Quando il marchio di fabbrica è quello di Wadjet Eye Games, di certo possiamo aspettarci grandi cose. Il mercato delle avventure grafiche negli ultimi mesi è cresciuto in modo esponenziale, e il team citato, che ha fatto di questo genere il proprio mantra, non poteva in alcun modo mancare all’appello. Nasce dunque Shardlight, un punta e clicca in pixel art ambientato in un’era post apocalittica, 20 anni dopo i bombardamenti nucleari. Scenario dunque insolito per un titolo di questo genere, ma che nasconde una trama interessante con una buona dose di colpi di scena. Andiamo dunque ad approfondire il titolo!
ll polmone verde
Come già detto, Shardlight è ambientato in una città contaminata e distrutta dai bombardamenti nucleari. Vent’anni dopo, la società che si è venuta a creare fa valere la legge del più forte: gli aristocratici, i ricchi, che sono al vertice del potere, mentre il resto della popolazione deve arrangiarsi alla meno peggio per sopravvivere. Il netto stacco tra i due ceti sarà chiaro già dalle location che ci verranno mostrate nelle prime fasi di gioco, come la mansione dove vive Tiberius, o il mercato dove la plebe cerca di racimolare provviste e quanto più possa risultare utile per migliorare uno status di vita disperato. Come se le diatribe politiche non bastassero, buona parte della popolazione è affetta da una malattia creatasi da alcune particelle cancerogene dopo il bombardamento atomico, chiamata “Green Lung“, ovvero “Polmone Verde”. I vaccini per la malattia sono cosa rara e difficile da reperire, ma necessaria; tanto che l’aristocrazia fa svolgere ai popolani delle missioni e dei lavori pesanti o scomodi al ceto minore per poter avere come ricompensa un “Biglietto della lotteria”, che potrebbe far ottenere al fortunato una dose del vaccino (Esatto, non è nemmeno sicuro che riescano a reperirlo oltre tutto). A chiudere la cornice di una società malata, e che va decisamente contro ogni logica morale, c’è il culto per il “mietitore”, “The Reaper”: questo è formato da persone che aspettano con gioia il loro destino, e che hanno accettato la morte. Inquietante.
Pesca la tua carta Amy
In questo affascinante ma decisamente distopico (contrario di utopico) scenario, controlleremo la nostra protagonista: Amy Wellard. Lei è un meccanico che sta svolgendo dei lavori per Tiberius, che detiene il potere, per potersi aggiudicare dei biglietti della lotteria per ottenere un vaccino: eh già, la nostra buona amica è affetta dal Green Lung. Senza dilungarci troppo sulla trama, che sarebbe uno spoiler continuo, andiamo ad analizzare le particolarità del gioiellino di Wadjet Eye. Tra le caratteristiche che rendono appagante Shardlight, c’è una buona fluidità nel susseguirsi della storia: l’evoluzione degli eventi è abbastanza rapida, e gli enigmi sono di media difficoltà, mantenendo ottimo l’equilibrio tra il ritmo narrativo e le “pause” di risoluzione enigmi. Certo, il team non da suggerimenti al giocatore, e ne tanto meno la grafica aiuta, dunque sarà impossibile non rimanere impantanati almeno un paio di volte.
La longevità stimata per il gioco, tenendo conto anche di questi fattori, si aggira in un quadro che varia dalle 6 alle 8 ore (il vostro intuito e le vostre capacità saranno comunque la chiave determinante). Segnaliamo anche agli amanti del genere, che questo punta e clicca dispone di un finale multiplo a vostra completa scelta. Questo è un caso abbastanza raro, dunque più che apprezzabile. Pensateci bene però!
Piccolo appunto, la mia citazione della grafica riguarda principalmente gli oggetti: siamo stati spesso abituati a punta e clicca dove gli oggetti con cui interagire sono “colorati” in modo diverso, o evidenziati in altri modi. Ebbene, in Shardlight questo non accade, specialmente se dovrete interagire con degli oggetti che non sembrano altro che parte dello sfondo, dunque fate parecchia attenzione (in alcuni casi dovrete anche ricorrere al classico metodo “passa la freccetta su tutto lo schermo finché non trova qualcosa”). A proposito di oggetti, vorrei fare una piccola ma doverosa menzione all’inventario, che potete vedere nella foto qui in alto: rapido, semplice da usare, ed attivabile con il semplice spostamento del mouse nel bordo superiore dello schermo.
Il titolo non è certo tutto rose e fiori: anche se tecnicamente di buonissimo livello, ci sono un paio di scelte fatte dal team che sono comprensibilissime a livello artistico, ma decisamente spinose a livello pratico: le uscite rapide dallo scenario e l’annullamento delle azioni non sono presenti. Imprecherete aspettando che Amy esca da una determinata zona, camminando con comodo per tutta la mappa, arrivare alla soglia (o al limite), si mettatolga il cappuccio, e poi se ne vada. Ripetiamo che la scelta stilistica e romanzata è comprensibile, sottolineando l’importanza anche del non respirare troppa aria all’aperto, ma a livello di tempistiche può risultare snervante dopo le prime due volte. Infine, l’annullamento: più chiaro di così non possiamo spiegarlo, se doveste cliccare per sbaglio su un personaggio o su un luogo da raggiungere mentre cercate di spostarvi o di raccogliere oggetti, la vostra azione sarà irreversibile, e di conseguenza dovrete sorbirvi dialoghi o rientrare in alcune zone, semplicemente perché tutti i click che farete sul vostro mouse saranno “a vuoto”.
Qualche leggera stonatura
Li dove il comparto grafico riesce a lasciare il proprio marchio, quello sonoro in parte fa fatica. Il doppiaggio è di livello tecnico ottimo, con le voci utilizzate che riescono a dare espressività addirittura a delle foto. Purtroppo però, per quanto possa risultare gradevole e “giusta”, la colonna sonora di Shardlight non eccelle. I motivetti usati non riescono a far trasparire la giusta alchimia tra la malinconia (necessaria, visto il tema tanto delicato), e la speranza, che dovrebbe ricondurre tutto ad un mondo diverso. In quest’ultima dunque non parliamo di un problema di note, ma di un problema di cuore, di sentimenti. Probabilmente, a sorpresa, questa è la lacuna più grande di Shardlight. Non stiamo ovviamente gridando al disastro, perché le tracce sono effettivamente buone, ma non sono abbastanza “sentite”.