Destiny 2: I Confini del Destino Recensione, un turbolento riavvio

Abbiamo completato le attività della nuova espansione di Destiny 2: I Confini del Destino. Tra novità e alti e bassi, ecco la nostra recensione.

Lorenzo Ardeni
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Lorenzo Ardeni
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Sono Lorenzo, UX/UI Designer di professione e recensore per passione. Con un amore profondo per le serie di Metal Gear e The Legend of Zelda, da...
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Destiny 2 I Confini del Destino
6.5 Sufficiente
Destiny 2: I Confini del Destino

Nulla è bello perché dura nel tempo. Lo abbiamo imparato più volte negli anni, vedendo concludersi serie storiche in modi più o meno positivi. Nella migliore delle ipotesi, saghe videoludiche si concludevano con qualche trilogia, magari riproponendo un quarto capitolo dopo tanti anni, in un medium dalla forma più matura. Vediamo casi come Metroid Prime, The Witcher e chi più ne ha, più ne metta. Altri casi non sono stati altrettanto positivi: pensiamo a Metal Gear Solid, Mass Effect o anche Assassin’s Creed. Serie leggendarie, è vero, ma che sono state portate avanti fino allo stremo, pena la decadenza del franchise stesso. Destiny 2 si trova in una posizione difficile, dal momento che la promessa di Bungie, iniziata nel 2014, ha raggiunto la sua conclusione lo scorso anno con il rilascio de La Forma Ultima. Lo storico conflitto tra Luce e Oscurità aveva finalmente trovato una grandiosa conclusione, rappresentando un netto epilogo nel cuore degli appassionati, o Guardiani.

La morte del Testimone, per tanti giocatori, era in qualche modo la fine di Destiny 2, il termine del viaggio. Può sembrare drastico, è vero, nonostante già consci del fatto che Bungie avrebbe continuato a proporre contenuti per il suo titolo. Nell’aria, tuttavia, si percepiva che qualcosa si era rotto, da cui non si sarebbe più potuto tornare indietro. Di fatti, con il passare del tempo gli sviluppatori continuavano a mostrare sempre più fatica nel realizzare novità interessanti ma ancor di più a svecchiare il suo titolo e cercare di avvicinare una maggiore player-base, fallendo nella maggior parte dei casi.

Con I Confini del Destino, finalmente vediamo quello che sarà Destiny 2 nei prossimi mesi e, speriamo, nei successivi anni. Non solo una nuova campagna, bensì un arco narrativo inedito e sradicato dal conflitto tra Luce e Oscurità che si pone l’enorme obiettivo di far splendere di nuovo l’opera di Bungie. In realtà, questa espansione ci è parsa più un disperato e confuso tentativo di non far morire completamente Destiny 2.

Un debole inizio, con un finale esplosivo

L’incipit narrativo racconta del modo in cui siamo stati chiamati su Kepler, di come abbiamo ricevuto un misterioso messaggio da parte di “Tre”, uno dei membri dei Nove. La fazione è di fatti sempre rimasta avvolta in un alone di mistero cosmico, e in I Confini del Destino ci aspettavamo di scoprire molto più su questo gruppo. Atterrati nella nuova destinazione, scopriamo alcune popolazioni inedite: gli Aioniani, abitanti pacifici di Kepler, e il Casato dell’Esilio, ovvero una nuova fazione degli Eliksni. Questi ultimi hanno come obiettivo l’estrazione di materia oscura dal pianeta e vengono guidati da uno dei volti conosciuti nel primissimo Destiny. Inoltre, ritorna anche un altro personaggio storico – seppur secondario – che evitiamo di citare direttamente per non fare troppi spoiler sulla storia.

Destiny 2 I Confini del Destino

Non viene mai chiarito direttamente il perché ci troviamo su Kepler, dettaglio che rende l’incipit estremamente confuso e poco curato, ma possiamo affermare che più si procede nella campagna e più vengono alla luce dettagli importanti che motivano le scelte dei vari personaggi, tra cui Ikora e il nuovo conosciuto: Lodi. I fili che interconnettono tutti i volti si fanno man mano più concreti, sebbene il problema più grande dell’impianto narrativo sia un’eccessiva dissolvenza che la rende particolarmente longeva, e giungendo a dei punti fermi solo verso la conclusione.

Va però detto che, per quanto la narrazione sia enigmatica e confusa per un giocatore storico di Destiny 2, chi si vuole approcciare per la prima volta in questo enorme mondo troverà sicuramente un punto di partenza valido. Consideriamo due aspetti: la totale assenza di collegamenti al precedente arco narrativo e l’aggiunta di un personaggio, Lodi, che è totalmente estraneo a tutto quello che è successo in quanto è letteralmente teletrasportato dagli anni ’60 al futuro di Destiny. Queste sono tutte chiavi di lettura spoglie e vergini che permettono a un nuovo giocatore di interessarsi in modo più aperto e libero all’universo narrativo. Questa ambivalenza è un fattore che torna costantemente nell’espansione, rappresentando un netto spartiacque tra i giocatori storici e i nuovi arrivati.

Una luce troppo fioca

Nel nostro caso, tuttavia, ammettiamo di aver riscontrato difficoltà nel trovare una motivazione concreta nel procedere con le circa 14 missioni, dal momento che l’unica “scusa” per giocare era la volontà di capire perché ci trovavamo su Kepler. La campagna, per quanto in alcuni casi abbia portato alla luce alcuni dettagli molto interessanti sui personaggi dell’universo narrativo, non riesce mai davvero a brillare come hanno fatto altre nel passato. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che gli antagonisti della storia si mostrano molto raramente, e in modo molto frammentato: per fare un esempio, vediamo il boss finale solo nelle primissime missioni per poi ritrovarlo nell’ultimo scontro. Un altro, invece, si presenta nella seconda metà della storia per poi mostrarsi nella cutscene conclusiva. Insomma, la narrazione si perde in fin troppa dinamicità e senza una direzione chiara e definita. Escludendo Ikora e Lodi, veri protagonisti dell’espansione, gli altri personaggi o hanno una caratterizzazione che fa solo da contorno, o vengono frammentati tra una missione e un’altra, senza un filo logico coerente che li unisce.

Ci sono state addirittura delle situazioni in cui, parlando con gli abitanti di Kepler, ci trovavamo di fronte dei box di testo stile visual-novel, che in termini di esperienza utente non hanno assolutamente niente a che vedere con Destiny 2. Parliamo di un’interfaccia completamente estranea al titolo e che poteva essere semplicemente sostituita con i classici dialogo con personaggio a sinistra e testo a destra. Dobbiamo dirlo: non abbiamo la minima idea del perché Bungie abbia preso una decisione così “economica” quando aveva già una soluzione pronta da 8 anni.

Le nostre opinioni sulla colonna sonora sono invece più miste, perché da una parte ci fa piacere vedere che Bungie stia rispolverando i brani più iconici dell’universo di Destiny 2. Da un’altra parte ci rendiamo conto che utilizzare canzoni così vecchie dà un senso di scontato, poco studiato e sicuramente non racconta un nuovo arco narrativo che dovrebbe guidarci per molti anni a venire su Destiny 2.

Opinioni miste nell’impianto ludico

Entrando nel merito del gameplay, la fortuna è che ci sono tante meccaniche e dinamiche di gioco inedite di cui potremmo parlare. Di fatti, crediamo che sia proprio l’impianto ludico la parte più riuscita de I Confini del Destino, grazie a un mix più o meno corretto tra fasi di combattimento e fasi puzzle. Avete letto bene: la novità più importante del gameplay è l’introduzione di veri e propri rompicapo, necessari per procedere nelle varie missioni.

Avrete già visto la “pallina” – così viene chiamata dai giocatori – in cui il Guardiano si trasformerà per completare alcuni puzzle, ma che sorprendentemente ha una valenza anche nel combattimento. Discorso identico per un cannone che permette di aprire dei portali in lontananza e una variazione dell’attacco corpo a corpo di telascura che può aprire dei passaggi altrimenti nascosti. La controparte puzzle de I Confini del Destino riesce sì a svecchiare sensibilmente il gameplay di Destiny 2, ma allo stesso tempo non è mai un’introduzione capace di farci saltare dalla sedia.

Le meccaniche puzzle vanno a sbloccarsi man mano che si procede nella storia, andandosi anche ad intricare tra di loro avvicinandosi alla conclusione, ma sono sostanzialmente sempre le stesse. Non solo: quando si comincia realmente a prendere manualità con esse, la campagna giunge al termine, lasciando un po’ con l’amaro in bocca, un po’ con una sensazione di libertà da quella che è una lama a doppio taglio. Potremo infatti utilizzare tutte queste nuove abilità anche nel combattimento, andando a rinfrescare il nostro set di equipaggiamenti, ma si finisce ben presto nel cadere nello spam costante dei soliti tasti solo perché magari un colpo di cannone stordisce l’avversario o perché la telascura può bloccare i nemici. Il problema concreto è che tutte queste meccaniche sono fin troppo noiose, sebbene possano anche risultare utili nel combattimento, in alcuni casi.

Frustrazione, tra controlli imprecisi e bug sparsi

La loro eccessiva banalità rischia costantemente sia di sfiancare il giocatore, sia di causare vera e propria frustrazione. È il caso della pallina, che per causa di controlli non eccezionali ci ha fatti cadere spesso giù dallo scenario, portandoci a una morte permanente e, quindi, a dover ricominciare da zero un combattimento. È il caso della scintimateria – la “pallina” – che proprio in combattimenti con i boss era sia un modo semplice per cadere giù, sia per rompere i pattern del nemico e sconfiggerlo spammando gli stessi attacchi ripetutamente.

L’esplorazione di Kepler, tuttavia, richiede costantemente l’utilizzo di questi puzzle, ora per arrivare verso un obiettivo, ora per raggiungere un forziere che potrebbe nascondere dell’equipaggiamento di potere superiore. Muoversi sulla superficie della nuova destinazione, sia per colpa dell’assenza dell’astore e sia per dei passaggi troppo stretti, è un’attività fin troppo tediosa, gravata dalla necessità costante di usare la scintimateria per spostarsi o il portale per superare degli inutili laser. È pur vero che con le ore si imparano a superare velocemente, ma i puzzle nell’esplorazione libera sono un grande malus, dal nostro punto di vista.

Destiny 2 I Confini del Destino

A peggiorare la situazione ci sono frequenti bug che rischiano di pesare troppo quando si verificano in situazioni al cardiopalmo, magari quando stiamo per uccidere un boss e ci fanno morire in modi assolutamente improponibili. Cadute per causa della scintimateria, elementi scenici che ci schiacciano o ci fanno “clippare” dal mondo di gioco, e soprattutto l’indicatore della direzione da seguire che in molti frangenti non funziona affatto, rischiando di farci andare nella direzione sbagliata. Tolti questi difetti, il gameplay delle nuove missioni di Destiny 2 ci ha fatti anche divertire, lo ammettiamo. Per quanto le meccaniche puzzle si siano incastrate con scarsa originalità, tutto sommato funzionano e regalano dei boss che vanno sconfitti ragionandoci di più rispetto al passato. Inoltre, le fasi puzzle e di combattimento si alternano in modo abbastanza intelligente, separando più o meno coscientemente i diversi momenti.

Una difficoltà tarata ma non bilanciata

Anche il livello di difficoltà è stato maggiormente tarato, risultando più fruibile in modalità leggendaria rispetto al passato, e permettendo ai veterani di ottenere più velocemente un equipaggiamento con alto potere. Discorso simile per i nuovi arrivati, che troveranno in I Confini del Destino un livello di sfida corretto, ponendo le sfide più ardue al posto giusto. È vero che andando ad aumentare la difficoltà ci si trovano davanti delle missioni assolutamente impossibili per un solo giocatore, che richiedono quindi un team più grande e senza dubbio conscio delle varie dinamiche che subentrano a quel punto, ma non crediamo sia qualcosa di cui spaventarsi. In modo profondamente opposto, il raid “Il Deserto Perpetuo” rappresenta senza dubbio il banco di prova più discusso e controverso dell’espansione. Fin dai primi tentativi, la community si è trovata di fronte a un livello di difficoltà esagerato, che va oltre il semplice apprendimento di meccaniche o la coordinazione del team: qui la vera sfida è sopravvivere a incontri che sembrano pensati per mettere a dura prova la resistenza e la pazienza dei giocatori più esperti.

Destiny 2 I Confini del Destino

Non sono i puzzle o le trovate ingegnose a bloccare i progressi, ma un bilanciamento che punta tutto sul danno richiesto e sulla scarsità di munizioni che trasforma ogni fase in una maratona di gestione delle risorse. La sensazione è quella di un raid che più che premiare la creatività e la strategia, impone una selezione tra chi può permettersi ore di tentativi e chi si arrende di fronte a una difficoltà percepita come artificiosa.

A complicare ulteriormente il quadro c’è la sensazione di una fase di transizione ancora troppo immatura: il nuovo sistema di armature e armi, pensato per rivoluzionare il meta, fatica a imporsi tanto che molti continuano ad affidarsi ai vecchi equipaggiamenti, mentre alcune ricompense fondamentali rimangono accessibili solo a chi riesce a completare il raid stesso. Questo crea un paradosso frustrante per chi cerca di prepararsi al meglio, alimentando la percezione che l’endgame sia oggi più un test di sopravvivenza che una celebrazione della cooperazione e dell’inventiva.

In definitiva, I Confini del Destino si presenta come un’espansione ambiziosa, capace di rimescolare le carte sia sul piano narrativo che su quello delle attività di gioco, ma ancora prigioniera di alcune scelte di design e bilanciamento che rischiano di dividere la community più che unirla. Se da un lato Bungie mostra coraggio nell’aprire un nuovo capitolo e introdurre meccaniche inedite, dall’altro la strada verso un’esperienza davvero appagante e coesa appare ancora lunga: serviranno ascolto, aggiustamenti e una visione più chiara per riconquistare la fiducia dei Guardiani e restituire a Destiny 2 quella centralità che per anni lo ha reso un punto di riferimento nel panorama degli MMO.

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Sufficiente 6.5
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Sono Lorenzo, UX/UI Designer di professione e recensore per passione. Con un amore profondo per le serie di Metal Gear e The Legend of Zelda, da sempre esploro il mondo dei videogiochi cercando di capire cosa rende ogni titolo unico. Oggi sono piantato su Call of Duty e Super Smash Bros., ma non perdo occasione per giocare classici come Super Metroid o Syphon Filter. Scrivo recensioni con uno sguardo critico, ma sempre con la stessa curiosità che mi accompagna da quando ho iniziato a giocare.