Dopo averci conquistati con The House of Da Vinci, Blue Brain Games torna a colpire con un titolo che fonde enigmi intricati, atmosfere cariche di mistero e le peculiarità di un uomo che ha caratterizzato ed impressionato il mondo: The House of Tesla ci porta nella mente del genio, l’uomo del futuro potremmo dire, che ha condizionato e imposto i dettami del mondo moderno quasi cent’anni prima dell’avvento di quest’ultimo.
Come spesso accade, il genio porta con sé diversi grattacapi, o enigmi: in questo caso, il gioco di porta alla scoperta di sistemi sempre nuovi per uscire dalla situazione d’impaccio in cui ci troviamo, sebbene sia difficile determinare quanto c’è di buono in quest’avventura. Nel corso della recensione capirete perché il viaggio nella mente di Tesla non ci ha convinti fino in fondo.
Una notte buia e tempestosa
Sin dalle prime battute, siamo stati trascinati nella Wardenclyffe Tower (la creatura più ambiziosa dell’inventore) ormai ridotta a un guscio di macchine arrugginite e corridoi deserti. L’ambientazione è resa con grande cura: muri scrostati, turbine silenziose, scheletri di un progresso mai realizzato. È impossibile non rimanere affascinati da questo mix di realtà storica e immaginazione.
Da subito capiamo di essere nei panni di Nikola Tesla, il quale sembra essersi risvegliato da poco, probabilmente dopo una pesante commozione cerebrale. Non appena si inizia, si parte con la risoluzione del primo enigma, ovvero aprire la porta della stanza in cui siamo: per farlo, dovremo imprescindibilmente iniziare a famigliarizzare con l’ambiente, capire cosa è “modificabile” e cosa no. Qui il gioco viene in aiuto dei giocatori meno avvezzi al sistema enigmistico: suggerisce gli elementi opzionabili, dà consigli, e diciamo che permette una sorta di “modalità facile” a chi vuole godersi la meraviglia delle invenzioni, senza perdere tempo.
Se da un lato la scelta di offrire un tale aiuto è comoda, va detto che rende tutto meno interessante, un po’ come se tentassimo di risolvere un cruciverba con le soluzioni di fianco: è tutto opzionale, badate bene, però ci è sembrato volutamente semplicistico e non ci ha fatto vivere una vera sfida di ingegno, considerando poi il pretesto narrativo e la scarsa inventiva nel comparto storia degli autori, possiamo dire che l’accoglienza non è certo delle migliori.
Enigmi dimenticati
Gli enigmi sono, come da tradizione dello studio, il cuore pulsante dell’esperienza. Ogni puzzle è costruito a mano, e questo è un pregio non da poco: non abbiamo mai avuto la sensazione di trovarci davanti a ripetizioni o a soluzioni forzate. La novità del dispositivo che permette di vedere e manipolare il flusso dell’elettricità ci ha colpiti positivamente: un’idea fresca che porta nuova linfa al gameplay, anche se l’esecuzione non è sempre perfetta.
L’utilizzo dei flashback per raccontare la storia di Tesla e della torre funziona bene in certi momenti, ma rallenta eccessivamente in altri, spezzando il ritmo e rischiando di togliere slancio all’esplorazione. C’è comunque un’aura affascinante che avvolge l’intera esperienza, ed è facile lasciarsi catturare dall’idea di osservare da vicino il sogno irrealizzato di un genio troppo avanti per la sua epoca. Le location sono tra gli aspetti meglio riusciti: dagli ambienti industriali ispirati a progetti autentici a scenari immaginati che sembrano usciti direttamente dai quaderni di Tesla. Ogni luogo stimola la curiosità e invoglia ad addentrarsi sempre di più nella struttura.
Ed è qui che purtroppo casca l’asino: sfortunatamente nel gioco è possibile spostarsi solo se c’è un enigma nelle vicinanze o una leva da tirare, o un meccanismo da far scattare. Non c’è spazio per la libera esplorazione, non è possibile muoversi indipendentemente, ma ci troveremo sempre in posizioni prestabilite (per altro scomode o volutamente ingarbugliate) che non faranno altro che favorire il mondo di gioco e non il giocatore.
Ad esempio: dobbiamo reperire un elemento in una stanza, magari una chiave o un oggetto che richiederà la nostra manipolazione più avanti. Questo oggetto magari è esattamente davanti ai nostri piedi, nascosto solo da una mala gestione della telecamera, segno che non c’è un vero enigma dietro, ma semplicemente una scarsa attenzione alla programmazione del gioco.
Altra nota tutt’altro che positiva per chi affronterà il gioco: la lingua italiana è presente in tutti i menu, nei suggerimenti etc, ma non sono tradotti i diari o gli appunti di Tesla che tendono a dare informazioni, talvolta fondamentali, per gli enigmi accanto a cui sono posti. Qualcuno con evidenti problemi di approccio linguistico, data anche la stesura in corsivo, potrebbe avere qualche difficoltà a seguire il gioco e si potrebbe stranire non poco.
Spegnere la luce
Il nuovo titolo di Blue Brain Games, The House of Tesla, è un’esperienza affascinante e ricca di spunti ma dimenticabile nella sua essenza. Gli enigmi rimangono di alto livello, sebbene talvolta siano banali movimenti che dobbiamo compiere per mettere una lampadina al proprio posto su uno strumento, per dire. Le ambientazioni sono memorabili, e l’uso del dispositivo elettrico aggiunge originalità nel contesto in cui si trova (ma non è nulla di nuovo in altri contesti).
Tuttavia, un ritmo poco equilibrato e una narrazione discontinua impediscono al gioco di brillare come avrebbe potuto. Un’avventura consigliata soprattutto agli amanti degli enigmi più ostinati, che non si fanno scoraggiare dai problemi esposti sopra. Sarebbe bastato veramente poco, una piccola attenzione in più al giocatore banalmente, una cura più corretta del movimento possibile di quest’ultimo per non relegare tutto ad una passata di mouse sullo schermo, aspettando che diventi una lente di ingrandimento in quel punto specifico per andare a “ficcarci il naso”. Nota interessante: se giocate su PC il gioco supporta il dual monitor ultra wide per cui potrete godervelo a “tutto schermo” cosa non sempre possibile.


