La storia ci ha insegnato che se un progetto viene rinviato, soprattutto dopo aver ricevuto aspre critiche dai videogiocatori (a cui si da fin troppo peso) basate solo su un trailer, sappiamo che non avrà assolutamente vita facile, anche se si tratta di un prodotto ben fatto. Suicide Squad: Kill the Justice League, di cui vi parliamo in recensione, non è assolutamente un’eccezione, tuttavia non si può definire un capolavoro o un gioco con pochi difetti. Ciononostante, potrebbe aver ricevuto più odio di quel che meritava e oggi capiremo cos’è andato storto e cosa invece ha superato le (basse) aspettative del pubblico.
Eravamo quattro “amici” a Metropolis…
La Terra è stata invasa da Brainiac, uno dei nemici più temuti di Superman e della Justice League. Senza farsi attendere troppo, comincia a fare il lavaggio del cervello a tutti gli abitanti, ma soprattutto ai supereroi più positivi (e potenti) del nostro Mondo. Il suo obiettivo? Creare una nuova Colu. Gran parte della Justice League è sotto il suo controllo, e potete solo immaginare cosa potrebbe accadere se Superman usasse i suoi poteri per fare del male.
Ma a mali estremi, estremi rimedi, e così Amanda Waller, direttrice dell’organizzazione governativa A.R.G.U.S, decide di formare la Task Force X (o Suicide Squad), scomodando quattro dei nemici più folli di Batman e Superman. L’allegro gruppetto è composto da Harley Quinn, sempre più folle e desiderosa di affermare la propria indipendenza (ancora?!), l’ombroso Deadshot, che oscilla sempre fra bene e male senza mai prendere una vera e propria posizione, l’inopportuno Captain Boomerang e il brutale ma ingenuo King Shark.
La storia principale si prende il suo tempo e si sviluppa nel corso di dieci ore e mezza, con un paio di twist magari un po’ telefonati ma graditi. I personaggi sono scritti in maniera basilare donando però delle pillole di profondità in alcuni momenti, ma da un prodotto dedicato alla Suicide Squad ci si aspetta qualcosa di molto scanzonato e cafone. Questo titolo sembra non avere nessuna pretesa di serietà, ma non mancheranno momenti angoscianti, e visto e considerato che ci troviamo nel bel mezzo di un’invasione aliena e i nostri eroi sono stati posseduti da un cattivone fuori di testa, avere un po’ di strizza e abbandonare le battute è del tutto lecito.
Menzione speciale alla localizzazione italiana, che riesce a restituire i dialoghi folli dei protagonisti, utilizzando anche dei riferimenti molto familiari alla nostra cultura trash (mi riferisco alla boss fight contro il cannone e Flash). I personaggi sono doppiati da voci talentuosissime e memorabili, come quella di Gianni Gaude, Chiara Francese, Mosè Singh, Cinzia Massironi e Maurizio Merluzzo.
Non dimentichiamoci di dare un ascolto anche alle voci originali, anche perché questa si tratta dell’ultima interpretazione del compianto Kevin Conroy nei panni di Batman, che inspiegabilmente non è stato doppiato da Marco Balzarotti in italiano ma dal comunque talentuoso Alessandro Conte.
Un gameplay un po’ confuso
È chiaro che la storia abbia tutte le carte in regola per poterci regalare un gioco quantomeno intrattenente, soprattutto perché abbiamo l’opportunità di giocare impersonando dei pazzi criminali costretti a improvvisarsi eroi. Eppure sin dal tutorial notiamo che c’è qualcosa che non va.
Come in Gotham Knights, abbiamo la possibilità di impersonare uno dei quattro componenti della Suicide Squad e possiamo cambiarli nel corso della missione. Le loro caratteristiche sono piuttosto simili fra loro, ma i comandi di movimento, per quanto riguarda Deadshot, King Shark e Boomerang, posso risultare poco intuitivi all’inizio. Viceversa, Harley Quinn ci farà sognare con il suo rampino “preso in prestito” da zio Batman, anche se ogni tanto andrà in cooldown rompendo un po’ il ritmo. D’altronde, questa non è la Marvel, e noi non siamo Spider-Man, quindi non potremo dondolare per le strade di Metropolis con la sua stessa fluidità.
Il vero tasto dolente però sono proprio le missioni stesse. Ogni incarico sembra essere uguale al precedente e al successivo, e tendenzialmente il tutto si risolve sempre in una carneficina. Le boss fight non vi chiederanno di concentrarvi e di studiare una vera strategia, ma vi porteranno a sparare e sparare continuamente. Dobbiamo uccidere i membri della Justice League, e teoricamente dovrebbe essere una missione elettrizzante, ma la ripetitività degli incarichi e la scarsa varietà degli scontri, smorzeranno molto l’entusiasmo. Al massimo ci verrà richiesto di recuperare una particolare arma o ordigno, svolgendo delle secondarie piuttosto tediose e terribilmente simili agli incarichi della missione principale.
Le battaglie contro i Terminauti sono piuttosto confuse e vi capiterà spesso di sparare verso un mucchio di corpi alieni, senza concentrarvi veramente sull’obiettivo. Neanche le secondarie offerte dall’Enigmista spezzeranno questo loop eterno, anzi potrebbero rendere il tutto ancor più noioso. Immaginate di moltiplicare questa routine per 100 volte e avrete una buona parte del gameplay di Suicide Squad: Kill the Justice League.
Il gioco vuole darci l’illusione di poter pensare in modo più strategico, suggerendoci “l’eroe” più adatto per ogni missione. Nella schermata della mappa sarà segnato un personaggio in corrispondenza dell’incarico selezionato, ma in realtà si tratta di una falsa indicazione perché, proprio per via delle molte abilità condivise dai personaggi, potrete utilizzare Deadshot tanto quanto Harley Quinn.
Non si va da nessuna parte
Alla fine di ogni missione, riceverete una loot-box con la vostra ricompensa, che può essere una modifica o un’arma regalata dal vostro compare Pinguino. Quest’ultimo ha il compito di occuparsi del vostro arsenale, costruendo degli attrezzi apparentemente complessi e sempre più potenti. No, la parola “apparentemente” non è usata a caso, perché anche in questo caso la differenza sarà minima.
Un fucile potenziato da Pinguino o modificato da Poison Ivy non sarà diverso da uno predefinito, se non per alcune piccole caratteristiche legate perlopiù agli elementi come ghiaccio, fuoco, veleno etc.
Far evolvere un’arma non vi aiuterà a svolgere più rapidamente una missione o a buttare giù più facilmente un boss, anche perché i cambiamenti sono molto pochi ed è solo un modo per cercare di scandire meglio la vostra scampagnata a Metropolis.
La città è un open world è ricco di dettagli e di easter egg ma che ha ben poco di concreto da offrire. Proprio a causa del gameplay basato solo su degli scontri senza mordente, la colorata e soleggiata Metropolis diventa solo un bel contenitore pieno di bossoli di proiettile e nient’altro.
Per quanto riguarda il multiplayer la situazione migliora leggermente: le dinamiche blande del gioco diventano più interessanti, se c’è un’interazione diretta con dei giocatori veri e propri e non con un’IA. Con gli amici potrete sicuramente divertirvi a liberare il mondo dagli alieni viscidi partoriti da chissà quale creatura.
La storia e le cutscene riescono a essere veramente coinvolgenti, se si riesce a superare lo scoglio composto da secondarie noiose e missioni poco stimolanti. Si può andare avanti spinti solo dalla voglia di scoprire se riusciremo a salvare i nostri eroi o uccidere davvero la Justice League.