Outlast Trials – Recensione, un incubo a occhi aperti

Ecco la nostra recensione di Outlast Trials, che ci catapulta in un macabro preludio degli avvenimenti dei precedenti capitoli della saga.

Gloria Annis
Di Gloria Annis - Contributor Recensioni Lettura da 13 minuti
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Outlast Trials

Sono passati ormai sette anni dall’ultimo titolo della saga di Outlast, fiore all’occhiello del team canadese indipendente Red Barrels, e finalmente approda su PC e console in via definitiva il 5 Marzo 2024 anche quello che può considerarsi il loro progetto sperimentale più ambizioso. Il gioco era stato inizialmente rilasciato per PC in early access e ora si potrà usufruire di un videogioco cross platform a tutti gli effetti.

Se “squadra che vince non si cambia”, Red Barrels ha deciso di rischiare, ma con stile: ha fuso le dinamiche e l’atmosfera cupa dei loro precedenti capolavori con il sistema cooperativo che sta spopolando ormai da qualche anno, dando vita ad un survival co-op di genere horror molto interessante e ben strutturato, mantenendo quelle che sono le caratteristiche che hanno reso celebri i loro videogiochi.

Un piccolo ripasso…

La trama non è affatto marginale, come spesso succede invece nei cooperativi in cui il fine ultimo è unicamente divertirsi in compagnia: Outlast Trials non è altro che un prequel, ambientato presumibilmente intorno al 1959, durante la Guerra Fredda.

Nel primo Outlast abbiamo conosciuto il giornalista Miles Upshur che, infiltratosi all’interno dell’ospedale psichiatrico di Massive Mountain in seguito alla ricezione di una misteriosa mail, cercava prove su strani esperimenti perpetrati all’interno della struttura gestita dalla Murkoff Corporation. Whistleblower, DLC del primo capitolo, ci presenta Waylon Park, ovvero l’informatore che aveva inviato la mail ad Upshur, venendo poi scoperto e internato con la forza nel manicomio dove lui stesso lavorava.

Nel secondo capitolo Outlast 2, abbiamo impersonato il giornalista Blake Langermann che, in seguito ad un incidente in elicottero con a bordo anche la sua compagna, si ritrovò catapultato all’interno di un villaggio, Temple Gate, abitato esclusivamente da estremisti religiosi. La strana setta credeva fermamente che la fine del mondo fosse vicina, e che di lì a breve una donna avrebbe partorito l’Anticristo.

Ovviamente anche qui era presente, seppur in maniera più sottile e meno evidente rispetto al primo capitolo, lo zampino della Murkoff. Una chicca interessante è che il gioco ha attinto a piene mani da un fatto di cronaca avvenuto nel 1976 (il massacro di Jonestown).

In Outlast Trials gli avvenimenti precedono tutti gli altri capitoli, essendo ambientato nei primi anni della Guerra Fredda (nei televisori dove ininterrottamente viene proposto un video per la manipolazione mentale dei pazienti si intravede l’anno 1959). Il personaggio che andremo ad interpretare non è altro che un reietto, un homeless, che incappa in un  misterioso volantino in cerca di persone come lui: persone che si sentono sole, povere e abbandonate a sé stesse, senza famiglia o amici. Accettando l’invito proposto dalla seducente pubblicità, si entra a far parte di un sistema riabilitativo volto alla rinascita del paziente, o per meglio dire, cavia.

Legato ad una sedia a rotelle, con un sacco in testa fino all’arrivo in sala operatoria, alla cavia verrà presentato il programma dei test di ricondizionamento che dovrà svolgere, introdotti da un medico attraverso un video informativo su uno schermo posto dinnanzi a lui: a parlare è il dottor Hendrick Joliet Eastermann, che si occupa dell’osservazione e dell’elaborazione dei dati raccolti durante tutta la riabilitazione. Viene fissato un visore notturno con delle viti al viso del paziente da due operatori della Murkoff, e si inizia così la terapia di rinascita.

Elimina il tuo passato, creati di nuovo

“Elimina il tuo passato, creati di nuovo” è lo slogan del progetto di riabilitazione e ricondizionamento a cui le cavie sono sottoposte all’interno dell’Istituto Sinyala, dove lavorano personaggi di spicco come Hendrick Joliet Eastermann, e anche vecchie conoscenze, come Rudolf Wernicke, il medico nazista del primo Outlast.

Una volta superata la cutscene iniziale, potremo personalizzare, seppur limitatamente, il nostro personaggio: si può scegliere l’etnia e il viso, il genere, il taglio e il colore di capelli, per poi procedere con il tutorial.

Nel tutorial la cavia che impersoneremo viene iniziato al precondizionamento, entrando in diverse stanze in cui al centro, con l’utilizzo di macabri manichini, vengono rappresentati comportamenti e fasi della vita quotidiana. Il paziente, per innalzarsi ad un livello superiore del comune essere umano, dovrà, attraverso questi test, rinascere e rinunciare agli affetti, all’autodifesa, per diventare un uomo nuovo. Alla fine del tutorial infatti, dopo aver appreso le nozioni base (come utilizzare i consumabili, come nascondersi e i diversi approcci che si possono adottare nelle varie situazioni) sarà compito della cavia stessa eliminare le cartelle con i suoi dati, e quindi il suo passato, e gli effetti personali con cui è arrivato alla Murkoff.

I test a cui verremo sottoposti, chiamati anche programmi, sono (per ora) tre, suddivisi poi in più test e sfide MK, e man mano che si va avanti con i test e le sfide, cresce anche il livello di difficoltà: la prima fase è chiamata anche Terapia Primaria o Genesi, e viene descritta come il cammino della rinascita; la seconda fase è definita anche Programma X, e infine l’ultima fase, la più difficile, è chiamata anche Programma Ultra (sarà forse il progetto a cui aveva partecipato anche Rudolf Wernicke, citato nel primo capitolo? ndr).

La difficoltà crescente sopperisce perfettamente alla ripetitività delle prove, e diverte nonostante ci siano poche variazioni di livelli e scenari.

Son presenti anche sfide settimanali, come “Nudità e Terrore”, in cui le risorse e i potenziamenti sono limitati o addirittura assenti, ed è necessaria una collaborazione ottimale tra i membri del team per portarle a termine, amplificando il divertimento anche per chi completa il gioco in poco tempo e ha voglia di un nuovo livello di competizione.

Ricompense e libertà

Ogni test e sfida, se portata a termine con successo, meglio ancora se con una valutazione finale alta, ci darà come ricompensa dei crediti, dei biglietti e dei gettoni: al raggiungimento dei 20 gettoni, ossia al completamento di tutte le prove con una votazione dignitosa, potremmo riconquistarci la libertà, tanto agognata. Ma gli aguzzini saranno davvero di parola?

I crediti e i biglietti saranno invece molto utili per acquistare degli artefatti, gli stimolanti o le ricette, tutti dei validi aiuti per le varie prove che dovremo affrontare.

Gli artefatti sono in totale quattro, e sono:

  • Artefatto accecante, che se lanciato può rendere cieco il nemico per qualche secondo, dandoci il tempo di fuggire o nasconderci;
  • Artefatto a raggi X, un potenziamento che ci permette di vedere i nemici attraverso le pareti;
  • Artefatto stordente, una sorta di mina che può essere lasciata al nostro passaggio e, se calpestata da un nemico, può stordirlo per un po’;
  • Artefatto curativo, che permette di curare tutti i giocatori, se vicini.

La squadra al completo prevede ben 4 giocatori, e la squadra perfetta e ben bilanciata dovrà quindi disporre di un artefatto per ogni giocatore, così da poter cooperare al meglio e conquistare i tanto agognati gettoni per la libertà.

Gli artefatti, gli stimolanti e le ricette son acquistabili nell’hub centrale, presso la farmacista Emily Barlow e l’ingegnere Cornelius Noakes, dove sono presenti anche il terminale con cui possiamo accedere alle prove, e la nostra stanza privata, che si può interamente personalizzare (ci son anche due tavolini dove giocare a scacchi e a braccio di ferro durante le attese!).

Conosci il tuo nemico

L’aspetto più interessante di Outlast Trials è ovviamente la vasta gamma di nemici, o Stalkers, che dobbiamo affrontare durante il gioco: dai semplici pazienti della Murkoff, impazziti, ricoperti di bende e armati sino ai denti, fino ai dipendenti, che avranno il compito di mettervi i bastoni tra le ruote senza pietà.

Tra i più particolari e inquietanti, citiamo Phyllis Futterman, una donna gigante con indosso una maschera di pelle umana, che conduceva spettacoli per bambini. Dopo aver perso completamente il lume della ragione, è stata assunta dalla Murkoff per seguire i test da vicino. Si aggira per l’edificio con una spaventosa marionetta a forma di papero che nasconde un trapano all’interno della sua bocca, come a ricordare i bei vecchi tempi in cui esercitava la professione di dentista pediatrica.

Un altro Stalker molto affascinante è senz’altro The Skinner Man, una sorta di entità allucinatoria causata dall’effetto Psicosi, se si viene catturati dallo Spacciatore. The Skinner Man sembra un fantasma, ricorda lo SpaventaPasseri di Batman: ci perseguita e ci tormenta, altera la percezione della nostra realtà fino a che non utilizziamo un antidoto, o non sopravviviamo alla sua morsa.

Una novità interessante rispetto ad altri titoli cooperativi proposti negli ultimi anni è la presenza di nemici che, in maniera del tutto random, compaiono prendendo il nostro aspetto e il gamertag (con qualche errore, ma che ad uno sguardo fugace non sempre si coglie immediatamente), per conquistare la fiducia dei membri del team e attaccarli quando meno se lo aspettano.

Una volta superato lo spavento e il panico iniziali, e quindi dopo aver conosciuto i nostri nemici, non sarà complicato scappare o rifugiarsi in nascondigli improvvisati, sfruttando anche le tenebre in alcuni casi. L’IA dei nemici non è brillante, ma gli Stalkers fanno comunque il loro dovere per quanto riguarda la costante tensione e atmosfera ansiogena.

Il meglio viene alla fine

Al raggiungimento del 20 gettoni, come detto precedentemente, avremo accesso al Protocollo di Rilascio, e riacquisteremo la libertà. Ovviamente nessuno di noi si aspetta che la Murkoff Corporation sia di parola, ma questo è il fine ultimo che ci spinge a superare con fatica ogni prova, a risolvere enigmi ambientali, a scappare nel buio e a nasconderci dai temibili nemici. Nel complesso il gioco diverte, non stanca, e la cooperazione è ben strutturata e pensata per divertire anche nel lungo termine.

La campagna in solo risulta un po’ più ostica senza un team di supporto, ma fattibile. La presenza di sfide settimanali di volta in volta proposte con un livello di difficoltà sempre più complesso aiuta a non stancarsi della formula. La grafica è piacevole ma non priva di difetti, e la personalizzazione del nostro avatar è un po’ scarna  ma non disturba, considerando che essendo il gioco in prima persona ci vedremo raramente.

La trama è sottilmente raccontata, la si può immaginare dalle prove a cui le cavie son sottoposte, ma anche da documenti segreti e poster che si possono collezionare negli scenari, che raccontano la raccapricciante storia dell’Istituto Sinyala della Murkoff Corporation.

Outlast Trials è quindi un macabro preambolo, in chiave cooperativa survival horror, ben collegato e amalgamato a quella che è la lore di Outlast presentata con i precedenti capitoli, che nulla toglie a ciò che ha portato in auge la serie, ma anzi la arricchisce, in una maniera innovativa e divertente.

Outlast Trials
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Voto 8
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Amante di videogiochi, serie tv, film, fumetti e libri, in particolare del genere horror, sin dalla tenera età. Amo condividere le mie passioni sui social e scambiare pareri e consigli sul mondo nerd.