Con Blair Witch, Bloober Team è riuscito a segnare un altro ottimo punto a proprio favore, e dopo il rinvio a causa dell’emergenza COVID-19, il 2021 potrebbe diventare l’anno della consacrazione definitivo con The Medium. Lo studio polacco ha come mantra la creazione di titoli horror suggestivi, e in questo caso in particolare vuole toccare dei temi molto specifici, primi tra tutti la morte, gli spiriti e i sentimenti (buoni o cattivi che siano). Per l’occasione, ci troviamo quindi di fronte ad un horror psicologico in terza persona molto particolare, un’avventura inquietante ma mai davvero terrificante, che tuttavia pone come punti di forza alcune innovative e ingegnose meccaniche. La voglia di innovare e rinnovarsi si sente davvero forte, un profumo agrodolce che per la maggior parte delle caratteristiche ha giovato al titolo, ma che per altre lo ha fatto un po’ zoppicare. Parte di tutto ciò si coglie già pensando alla location: stavolta i ragazzi di Bloober hanno voluto metterci del personale, non solo ambientando il gioco nella loro patria, ma anche rievocando temi e momenti della storia molto bui per il paese.
La traghettatrice
Cracovia, Polonia, 1999.
“Tutto iniziò con una ragazza morta”. Il brutale omicidio di una bambina. Premonizione, ricordo, o semplice incubo?
Al contrario di molti titoli dove si parte dalla “genesi”, ovvero dal momento in cui una persona apparentemente qualunque scopre di avere capacità sensazionali, quando inizieremo la nostra avventura in The Medium la nostra protagonista sarà già conscia delle sue capacità: Marianne, una giovane donna polacca che fin da bambina ha l’incredibile dono – o la maledizione – di poter visitare il Mondo degli Spiriti. Le persone comuni possono vedere “solo a metà”, mentre con i suoi poteri, Marianne vive anche all’interno dell’altra dimensione, un mondo specchiato e identico al nostro… ma dalle fattezze totalmente diverse. Un posto inospitale, polveroso, marcio, nel quale le anime dei defunti continuano a “sostare” in attesa di essere lasciati liberi e trapassare definitivamente. La storia della ragazza inizia in un momento molto triste, dove proprio a lei toccherà dare l’ultimo saluto all’uomo più importante della sua vita, colui che l’ha adottata dall’orfanotrofio e che le ha fatto pensare ai suoi poteri come a una benedizione, e non come a qualcosa da odiare. È proprio lei infatti, che come ha già fatto centinaia di volte, accompagna l’uomo all’altro mondo. Neanche il tempo di piangere il proprio caro, che Marianne riceverà una misteriosa chiamata da un uomo tutt’altro che tranquillo: Thomas le chiederà disperatamente aiuto, e di raggiungere un grande resort abbandonato da tempo (il NIWA), lo stesso in cui secondo alcune dicerie si svolse un massacro molto tempo prima.
Da qui in poi partirà l’avventura vera e propria, un horror psicologico narrativo, caratterizzato però da diverse meccaniche dinamiche ed esplorative. Si tratta all’effettivo di una commistione di generi, dove l’avventura grafica classica incontra alcune caratteristiche tipiche dei punta e clicca, ma unendo il tutto a fasi più velatamente action. Lo svolgimento del gioco è lineare, con uno spazio assai ristretto per l’esplorazione, che comunque risulta gradevole e non troppo dispersiva (il setting e le questioni da risolvere riescono anche a creare curiosità e a spingere il giocatore alla ricerca dei vari collezionabili). Come da copione, sono presenti anche dei jumpscare, ma in numero decisamente minore rispetto a quanto ci si possa aspettare da un titolo dalle tinte orrorifiche, e soprattutto risultano dannatamente azzeccati e ben gestiti. Il calderone è pieno di buone idee, che vengono distribuite variando le situazioni l’una dall’altra e non venendo mai a noia, anche se il ritmo e lo svolgimento (nonostante sia possibile anche correre in alcuni spazi) risultano piuttosto lenti.
Rabbia, dolore e tristezza
Prima di analizzare il gameplay, ovvero la parte che più cerca di dare particolarità al gioco, è necessario spiegare alcune caratteristiche dell’avventura sul piano “sensoriale”. Marianne, non solo è in grado di “vedere oltre” e riconoscere ciò che accade nel Mondo degli Spiriti, ma riesce anche a percepire le sensazioni e le emozioni di cui i vari luoghi sono intrisi, così come riesce a percepire cosa provano o provavano gli spiriti in determinati momenti, che sia tramite un Ricordo ricostruito o tramite un piccolo Eco. Tutto ciò va a braccetto con l’atmosfera che Bloober Team ha voluto ricreare, un ambiente malsano, un passato a tinte rosso sangue, e troppi segreti nascosti. Parliamo inoltre di un titolo pieno zeppo di contenuti visivi e scritti, ma distribuiti estremamente bene e che non sfociano mai nel walltext, risultando piacevoli (e disturbanti) da vedere e da leggere. Eccoci quindi a scovare delle cartoline nascoste qua e là, i ricordi e gli echi già citati, ma anche lettere, note, inquietanti disegni di bambini e poster. Inutile dire che a tutto ciò che troveremo, corrisponderà anche una reazione della protagonista.
Artisticamente parlando sono molte le ispirazioni da cui lo studio ha attinto, alcune più palesi di altre: partiamo dalla pura cultura religiosa e a ciò che concerne a livello storico, passando per similitudini “tentacolari” che strizzano l’occhio all’immaginario lovecraftiano (cosa in determinati casi riprodotta in modo eccelso anche dall’ambientazione e dai colori tendenti al verde), finendo poi per alcune fasi che riportano alla mente determinate caratteristiche dei vecchi Syberia di Benoit Sokal.
Al di là dello specchio
Senza ombra di dubbio, l’aspetto più intrigante e innovativo di The Medium è il gameplay, che da avventura narrativa in piena regola riesce ad inclinarsi in diverse direzioni, prendendo una forma leggermente più action. La cosa che però abbiamo gradito maggiormente, sono i tagli registici che il team è riuscito a dare al gioco, variando lo svolgimento delle varie fasi anche se servendosi delle stesse meccaniche. Con i poteri di Marianne giocheremo contemporaneamente nei due mondi (dual reality gameplay), ma in alcuni caso saremo forzati a passare dall’uno all’altro, e variando a sua volta lo svolgimento. Da sottolineare il fascino delle fasi dove il dualismo è riportato su schermo, sia in video registrati sia in game, con le scene proposte da diverse angolazioni, e con lo studio che in base ad esse di volta in volta sceglie se utilizzare uno split screen verticale o orizzontale, anche di dimensioni diverse.
La collaborazione tra “le due Marianne” sarà fondamentale, perché alcuni oggetti o interazioni saranno disponibili solo da una delle due parti. A volte saremo costretti a far compiere alla ragazza un “viaggio extracorporeo” e dividerle temporaneamente, oppure a cambiare di posto un oggetto per far sì che dall’altra parte questo abbia un’entità diversa, e così via. Chiaramente anche le capacità saranno diverse tra il mondo materiale e quello degli spiriti: alterneremo quindi l’Intuizione del mondo dei vivi con uno scudo protettivo o un’esplosione di energia nel mondo specchiato (chiaramente se avremo accumulato l’energia in punti specifici), così come varierà la telecamera anche in base alla situazione, alternando inquadrature laterali, posteriori, fisse o dinamiche. Un po’ più sottotono e quasi forzate le fasi “stealth”, che da un lato ci ricordano di essere braccati e ci fanno ripiombare nel senso di oppressione, ma dall’altro possono risultare decisamente fastidiose da gestire (si tratta comunque di fasi piuttosto brevi ogni volta). Infine, ma non per importanza, come in ogni avventura che si rispetti sono presenti degli enigmi: questi non risultano essere troppo complicati, ma richiedono comunque una certa sequenzialità per essere risolti. Sicuramente una scelta voluta dal team, per non affossare il ritmo della narrazione e allo stesso tempo intrigare il giocatore.
La nota dolente di The Medium
The Medium si traduce in un titolo coraggioso, che allo stesso tempo riesce a mettere il giocatore di fronte a diversi tipi di angoscia. Quindi è un peccato constatare che una maggiore cura sul piano tecnico avrebbe potuto portare questa produzione ad un livello ancora maggiore. Nonostante alcune ambientazioni, colorazioni e composizioni siano davvero incredibili, spesso ci troviamo di fronte ad altri posti curati non con la stessa dovizia dei dettagli. Tralasciando questo male minore, su Xbox Series X nella versione testata prima del lancio (speriamo che tali problematiche vengano risolte con una patch) sono numerosi i cali di frame rate, come sono presenti i caricamenti in ritardo di alcune texture, cosa fastidiosissima. Ultima cosa, ma non meno importante, la velocità dei caricamenti non è ancora all’altezza di una produzione di questa generazione, ma non eccessivamente tediosa. In compenso i comandi rispondono bene, la disposizione su pad è più che intuitiva, e non abbiamo riscontrato alcun bug durante la nostra esperienza. L’intero gioco è godibile in lingua italiana, fatta eccezione solo per l’audio, ma con la possibilità di personalizzare la modalità di visualizzazione dei sottotitoli.
Per chiudere va fatta una doverosa menzione d’onore al comparto audio: la colonna sonora dei grandi Arkadiusz Reikowski e Akira Yamaoka rintocca nelle orecchie del giocatore come una sentenza inesorabile, mentre il doppiaggio, disponibile in lingua originale, è affidato a attori d’eccezione come Elizabeth McGlynn e Troy Baker (La Fauce). Piccola nota che sicuramente farà piacere a coloro che seguono il panorama, i due vocal actors cantano insieme “Fade”, una delle canzoni presenti in The Medium.