Non si può negare la passione sfrenata di Milestone verso tutto ciò che concerne il mondo delle due ruote. Nei primi anni Duemila la software house milanese si era fatta notare grazie alla serie dedicata al campionato Superbike (pubblicata da EA Sports), poi alla MotoGP (tra cui l’ultimo brandizzato VR46). Sono passati anche nel mondo delle motocross con MXGP, ma il vero amore per le moto venne dichiarato con Ride, il quale era stato definito dai suoi stessi sviluppatori, “Il Gran Turismo delle moto”. Ora, dopo circa un anno e mezzo dalla sua pubblicazione, Milestone riprova a colmare le lacune e i difetti riscontrati nel primo capitolo con Ride 2, saranno riusciti nel loro intento? Andiamo a scoprirlo!
Cosa è cambiato e cosa non lo è
Ciò che i ragazzi di Milestone volevano realizzare sin dal primo capitolo era molto semplice: riscrivere il classico modello di guida brevettato da quest’ultima, con lo scopo di abbracciare tutte le categorie di moto più diffuse tra gli amatori, dalle “semplici” naked sino alle Superbike. Onestamente, ragazzi miei, poco (se non praticamente nulla) è cambiato rispetto al capitolo precedente, ma non tutto il male viene per nuocere. La personalizzazione del nostro avatar, che in precedenza proponeva un editor piuttosto limitato, è ora profondamente migliorato: oltre alla carnagione e al sesso, potremo scegliere anche il vestiario (casco, guanti, tuta e stivali) tra una vasta selezione di rinomate marche. Invariata invece la personalizzazione delle moto, dove potremo (ri)toccare ogni singolo aspetto del nostro bolide: dal motore al cambio, dai freni alle gomme, fino alla scelta della vernice.
In Ride 2 troveremo quasi 200 moto prodotte fino al 2015 dalle note case motociclistiche (Honda, Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Ducati, MV Agusta, KTM, ecc.) e diversi modelli storici prodotti negli ’80 e ’90 di tutti i tipi: dalle naked alle moto da strada, dalle enduro alle motocross per poi passare, infine, ai modelli sportivi derivate dalle moto che competono nei massimi campionati sportivi. Dove invece ci aspettavamo un cambiamento significativo è nella Modalità carriera (World Tour) ancora ben lontana da offrire un’esperienza ricca e coinvolgente similmente ad altri titoli a sfondo sportivo (The Journey in FIFA 17, ndr), non solo a quattro ruote (come il recente F1 2016, ndr). Anche perché, di questi tempi, una “trama” risulta una feature fondamentale che fornisce un diverso appeal al titolo preso in questione.
La Modalità carriera
Il World Tour è suddiviso principalmente in 3 sub-modalità: Stagione di gara, Eventi ad invito e Campionati. Queste modalità sono caratterizzate da un livello minimo di ”PP” (un punteggio che indica in maniera generica le potenzialità e i possibili miglioramenti della nostra moto). Dal momento che all’inizio della nostra avventura ci ritroveremo con pochi crediti da investire in moto nuove e miglioramenti per quest’ultime, bisognerà (per forza di cose) partecipare ad eventi con moto poco performanti, sopratutto dal punto di vista della velocità: vi capiterà spesso di osservare gli avversari sfrecciare a tutto gas sui rettilinei, come se non ci fosse più un domani. Inutile dire che la progressione risulta assai lenta (talvolta frustrante!) costringendoci spesso a ripetere gli stessi eventi per racimolare quei crediti necessari per l’acquisto di una moto dalle prestazioni maggiori.
Fortunatamente, le “Modalità veloci”, come “Gara veloce” o “Prova cronometrata” (che possono essere svolte su tracciati scelti dal giocatore) o dalla modalità multigiocatore (anche quest’ultimo rimasto invariato), forniscono un aiuto in più nell’accaparrarsi gli agognati crediti. Al termine di una singola stagione, poi, potremo partecipare a gare su invito, dove verranno messe in palio nuove moto e un numero maggiore di crediti. In sintesi: una elevata ripetitività e una generale mancanza di obiettivi stimolanti da raggiungere (escludendo l’acquisto di nuove moto), influiscono negativamente sul vero appeal che il titolo offre (o che avrebbe potuto offrire) e sulla reale longevità di quest’ultimo.
Gameplay
Se da un lato troviamo una carriera alquanto noiosa, dall’altro lato vi è un gameplay migliorato: la fisica e la caratterizzazione delle singole moto sono state ricreate con estrema cura, dalla potenza alla maneggevolezza. Se le piccole due tempi, come la Cagiva Mito o la Yamaha TZR 125, appaiono agilissime e divertenti da guidare nella maggior parte dei tracciati, una moto potente come la Kawasaki Ninja H2R è un missile sul rettilineo, ma assai ostica in tracciati più complessi o articolati. Milestone ripropone la fisica già vista in Valentino Rossi The Game e Ride 2 possiede quindi una guida a dir poco realistica e divertente allo stesso tempo, sia con gli aiuti attivati, sia senza alcun aiuto di sorta, dove le staccate in curva e le accelerazioni più repentine metteranno a dura prova anche i piloti più esperti.
Da un punto di vista più tecnico, Ride 2 non riesce a riparare i gravi problemi presenti nel suo predecessore. Nonostante la manovrabilità delle moto sia sta migliorata, non si può dire lo stesso della fisica dei danni, da sempre bestia nera di Milestone. Ad ogni impatto (che avvenga per una caduta o scontrandosi con gli avversari) la moto non registrerà alcun tipo di danno, anche schiantandosi a velocità massima contro i guardrail. Stessa cosa per quanto concerne l’I.A. degli avversari. Se in Ride i piloti risultavano mai aggressivi o particolarmente fastidiosi, in Ride 2 è l’esatto contrario! I piloti sono irruenti ed insistono sempre sulle stesse traiettorie, riuscendo in pochi minuti a infastidire persino i giocatori più pazienti e indulgenti. Infine, i lunghi tempi di caricamento sono rimasti tali.
Grafica e sonoro
Il frame rate del primo Ride era piuttosto instabile su PlayStation 4; adesso risulta più stabile rispetto al predecessore, girando anche sui 60 fps, peccato che questo non nasconda l’ormai obsoleto motore grafico imbellito sì ad arte, ma che tuttavia appare incapace di reggere il confronto con altri titoli analoghi di ultima generazione: scalettature visibilissime (specie nelle zone ombrose), illuminazione che a volte pare approssimativa e una generale carenza di dettagli non rendono giustizia all’eccellente lavoro svolto per i modelli 3D delle moto. Il sonoro, nonostante presenti un leggero miglioramento rispetto a Ride, rimane piuttosto tentennante: troviamo delle tracce musicali piuttosto anonime affiancate dai suoni delle moto (alcune) riprodotte fedelmente tramite campionamento, altre sono state ricreate artificialmente.