“Non ci sono più le mezze stagioni”. “Si stava meglio quando si stava peggio”. “Piove sempre sul bagnato“. “I videogiochi seri, li facevano una volta, non oggi“. “Ai miei tempi“... Ammettiamolo: quanti luoghi comuni come questi abbiamo sentito rombare (in diverse salse)? Per strada, a casa, scuola, lavoro e soprattutto sui social. Ebbene, un altro di questi (un grande classico, badate bene) è “un gioco a turni è vecchio, lento e noioso”.
Baldur’s Gate 3 questa notte ha vinto il premio Game of the Year.
Si, l’ho voluta scrivere come un frase a sé stante, come a scolpire su una pietra digitale un momento storico e altrettanto emozionante. Alla veneranda età di 35 anni, di giochi ne ho assaporati abbastanza per potervi dire che questo premio rappresenta un sunto agli anni che viviamo, un barlume di speranza per il mondo videoludico in generale, nonché la dimostrazione pratica del fatto che se si fanno bene le cose, vieni premiato.
Ma come è avvenuto tutto ciò? Com’è possibile che una saga, sospesa per 23 anni, possa aver annientato importanti giochi moderni del calibro di Marvel’s Spider-Man 2, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom e Alan Wake 2? Come ha fatto un gioco fantasy isometrico (definibile quasi di nicchia) e con gameplay a turni (follia pura nel mondo frenetico di oggi) a vincere non solo il GOTY ma anche altri 5 premi a seguito?
Uno studio semi-sconosciuto
Nel lontano 1996 Swen Vincke fonda Larian Studios, con un manipolo di sviluppatori che in cinque mesi di attività produce un gioco Indie chiamato The Lady, the Mage and the Knight: un titolo isometrico RPG che getta le basi per i loro lavori futuri. Il gioco vende abbastanza per far pensare a un seguito, addirittura in collaborazione con un altro studio di sviluppo, ma per divergenze artistiche il risultato non verrà mai pubblicato e finirà nel dimenticatoio generale.
Larian Studios continua la sua corsa e produce Divine Divinity, un misto tra Diablo II (che all’epoca era il “Re” incontrastato dell’universo dark fantasy in salsa action RPG) e Baldur’s Gate. Rispetto alle due produzioni più articolate, Divine Divinity ha dalla sua un comparto tecnico mediocre ma un forte gameplay e una componente narrativa da vendere, tanto che riceve diversi apprezzamenti dal pubblico, e nel 2004 venne prodotto uno spin-off del gioco chiamato Beyond Divinity. Che ci crediate o meno, il gruppo viene notato da Ubisoft, che si fa carico della versione standard di quest’ultimo gioco.
Passano dieci anni, nei quali i Larian si dedicano a diverse produzioni che tutto sommato non vanno male, sebbene i tempi stiano cambiando, col pubblico che volge la propria attenzione verso altri gener. Larian Studios si ritrova quindi(come tanti altri) perso in una frammentazione di mercato.
Tutto cambia quando nel mondo arriva prepotentemente “Kickstarter“, e qui, quando viene presentato Divinity: Original Sin, il pubblico del 2014 torna a guardare con interesse produzioni isometriche e dalla forte componente narrativa: il gioco viene finanziato con quasi un milione di dollari, su una richiesta base di $400 mila.
Pensate sia un lieto fine? E invece non lo fu neanche per idea! Pensate che Divinity: Original Sin aveva un prospetto di costi pari a 3 milioni di dollari e che, alla fine della produzione ne costò $4,5 di milioni più o meno. Swen Vincke, visionario e forse pazzo come solo i grandi sanno essere, ritardò i pagamenti delle tasse pur di spremere ogni minimo dollaro che poteva e portare a compimento il gioco: se non avesse funzionato, oggi non starei qui a raccontarvela. Già, Divinity: Original Sin fu un successo senza precedenti per Larian Studios, per altro vi fu anche una Enhanced Edition a fine 2015 che apportava diverse migliorie al gioco e tutti i DLC usciti.
A solo un anno di distanza, dopo che il gioco ebbe il meritato successo (per quanto si percepisse che lo studio avrebbe potuto fare di più, se avesse avuto più mezzi), arriva una nuova campagna Kickstarter, finanziata in poche ore, e Divinity II: Original Sin getta le basi per quello che sarà poi Baldur’s Gate 3. Il gioco ha dalla sua una storia più complessa del precedente e indubbiamente uno stile grafico più ricco, sebbene mantenga sempre i colori accesi del precedente capitolo e si svolga 1400 anni dopo.
Dalla polvere dei secoli alla ribalta moderna
Ventitré anni fa usciva Baldur’s Gate II, titolo su licenza Wizards of the Coast (Hasbro) che possiede il mondo del gioco cartaceo più famoso di tutti i tempi ovvero Dungeons & Dragons. Il gioco ebbe un discreto successo in termini di vendite, sebbene all’epoca il pubblico stava già andando verso il mondo dei gioco d’azione, con la grafica 3D che faceva passi da gigante e strabiliava gli occhi di tutti noi.
Il mondo del Faerûn dove si trova la Costa della Spada – e di conseguenza la città di Baldur’s Gate – continuò a vivere nelle leggende narrate ai tavoli da gioco di tutto il mondo, con libri da giocare, romanzi da esplorare e avventure che i più non conosceranno, ma che in fondo hanno caratterizzato l’immaginario collettivo e silenzioso di milioni di giocatori.
Proprio nel silenzio, nella serenità dell’anonimato, Larian Studios lavora certosinamente a Baldur’s Gate 3: nel 2020, quando il mondo era nel pieno della crisi pandemica, ecco che forte come il peso di un maglio da guerra il 6 ottobre viene annunciata l’esistenza di questa produzione, e che vedrà la luce entro pochi anni. La promessa è stata mantenuta.
Eccitazione, speranza e poi panico, paura incontrollata e dubbi: e se Larian Studios avesse voluto strafare (come spesso accade a studi di produzione che si ritrovano con una licenza enorme come questa in mano) e il gioco uscisse in maniera sbagliata? E se il pubblico non lo capisse? E poi… ai molti poteva sembrare una follia: un gioco isometrico, e a turni, ma dove vuole andare?
Queste domande attanagliavano i social network moderni, e in molti davano per spacciata questa produzione ben prima che vedesse la luce.
Ma i tempi erano cambiati, e quello che la massa non aveva ancora percepito era già in atto: la pandemia ha cambiato il modo di incontrarsi, gruppi di gioco dapprima tutti dal vivo si sono trasformati in gruppi online o ibridi (chi dal vivo attorno a un tavolo e chi connesso via internet alla stessa partita). Ci sono state produzioni capaci di fare breccia nel cuore di tante persone come ad esempio Critical Role (un gruppo di attori e doppiatori che si è messo a giocare di ruolo attorno ad un tavolo ed ha “ribaltato il mondo”) da cui sono scaturiti podcast, serie su YouTube e perfino La Leggenda di Vox Machina, adattamento visivo di Prime Video in stile cartoon.
Baldur’s Gate 3 è come la Piramide di Giza
Il gioco, cresciuto nello scenario di cui sopra, nonché riassunto videoludico di quello scenario, ha saputo fare breccia nei cuori di chiunque: non solo lo stile estetico (magistrale e ben curato) ha convinto tutti, perfino i più scettici, ma Larian Studios ha saputo dimostrare che quando un gameplay ha basi solide, quando proviene dal passato e viene svecchiato in maniera coerente, perfino un profano può appassionarsi e diventare un fanatico di un prodotto che non aveva mai sentito nominare.
Baldur’s Gate 3 rappresenta nel mondo videoludico la stessa importanza della Piramide di Giaza in Egitto: un qualcosa che ha le radici che affondano nel passato, che non appartiene necessariamente a una generazione o a un gruppo di persone, e che volente o nolente condiziona il mondo (videoludico in questo caso) spingendo chi verrà d’ora in avanti a porsi domande alle quali prima dava poca importanza. Ad esempio: “abbiamo curato l’aspetto narrativo del nostro gioco?” ,”Ci siamo soffermati a cercare una forma di doppiaggio e musicale coerente con la produzione?“.
Per molti, riscoprire il gameplay di Baldur’s Gate 3, con tutte le sue sfaccettature e piccolezze (che lo fanno grande!) e tutti i suoi difetti che lo rendono così vivo, è stato uno spettacolo per gli appassionati, ma ancora più profondo e viscerale per chi, fino a ieri, non ha mai messo mano su una produzione come questa: chi disdegnava il gioco a turni, oggi lo guarda con interesse e con curiosità, al pari di come il mondo guardò la prima mummia mai rinvenuta, rendendosi conto che quella era una cosa che proveniva sì dal passato, ma che gli stava raccontando in qualche modo le origini del mondo, una sorta di narrazione senza parole di come fu in passato, e come potrebbe ancora essere oggi e nel futuro.
Baldur’s Gate 3 è, al pari di Ramses II, il prodotto più importante di questa generazione perché permette non solo a sé stesso di essere essere omaggiato, ma perché spingerà gli altri a costruire, d’ora in avanti, giochi e prodotti sempre più particolareggiati, vividi nell’estetica e solidi nel gameplay.
Tutto è partito dalla visione di un “pazzo furioso” chiamato Swen Vincke, il quale è ancora oggi a capo dell’azienda. In fondo, anche questa è la spiegazione di come quando hai basi solide da quasi trent’anni, ciò che fai non è frutto di scelte prese con leggerezza.