Siete alla ricerca di un prodotto videoludico carico di misteri, indizi da seguire e un gameplay semplice ma soddisfacente? In questa recensione vi spiegheremo perché Song of Farca è il titolo che può interessarvi. L’indie di Wooden Monkeys è un punta e clicca ambientato in un mondo cyberpunk, un futuro non troppo lontano dal nostro presente, in cui computer e intelligenza artificiale gestiscono l’equilibrio della società. Il nostro ruolo è quello di investigare su commissione: nei panni della giovane Isabella Song ci ritroveremo ad analizzare dati, scovare indizi e risolvere – in modo più o meno completo e più o meno legale – ciò per cui siamo stati pagati.
Nell’era della tecnologia, hackerare e violare la privacy di telecamere, PC e mail è alla base della ruotine della giovane protagonista. Al suo fianco, attraverso i suoi strumenti e la sua arguzia, abbiamo il potere di distruggere o di essere distrutti dalle nostre stesse indagini. L’atmosfera generale dell’ambientazione, le dinamiche di gameplay e la predominanza dell’elemento investigativo ci hanno molto ricordato il titolo Don’t Forget Me recensito solo qualche mese fa. Ne abbiamo avvertito le stesse intenzioni – in parte con una similare critica alla società – e allo stesso tempo ne abbiamo apprezzato anche la caratterizzazione politica, di spicco in entrambi i videogiochi. Nel corso della nostra recensione vi spiegheremo cosa ci ha particolarmente convinto in Song of Farca e cosa ci è sembrato meno curato e di conseguenza di minor impatto sul giocatore.
L’adrenalina di essere investigatori privati
Partiamo dall’ambientazione, dallo stile grafico e da come tutto ciò sia legato al mondo in cui è inserita la narrazione di Song of Farca. Trattandosi di un normale indie – limitato in parte dal budget a disposizione – abbiamo molto apprezzato la tipologia d’illustrazioni all’interno dell’intero prodotto. Ma osserviamo bene il modo in cui lo schermo del gioco è composto: nella parte superiore si trova una sezione lunga e stretta che rappresenta il piccolo appartamento di Isabelle, nella sezione inferiore osserviamo il suo PC ed è solo lì che possiamo realmente interagire. L’appartamento di Izy è rappresentato solo per contestualizzare il racconto e non farci alienare dalla situazione, una scelta molto dolce e capace di farci creare quasi un legame con la protagonista e il suo spazio personale.
Ma a livello pratico, il lato interessante è quello del suo monitor: su di esso la grafica non è 3D bensì in 2D e con uno stile molto fumettistico, indubbiamente perfetto per il tipo di racconto che il titolo Wooden Monkeys ha voluto proporci. Non solo tutto il lato artistico è particolarmente curato ma è anche accompagnato da una sistemazione dell’HUD a dir poco interessante, capace di farci sentire davvero degli investigatori con i propri assi nella manica, tenuti nascosti dal resto del mondo. La nostra rete di contatti da interrogare si aggiorna per ogni caso sulla destra, le mail sono sulla sinistra, impostazioni e musica – sei soundtrack tra cui scegliere autonomamente – sono in alto. La gestione è stata resa semplice ma soddisfacente allo stesso tempo, permettendo al giocatore di vagare facilmente tra le finte applicazioni e le cartelle.
Tutto risulta chiaro e a portata di mano ma non così tanto da rendere l’intero gioco una successione di click automatici: le dinamiche di gioco si incentrano su interrogatori, sistemi hackerati e analisi delle informazioni reperite nel corso delle nostre solitarie indagini. Più di una volta ci siamo ritrovati a dover ripercorrere i nostri passi, riosservare gli avvenimenti e discutere nuovamente con i contatti a nostra disposizione. Se i primi passaggi di ogni caso risultano più logici e naturali – quasi semplici – proseguendo nella fase più complessa delle conversazioni la risoluzione risulta sempre meno intuitiva di quanto non appaia in un primo momento. Da menzionare che l’elemento linguistico non aiuta: purtroppo se non si possiede una buona conoscenza della lingua inglese sarà complicato riuscire a proseguire nella trama.
A parte questi piccoli elementi, il gameplay non è assolutamente difficile da gestire. Anzi, forse nella sua semplicità potrebbe finire per annoiare i più esperti di punta e clicca alla ricerca di situazioni meno intuitive e su cui spendere più tempo. In linea generale ci siamo goduti l’intera esperienza videoludica in modo molto positivo, trovandoci intrattenuti al punto giusto e anche più di quanto ci saremmo aspettati. Per quanto riguarda le lunghe conversazioni via PC è necessario ricostruire bene ogni situazione, ripercorrere gli indizi trovati nel corso della storia e riproporli alla persona da minacciare o da convincere a collaborare.
L’unico caso in cui Song of Farca finisce per frustrare il giocatore è quando si tratta di enigmi: spesso avremo bisogno di password che dovremo ricavare da immagini, disegni e simboli molto poco chiari. Forse volutamente – e sproporzionatamente – meno intuitivi di tutto il resto dell’avventura. Il videogioco riesce a intrattenere per un paio d’ore e sprona il giocatore a scoprire quanto più possibile, nella speranza di non perdere neanche un solo elemento utile. Abbiamo apprezzato l’impegno profondo degli sviluppatori che hanno indubbiamente ideato uno splendido progetto e hanno cercato di sfruttare al massimo le potenzialità del titolo: è un indie che merita veramente l’attenzione degli amanti dei punta e clicca, pur non essendo poi chissà quando intricato. Speriamo di vedere altro di Wooden Monkeys in un futuro non troppo lontano.