L’universo di League of Legends è vasto ed estremamente pieno di personaggi e luoghi che meritano di essere raccontati con tutti i crismi: questo è il caso della storia di Nunu e Willump, che passano dal darsele di santa ragione nel ruolo di tank su LoL a saltellare da una lastra di ghiaccio all’altro nel tentativo di ritrovare gli affetti perduti e anche, in fondo, sé stessi. Song of Nunu: A League of Legends Story è uno spin-off di LoL che ci permette di conoscere più da vicino il ragazzo e lo yeti: sarà riuscito questo titolo a tenere testa alla fame del grandissimo franchise da cui è effettivamente scaturito? Scopriamolo nella nostra recensione.
Immersi nelle gelide lande del Freljord
Il titolo è ambientato nelle lande del Freljord, il vasto mondo di ghiaccio dell’universo di League of Legends: è proprio qui infatti che il giovane Nunu dei Notaj e Willump, l’ultimo yeti della regione, si incontrano, ed è sempre tra questi pilastri ghiacciati che ha luogo la grande avventura che fungerà da definitivo collante per la loro amicizia.
Il nostro compito sarà quello di ritrovare la mamma di Nunu, della quale si sono perse le tracce a seguito di un violento assalto dei predoni presso la carovana Notaj del nostro protagonista. Nel corso della nostra avventura incontreremo un ridotto numero di personaggi che fanno capolino direttamente dal “gioco madre” con grande naturalezza: chi conosce bene i vari campioni del MOBA non potrà che esclamare almeno una volta “Ehi, ma quello è…!“.
La trama del titolo è quindi semplice, equilibrata, e mai eccessivamente prolissa: i momenti di azione, di stupore e di emozione si alternano in maniera studiata, e nel complesso la nostra avventura difficilmente supererà le 10 ore. Si tratta, insomma, di un’epopea breve ma intensa il giusto.
Un occhio indiscreto al passato
Trattandosi di uno spin-off, Song of Nunu non è un MOBA né nulla che possa somigliargli, siamo infatti di fronte ad un’avventura platform 3D che si ispira tantissimo ai capisaldi del genere. Sui nostri piccoli piedi umani o in groppa a Willump, abbiamo la possibilità di correre, saltare, arrampicarci, lanciare palle di neve e, all’occorrenza, combattere.
Il numero limitato di azioni che possiamo compiere rende il gameplay di questo titolo decisamente minimal. Questo è un aspetto che potevamo ritenere piuttosto scontato all’interno di un titolo del genere platform 3D dei primi anni 2000, tuttavia nel 2024 l’offerta ludica potrebbe starci fin troppo stretta.
Il mondo che siamo chiamati ad esplorare è, come anticipato, una distesa di ghiaccio intervallata da alcune navi abbandonate e altrettante caverne da esplorare. La mappa è di ridotte dimensioni, e non particolarmente varia nelle ambientazioni, risultando più che mai essenziale e fedele al concept di base del titolo, trovando anche sparsi qua e là alcuni riferimenti a League of Legends che i fan apprezzeranno.
Durante le nostre fasi di esplorazione ci troveremo anche a risolvere alcuni enigmi ambientali, in linea di massima molto semplici: colpire oggetti velatamente nascosti, usare piccole scorciatoie e risolvere piccoli puzzle sarà piuttosto frequente nel corso dell’avventura, ma gli enigmi non ci sono sembrati particolarmente brillanti, anzi, semmai piuttosto ripetitivi nel loro complesso.
Sotto ogni aspetto del gameplay, insomma, siamo di fronte ad un titolo che sembra urlarci da tutti i pori la sua volontà di essere semplice, intuitivo e rapido da comprendere, forse anche troppo. Non un male assoluto, certamente, ma nemmeno quello che i più affiatati giocatori di LoL si sarebbero probabilmente aspettati.
Song of Nunu nella sua versione PS5 si è difeso egregiamente da un punto di vista tecnico, e non abbiamo riscontrato cali di frame rate o rallentamenti, complice anche uno stile grafico che va dritto al sodo senza fronzoli che potrebbero “appesantire” l’esperienza. Siamo rimasti invece poco soddisfatti dello scarso utilizzo delle potenzialità del DualSense che, tra vibrazione e sensori di movimento, avrebbero potuto rendere l’esperienza molto più immersiva.
Facciamo un doveroso applauso poi alla cabina di doppiaggio: il titolo è interamente doppiato in italiano e le voci (tra le quali spuntano anche nomi come quello di Davide Garbolino) ci sono sembrate estremamente in linea con i personaggi, facendoci vivere un’esperienza uditiva decisamente di qualità. Per quanto riguarda la colonna sonora non abbiamo riscontrato particolari e carismatici “colpi di genio”, ma tutto sommato siamo di fronte ad un comparto audio che, nel suo complesso, arricchisce in positivo l’esperienza di gioco.