La storia del videogioco è estremamente lunga, dato che questa cresce assieme all’evoluzione tecnologica, così come quella che contraddistingue gli ultimi 50 anni di storia. Guardando ai primissimi progetti digitali, prima che un nome venisse addirittura conferito agli stessi, ci ritroveremo davanti a delle esperienze interattive difficilmente paragonabili a quanto si proietta sui nostri schermi al giorno d’oggi. Fra queste pietre miliari del medium troviamo PONG, uno dei primissimi videogiochi inventati e commercializzati, il quale grazie alla supporto di Atari propose al pubblico degli anni ’70 un’esperienza sana e genuina, senza pretese o particolari guizzi creativi di alcun tipo, che è pronta per tornare nel 2020 grazie all’inaspettato PONG Quest.
Il titolo è stato certamente rivoluzionario per il tempo, ma difficilmente riproponibile in un’ottica moderna se ci si pensa, se non attraverso qualche cabinato che punti tutto sulla nostalgia dei videogiocatori di vecchia data. L’obiettivo dello sviluppatore Chequered Ink, quindi, è stato quello di modernizzare uno dei giochi più vecchi di sempre e riproporlo nel 2020 a un prezzo decisamente budget, nel periodo che con accezioni positive e negative vede riferimenti al panorama delle uscite con l’appellativo “Generazione dei Remake”. Vediamo quindi cos’è riuscita a fare questa software house con il suo PONG Quest.
Il gioco è risultato tecnicamente ineccepibile, ed è in grado di funzionare agevolmente su pressoché qualunque sistema
Il coraggioso svecchiamento di PONG Quest
L’iconico titolo di Atari non può certamente essere commercializzato nel 2020 con una semplice remastered, sarebbe certamente insensato proporre in 4K un’esperienza del genere in bianco e nero, ed è per questo che PONG Quest ha deciso di regalarci decisamente di più, prendendo in mano un semplice gameplay arcade e creando attorno allo stesso un’ecosistema funzionante e interessante. Il vero obiettivo è dare varietà al sistema ludico più monotono che sia mai esistito, ma come fare?
Per riuscire nel suo intento, la software house ha voluto appoggiarsi ai canoni odierni, portando il concept di PONG in quasi tutte le salse possibili. Multiplayer in locale, online e con gli amici, con scontri classici e battaglie fino a quattro giocatori, varie modalità che non sono ancora disponibili per essere testate con mano. Proponiamo infatti un voto con riserva, dato che una volta appurata la loro qualità questo potrà essere modificato. Quello che è invece già fruibile al 100% è un’innovativa modalità campagna tutt’altro che scontata, ricca di guizzi creativi in ogni dove ma decisamente poco longeva. Il coraggio della software house si è concretizzato in un titolo dungeon crawler, accompagnato da un comparto narrativo appena accennato e divertente, oltre che in una marea di contenuti senza dubbio soddisfacente.
Già prima di interfacciarci con il gioco, potremo personalizzare la nostra racchetta con costumi e vestiti, ma il bello arriverà a campagna iniziata. Ci troviamo in un castello abitato esclusivamente da racchette, che contiene una maledizione che ci verrà chiesto di debellare a suon di scontri con il gameplay di PONG. Tanti piani da esplorare, i quali sono generati proceduralmente in maniera certosina, e si prendono la briga di far da sfondo a un gameplay tanto nuovo quanto rispettoso delle origini.
Seppur svecchiandolo, lo sviluppatore è riuscito a presentare lo stesso gameplay dell’originale PONG
Pur mantenendo il concept originale, lo sviluppatore ha infatti aggiunto moltissime idee strabilianti ai semplici scontri, che avvengono in ogni caso sull’immaginario tavolo 2D, ma sono sempre differenti. Le mappe di gioco sono infatti popolate da altre racchette, oltre che da tesori e oggetti collezionabili più o meno utili ai fini del gameplay. L’obiettivo è sempre e comunque quello di raggiungere l’ultima stanza incolumi, bilanciando al meglio gli scontri da affrontare e quelli da evitare, per poi interfacciarsi con i temibili e ispirati boss di fine livello.
Racchetta contro racchetta
Ognuno dei personaggi presenta delle peculiarità estetiche, e propone un combattimento in fin dei conti diverso, anche se riconducibile al concept del gameplay originale. La ricetta è sempre la stessa: due racchette e una palla sempre più veloce, ma che viene condita tuttavia da oltre 50 speciali sue simili e dalla presenza dei punti vita. Giocare e sconfiggere i nemici permette infatti di salire di livello e sbloccare bonus ottenuti casualmente a ogni level up, che renderanno gli scontri talvolta più semplici. Questo lato è stato alquanto trascurato, in quanto fallisce nel fornire il giusto spunto per macinare scontri su scontri, senza garantire il giusto senso di progressione con l’aumentare delle ore di gioco.
Non si tratta semplicemente di segnare un punto, com’era invece tradizione classica del primo PONG, dato che PONG Quest porta in campo la presenza delle statistiche. Per sconfiggere gli avversari è necessario ridurre all’osso i loro punti vita, i quali scendono semplicemente nel momento in cui questi toccano la palla, per poi ridurli in polvere e aggiudicarsi il match evitando che questi si difendano. Le oltre 50 nuovissime palle aggiungono tuttavia una varietà non indifferente, che rende la formula arcade estremamente piacevole anche nel 2020.
Si tratta di effetti quantomeno strampalati e imprevedibili – dal rubare punti vita agli avversari al creare delle barriere – i quali vengono consumati dopo l’utilizzo e possono essere tutti usati in ogni incontro, anche se è possibile portarne con sé una quantità limitata. Ogni scontro premia con ulteriori bonus e cosmetici, e le casse presenti nei livelli ne contengono una quantità forse esagerata, che tuttavia garantisce degli scontri sempre divertenti e mai da affrontare con la semplice palla classica.
Il lavoro svolto da Chequered Ink in entrambi gli ambiti riesce a trasmettere lo stesso feeling del PONG degli anni ’70 , ma permette di divertirsi e di vivere ogni nuovo pixel su schermo come una sorpresa. In pieno stile dungeon crawler infatti, lo sviluppatore si è preoccupato anche di aggiungere camere dedicate a indovinelli e mini-giochi in ogni dungeon, sempre a tema PONG, con alcuni ispirati a grandi classici del passato come Snake e Arkanoid, estremamente utili per svagare dalla formula che non può ovviamente intrattenere per infinite ore, visto il suo concept rimasto fondamentalmente invariato. Va certamente considerato che le variabili non sono molte, e l’apparizione degli stessi è tutt’altro che frequente.
Una nuova veste grafica
Tralasciando le moltissime perle d’innovazione, PONG Quest può vantare anche un comparto grafico affascinante e simpatico, estremamente colorato. Tutti i dungeon e livelli sono diversi fra loro, e compongono un quadro piacevole alla vista, anche se stilizzato in stile caricaturale. Tecnicamente il gioco risulta alquanto brillante, funzionando agevolmente praticamente su qualunque configurazione PC, anche se è ancora mancante il supporto per il 1440p (2560×1440) ed è necessario optare per il Full HD o 4K. I comandi risultano alquanto fluidi, ed è possibile giocare con la sola tastiera o con un controller, come anche impiegare entrambe le periferiche per gli scontri in locale.