, creato dal montaggio di una serie di piani sequenza anche molto lunghi uniti tra loro perché non si vedano stacchi. È l’azzardo perfettamente riuscito di Sam Mendes che permette di vivere il film senza avere il tempo di riprendere fiato. Il grande manierismo di cui è stato capace dividendosi il merito con l’immenso direttore della fotografia, che ci regala un lavoro a dir poco meraviglioso con un’incredibile gestione del fuoco, che a volte sembra trasformarsi in una mostra di dipinti. Una regia ed una fotografia sostanzialmente perfette che ci conducono attraverso il film sostanzialmente senza difetti, sincronizzando movimenti di camera alla recitazione, a spostamenti di uomini e mezzi, alle esplosioni, ai movimenti di luci, agli effetti speciali. Tutto in set incredibilmente vasti. Qualcosa di incredibile e di irripetibile, forse mai visto al cinema prima. Una sceneggiatura che è stata anche definita come troppo semplice, ma che si è tradotta in un film incredibile. E poi, chi ha detto che una sceneggiatura per funzionare debba essere per forza complessa? Anzi, punto di forza del film è senz’altro quello di aver trasformato una storia semplice in due ore di esperienza. Un apporto a questo è arrivato anche dalla recitazione, giusta, emotivamente coinvolgente sia da parte dei protagonisti, George McKay (che ha esordito con il Peter Pan di Hogan nel 2003) e Dean-Charles Chapman (il Re Tommen de Il trono di spade); sia degli attori secondari, Richard Madden, Benedict Cumberbatch, Colin Firt. Pochi dialoghi, ma efficaci, perché sono poche le informazioni di cui abbiamo bisogno nelle vicende vissute in 1917.
Il vero nemico è il tempo
Tutti i reparti lavorano più che bene, senza eccezioni, ma un altro contributo veramente importante viene dal sonoro, che ascoltato al cinema o col Dolby Atmos del blu-ray disc della versione home-video piace all’ennesima potenza. I proiettili da dietro le spalle, i bossoli che cadono, le esplosioni che fanno schizzare la terra sopra i soldati, i passi delle corse disperate: è tutto perfetto e confezionato dalla colonna sonora di Thomas Newman, potente ed emozionante tanto nel ritmo incalzante e nelle percussioni, quanto nei silenzi, con brani-tappeto che accompagnano i lunghi piani sequenza e brani decisamente più prepotenti che ci ricordano di essere in guerra e che ogni cosa che ci circonda può essere fatale.
Pensare che tutto questo si avventuri in scenografie realmente esistenti, create all’interno di un enorme parco in Inghilterra, è qualcosa di unico. Decine e decine di uomini e donne del cast tecnico, insieme anche a centinaia di comparse, con un solo minimo aiuto da parte di green screen e CGI. Campi paludosi, fango, trincee, polvere, torri, città distrutte, ambientazioni da videogioco. Preferiremmo che di videogioco si tratti, ma non è così. Quella era vita vera e adesso lo sappiamo.
1917 non è solo manierismi e grandi capacità tecniche, ma è un dono storico. Il lavoro di centinaia di persone appassionate che hanno creato qualcosa studiandolo nei minimi dettagli e che si può vedere poche volte nella vita. Passeranno anni prima che potremo rivivere qualcosa di simile e questo deve spingerci ad apprezzare secondo per secondo questo grandissimo lavoro, immedesimandoci in chi l’ha creato e in chi ha vissuto davvero quella storia. Un’esperienza che passa veloce, che lascia molto dentro e che soprattutto vuole essere ripetuta tante volte, senza mai stancare.