Rune Factory Guardians of Azuma è il nuovo capitolo della serie targata Marvelous, ma non è esattamente il sesto, quanto piuttosto uno spin-off, soprattutto a livello di struttura di gioco. Quando si cerca di dare un taglio diverso a un qualcosa che già esiste, e già funziona, ci sono varie strade che si possono percorrere. A volte la realizzazione è particolarmente riuscita, altre volte l’idea funziona ma non così tanto e altre ancora semplicemente la ciambella non è uscita con il buco. Quello che possiamo dire prima di iniziare con la nostra recensione è che probabilmente, se dovessimo collocare questo gioco in uno dei tre macro casi citati, sarebbe destinato nel mezzo. Ecco perché.
Il gameplay di Rune Factory Guardians of Azuma
Tecnicamente la serie Rune Factory nasce come alternativa JRPG a Story of Seasons, precedentemente noto anche qui da noi in occidente col nome di Harvest Moon. La serie originale nasce nel 1996, mentre è 10 anni dopo su DS che abbiamo conosciuto per la prima volta Rune Factory (il cui sottotitolo era, non a caso, “A Fantasy Harvest Moon”). Rune Factory Guardians of Azuma quindi è praticamente uno spin off di uno spin off, con l’obiettivo di virare ancora di più verso il taglio da JRPG. Come? Andando a snellire nettamente la componente da Farming Sim e ponendo maggiormente l’accento sul comparto narrativo, nonché sull’esplorazione dell’overworld. Sì perché veri e propri overworld alla vecchia JRPG maniera Rune Factory non ne aveva, o perlomeno non così. Erano più aree esterne dove poter combattere e poco più, mentre nel caso di Guardians of Azuma sono state ampliate, con un level design meno blando.
Parte integrante di questa nuova direzione è la possibilità di solcare i cieli a “bordo” del proprio drago, potendo raggiungere sia piccoli punti di interesse e sia veri e propri villaggi nuovi e nuove mappe tutte da scoprire. Questo più ampio respiro nell’esplorazione però porta con sé, inevitabilmente, una richiesta di tempo maggiore al giocatore rispetto a prima, fattore non indifferente dato che il sistema a giornate (con l’orologio interno al gioco che scandisce i giorni) è rimasto. Ogni giornata ha un timer vero e proprio, quindi non c’è il margine per fare tutto con il massimo della calma. Come si è sopperito al problema? Introducendo meccaniche da gestionale vero e proprio, con la possibilità di assegnare agli abitanti dei villaggi vari task da compiere al posto nostro: per esempio coltivare i terreni, oppure acquisire i raccolti, minare le rocce circostanti per ottenere ad esempio il ferro, raccogliere legna dagli alberi, gestire piccoli negozi, e così via. Azioni necessarie a gestire l’economia dei vari villaggi, per tenere gli introiti sempre superiori ai costi di gestione. Certo, si tratta di uno spin off e quindi è normale che il gameplay loop si discosti da quello di partenza, il problema infatti non è quello ma un altro.
Abbiamo appurato che la componente gestionale serve per delegare i lavori da farming sim, peccato però che siano proprio quelli la parte riuscita meglio all’interno del gioco. Quindi perché delegare agli npc la parte più carina da giocare? Non parliamo di un gran farming sim, sia chiaro, è anzi abbastanza basico sotto tanti punti di vista. Anzitutto lo scopo principale del raccolto è quello di venire gettato in blocco nella struttura apposita, allo scopo di venderlo e ricavarci soldi utili per il bilancio del villaggio, e per poter acquistare oggetti o cibo.
Dopodiché, viene messo immediatamente a disposizione del giocatore un Tamburo con una doppia funzione: in battaglia, cura sé stessi e gli alleati di qualche punto salute, mentre in fase di farming, accelera di uno stage la crescita del raccolto. Praticamente quello che richiederebbe 4 giorni di gioco ne richiede 2, quindi il tutto diventa una sorta di rush a raccogliere centinaia di rape, cavoli, carote e così via e prendersi barcate di soldi in ritorno, spesso talmente di più rispetto al necessario che quasi si può fare a meno di farmare per un po’. Un potere che non è possibile affidare ai lavoratori dei campi, o si va manualmente a suonare il Tamburo vicino agli ortaggi o non si potrà accelerarne la crescita.
In compenso possiamo usare il tempo risparmiato dal farming per esplorare e combattere, peccato però che il combattimento sia per ampio distacco la parte peggiore di Rune Factory Guardians of Azuma. Il problema principale di questo combat system è la quasi totale assenza di feedback percepito. Se avete avuto modo di giocare a titoli come Biomutant in passato saprete cosa intendiamo, ma per tutti gli altri è come se non ci fosse la sensazione di star combattendo davvero. Oltre all’essere un po’ caotico, ma quello è il meno, non è sempre chiarissimo quando si viene colpiti, la portata e pericolosità dei colpi avversari e, talvolta, anche l’anticipation non è il massimo (per i meno avvezzi, ci riferiamo agli indizi visivi che suggeriscono l’arrivo di un qualcosa, in questo caso l’animazione che precede un attacco). Spesso si dice “nascondi le tue debolezze ed enfatizza i tuoi punti di forza”, ma Rune Factory Guardians of Azuma fa per assurdo l’opposto, togliendo peso alla componente Farming Sim nel gameplay loop e dandolo a qualcosa che, a livello di realizzazione, non è stato realizzato bene.
A chiudere il cerchio delle fasi di combattimento zoppicanti, i membri del proprio Party semplicemente non sono gestibili. Ci è capitato di incontrare mostri un po’ troppo forti, dileguarci per non venire tritati e accorgerci che i nostri compagni stavano comunque combattendo quel mostro, nonostante noi avessimo già iniziato a fuggire via da lì. Sarebbe stato utile dare al giocatore un minimo di controllo sulle azioni dei propri alleati, o che perlomeno la loro IA agisse in coordinazione con noi (se noi combattiamo combatte, se ci allontaniamo di X metri dai nemici fugge con noi). Intendiamoci, non stiamo parlando di un gioco rotto o con combattimenti che non funzionano. Se non vi pesa che si rimanga nei confini del button mashing un po’ caotico, senza una logica o un senso dietro, allora non avrete una percezione realmente negativa.
Crediamo sia solo un peccato che non si sia curata abbastanza una componente al cui altare è stato sacrificato il marchio di fabbrica della serie, ossia la componente da Farming Sim tipica dei giochi di punta di Marvelous. Non è nemmeno un problema di meccaniche carenti, perché ci stanno sia la schivata che la schivata perfetta, si possono usare armi a lungo o corto raggio e anche armi dalla distanza, si possono utilizzare delle skill di vario tipo (acquisibili dallo skill tree del personaggio) e così via. Sono le fondamenta a non funzionare come si deve, e il feedback dei colpi dati e soprattutto ricevuti è il termometro di ogni combat system degno di questo nome. Se quello è carente, proprio come visto sul citato Biomutant, non importa quante mosse e meccaniche tu vada ad aggiungere, rimarrà carente. Questo è un combat system che ci si poteva aspettare dagli action JRPG da primi anni di PS3 e Xbox 360, quando il genere era ancora in una fase non avanzata nelle sue varianti, appunto, action. Ma nel 2025, dopo aver visto tante serie vecchie e nuove raggiungere un livello ottimo sotto questo specifico punto di vista, il feeling con Rune Factory Guardians of Azuma è di un gioco vecchio quando si tratta di combattere, e non necessariamente in senso positivo per tutti (perlomeno non per noi).
Riteniamo che il fattore più determinante per apprezzare o meno questo titolo sia quanto peso si dia alla realizzazione del combat system, e soprattutto alla percezione che si ha in quelle fasi, perché questo titolo su combattimenti ed esplorazione ci punta molto di più rispetto ai capitoli standard di Rune Factory.
Storia, rapporti coi personaggi e considerazioni finali
Presente quando abbiamo detto che la componente Farming Sim è stata abbastanza sacrificata? Non sarebbe giusto dire esattamente lo stesso del sistema di relazioni tra il protagonista e gli altri npc principali, che è sempre stato un fiore all’occhiello di Rune Factory, ma allo stesso tempo non ci è sembrato qualcosa di particolarmente brillante in Guardians of Azuma. Rimane la possibilità di fare dating con gli altri personaggi, persino con la controparte del personaggio protagonista (con quella femminile se si prende quello maschile e viceversa), addirittura di sposarseli, ma probabilmente ci aggiunge molto di più il cervello del giocatore di quanto sia quello che ci mette il gioco. Migliorare il proprio rapporto con loro ci permette anche di sbloccare scene e quest apposite, e forse valeva la pena aumentare e approfondire le route con loro piuttosto che inserire una storia principale.
Il plot narrativo infatti non è di certo nulla di innovativo, con un mondo che va salvato per mano nostra in quanto protagonisti. Non vuol dire che sia una storia scritta male. Semplicemente è onesta ma non va fino in fondo, non osa chissà quanto e lo storytelling non è indimenticabile. E se vogliamo, il concetto di “onesto ma non va fino in fondo” lo possiamo applicare letteralmente a ogni singolo aspetto di Rune Factory Guardians of Azuma.
La dimostrazione? Se scrollate fino alla fine noterete che non è presente la parte dedicata al comparto tecnico, perché non c’è assolutamente nulla da dire. Grafica stile videogioco anime 3D senza infamia e senza lode, con animazioni a tratti un po’ rigide e senza problemi di ottimizzazione. Il pacchetto completo offerto da Rune Factory Guardians of Azuma, nel mondo dei videogiochi del 2025, non basta per spiccare, non basta per brillare né per lasciare il segno. Rune Factory non è mai stata una serie di tendenza e né glielo si richiede, si rivolge a specifiche nicchie e va benissimo così, ma non saremmo sorpresi se anche gli appassionati lo giocassero, lo finissero e smettessero di parlarne o di considerarlo in breve tempo. Hanno cercato di inserire quante più meccaniche e feature possibili (anche quelle meno necessarie ma carine da avere, come la possibilità di avere un equipaggiamento per i parametri ma, al contempo, di avere un outfit a parte che rimanga come estetica in overworld), snellendo e ripensandone alcune per far sì che coesistessero con le altre, dando più focus all’overworld e all’esplorazione, ma il risultato rimane comunque buono ma non buonissimo.
Forse sarebbe meglio concentrarsi su fare meno cose, farle bene e, a costo di vendere qualche copia in meno (soprattutto quando il successo commerciale non sarà di dimensioni importanti con queste produzioni) fare ancora più felice la nicchia di turno. Siamo poi dell’idea che se un gioco di nicchia è curato maniacalmente in quelle poche cose che fa, può anche convincere chi non ne fa parte a entrare in quella nicchia. Non siamo mica nati con la scheda personaggio stile D&D, quello che oggi ci piace lo abbiamo scoperto nel tempo (esempio personale: sono un appassionato di Vocaloid, che in Italia sono una nicchia, ma mi piacciono per come sono e mica perché li hanno adattati ai miei gusti). Siamo poi sicuri che mettere mille cose senza farne alla grande nessuna sia la scelta giusta? Gli appassionati di Farming Sim ne troveranno comunque uno puro migliore, idem gli appassionati dei JRPG action, idem gli appassionati dei Dating Sim e così via. Ovviamente non sta a noi stabilirlo, ma volevamo approfittarne per concludere con una riflessione, sicuramente opinabile e alla quale siete liberi di rispondere qui sotto nei commenti col vostro punto di vista.



