Il ritorno di The Last of Us era uno degli appuntamenti più attesi dagli appassionati di serie TV e dagli amanti del videogioco omonimo. Dopo l’ottima accoglienza della prima stagione, l’aspettativa nei confronti di questo nuovo capitolo era alle stelle. L’attesa non è stata tradita: fin dalle prime sequenze, si percepisce la volontà di mantenere una continuità con le vicende già note, pur ampliando orizzonti narrativi e personaggi.
La differenza sostanziale sta nel salto temporale di cinque anni: la storia che ci viene mostrata non riprende esattamente da dove l’avevamo lasciata, ma si colloca a un lustro di distanza. Uno scarto che, sulla carta, può sembrare rischioso, ma che in pratica si rivela utile per mostrare come i personaggi abbiano metabolizzato traumi e sconfitte, sviluppando nuovi legami e nuove ambizioni. Se nella prima stagione si respirava un’atmosfera di sopravvivenza immediata, ora ci si trova immersi in un contesto che tenta di strutturarsi in una parvenza di normalità. Allo stesso tempo, però, le tensioni covano sotto la superficie e le scelte del passato continuano a gettare ombre lunghe sul presente.
Un nuovo inizio, cinque anni dopo
Il primo episodio, trasmesso in esclusiva per l’Italia su Sky e NOW TV, esordisce riprendendo l’incipit del videogioco The Last of Us Parte II, evidenziando tuttavia che ci saranno variazioni e approfondimenti specifici per la serie. L’elemento più lampante riguarda la tanto discussa figura di Abby, la cui presenza viene preannunciata in modo graduale, lasciando intendere che ne verrà esplorato il retroterra emotivo con maggiore attenzione rispetto al materiale originale.
Accanto ai protagonisti di ritorno, si fanno strada anche personaggi inediti, come la moglie di Eugene, la cui introduzione serve a conferire maggior varietà alle situazioni interne a Jackson. Questa comunità, già intravista nella prima stagione, assume ora un ruolo centrale: non è più soltanto un luogo di passaggio o un rifugio sicuro, ma una vera società in miniatura con regole, conflitti e un delicato equilibrio fra convivenza pacifica e paranoia per eventuali minacce esterne.
Jackson e nuove prospettive
In questo nuovo capitolo, Jackson non è più solo uno sfondo: è una realtà viva e in costante evoluzione. Molte delle situazioni mostrate in questo primo episodio sono solo accennate o appena menzionate nel videogioco, mentre qui acquistano una dimensione più corposa, regalando allo spettatore un’idea ben definita di come ci si organizzi in uno scenario post-apocalittico. Piccole attività quotidiane, scambi di beni e interrogativi sull’uso della forza per difendere la comunità emergono con intensità, facendo percepire la stabilità come un valore prezioso ma fragile.
La narrazione, dunque, si sofferma su momenti di relativa calma, permettendo ai personaggi di interagire e di mostrare sfaccettature nuove. C’è chi ha imparato a vivere con il peso di certi avvenimenti, chi invece fatica a lasciarsi il passato alle spalle, e chi, ancora, comincia a mettere in dubbio l’efficacia delle regole condivise. Questo approccio può affascinare chi ama i dettagli e la costruzione minuziosa di un mondo narrativo, ma allo stesso tempo rischia di apparire lento a coloro che preferiscono un ritmo più dinamico. Sarà compito dei prossimi episodi dimostrare se l’equilibrio tra introspezione e azione verrà mantenuto.
Fotografia e regia di alto livello
Dal punto di vista visivo, The Last of Us resta una garanzia di qualità. La regia sfrutta alla perfezione l’ambientazione post-apocalittica per esaltare sia la malinconia dei paesaggi in rovina, sia i bagliori di speranza insiti nella comunità di Jackson. La fotografia mantiene toni cupi ma non soffocanti, regalando al contempo scorci mozzafiato che ricordano quanto la natura si sia riappropriata di buona parte del territorio.
Le scene in interni, illuminate da luci calde o da lampade di fortuna, mettono in risalto la precarietà della condizione umana: ogni spazio abitato appare come un piccolo baluardo contro il caos esterno. I costumi e i dettagli scenografici completano il quadro, trasmettendo la sensazione di un mondo che non si è rassegnato a scomparire, ma che lotta per restare in piedi.
Paure e aspettative
Un capitolo così importante dell’universo di The Last of Us non poteva che sollevare dubbi e aspettative, soprattutto per chi conosce approfonditamente il secondo videogioco. Il timore principale è che la serie scelga di prendersi troppo tempo prima di affrontare i momenti cardine che hanno reso The Last of Us Parte II un’opera tanto discussa e amata. Il lento accumularsi di tensioni, se non gestito con precisione, rischia infatti di allentare l’attenzione di alcuni spettatori.
Al contempo, l’adattamento televisivo gode di una libertà che il videogioco, per sua natura, a volte limita: la possibilità di soffermarsi su situazioni collaterali, di approfondire motivazioni e storie personali. Se la produzione saprà calibrare queste aggiunte senza snaturare il nucleo della vicenda, sarà un indubbio valore aggiunto sia per i fan di lunga data che per i neofiti.