Da Tokyo RPG factory, team interno di Square Enix autore di Lost Sphear ed I Am Setsuna, arriva sugli scaffali Oninaki per PC, PS4 e Nintendo Switch. Abbiamo a che fare con un JRPG, ma al contrario dei titoli precedenti sviluppati dalla software house questa volta non si tratta di un gioco di ruolo a turni. Nel corso di quest’avventura, che tiene impegnato il giocatore per svariate ore, impersoneremo Kagachi, un personaggio piuttosto acido e distaccato, ma in ogni caso buono. La storia inizia con la morte dei suoi genitori, che avviene quando è ancora solo un bambino, introducendoci all’universo narrativo di Oninaki. Davanti ai cadaveri dei due, presiederà infatti un Watcher, che gli chiederà di non addolorarsi per i suoi genitori, poiché ciò non permetterebbe loro di passare oltre e rinascere. Il nostro protagonista capirà le parole che sentì da piccolo solo 20 anni dopo, quando diventerà lui stesso un Watcher. È questa la premessa narrativa di Oninaki, che tuttavia non approfondiremo per evitare spoiler sulla trama di questo titolo, in cui questa è fondamentale.
I Watcher, protagonisti del mondo di Oninaki
Visti in altre opere come Medium, i Watcher sono dei combattenti in grado di comunicare con il mondo dei morti, o meglio, di entrarne ed uscirne da esso a piacimento. Il loro compito nell’universo di Oninaki è di permettere alle anime bloccate per dei rimorsi di “passare oltre”, per poter rinascere successivamente in un’altra vita. La comunicazione dei Watcher con il secondo universo è una meccanica decisamente fondamentale nel gameplay. Durante il corso dell’avventura i moltissimi scenari saranno infatti esplorabili per ben due volte, nonostante la conformazione rimarrà la stessa. Dopo averli esplorati nel mondo dei vivi, si potrà accedere agli stessi nel mondo dei morti. Nel corso del primo tragitto si trovano piuttosto spesso, circa tre volte a mappa, degli Sight Stealer che creano cecità nella seconda dimensione. Tuttavia una volta eliminati, si potrà passare tranquillamente al mondo dei morti ogniqualvolta lo si preferisca. Esplorando nuovamente gli scenari si possono trovare dei tesori, nuovi mostri, ed infine a delle missioni secondarie legate a dei fantasmi che si incontrano frequentemente, ma che non sono mai piuttosto curate. Il titolo non crea per fortuna dispersione e confusione, vista la utile mappa che ci permette di sapere in ogni momento dove si è già stati, in entrambi i mondi. Nonostante non ci si trovi mai spaesati, che è di sicuro un pregio, in Oninaki il level design – e quindi le mappe stesse – sono incredibilmente lineari. Non sono presenti mai enigmi ambientali, se non piccoli tratti in cui bisogna cambiare dimensione per procedere, ed il compito del giocatore è sempre andare dritto, con dei bivi che portano sempre in una delle due direzioni ad un punto cieco. Esplorare gli scenari non è quindi piacevole ad accattivante, ma monotono e ripetitivo.
Mai da soli
I Watcher, nello svolgimento delle loro mansioni, sono sempre accompagnati, spesso da altri Watcher, sempre dai loro Daemon: si tratta di creature che vengono assorbite dai guerrieri e li aiutano dei vari combattimenti. Essi non hanno più i ricordi della loro vita passata, né provano sentimenti, ma il nostro protagonista, nonostante all’inizio dell’avventura risulti scettico e li tratti come semplici oggetti, per una serie di avvenimenti nel corso dell’esperienza cercherà di far tornare loro la memoria. Ad accompagnare infatti la trama, che nonostante sia piuttosto lenta sarà ottima e piena di colpi di scena, ci sono le storie dei Daemon. Per tutta l’avventura si avrà sempre un Daemon equipaggiato, e combattendo al fianco di esso, di rado, otterremo delle gemme per il suo albero di abilità. In modo fin troppo lento, si possono ottenere oltre alle abilità, dei pezzi delle loro storie. Non bisogna però immaginare delle trame infantili o semplici, come potrebbe indurre a pensare lo stile minimal della grafica di gioco. Il passato di queste creature è infatti sempre drammatico e quasi sempre toccante, anche se verrà raccontato nel peggiore dei modi. L’intera narrazione, per quanto ottima nei temi mostruosamente duri e crudi, è raccontata piuttosto male, principalmente per una questione legata al budget. I dialoghi non contengono sempre espressioni facciali, e quando presenti, sono sempre pessime. Manca inoltre la localizzazione, cosa che è forse la più grande pecca del titolo. A meno che non si mastichi davvero bene almeno una lingua tra inglese, francese, tedesco o giapponese, non si potrà godere della storia di Oninaki. L’audio è infatti solo in giapponese, mentre le linee di dialogo e tutte le scritte sono localizzate sono nelle quattro lingue appena menzionate.
Il budget purtroppo sa farsi sentire
La natura indie del titolo è palpabile, purtroppo per diverse ragioni. Le impostazioni grafiche sulla versione PC, che è quella che abbiamo testato, sono pressoché assenti. L’unica impostazione variabile è la risoluzione, mentre per il resto il gioco non possiede parametri che potranno migliorarne gli aspetti. Nell’intera esperienza non è inoltre possibile usare il mouse, ma solo il controller o la tastiera. I comandi non potranno essere modificati e giocare con la tastiera con i tasti preimpostati risulta davvero frustrante. I bug non sono molti, quelli presenti sono principalmente legati a dei freeze nel menù, che costringono il giocatore a dover uscire e rientrare da esso svariate volte prima di poterlo utilizzare correttamente, ma non sono mai invalidanti per l’esperienza. Il comparto grafico è stranamente altalenante. Si passa da scenari in cui sembra di essere in The Legend of Zelda Breath of the Wild, per la maniacale cura dei dettagli, in altri in cui si ha l’impressione di essere su giochi mobile come Summoner’s War. Quello che non può essere messo in discussione, invece, è il comparto artistico sempre marcato e presente, dai modelli alla palette cromatica, completamente in contrasto con i temi del gioco, che da un effetto a metà tra il magico ed il malinconico, sempre presente nel corso dell’esperienza, insieme ad un perenne alone di mistero. A contribuire alla magnifica, oltre che unica, atmosfera del gioco, c’è la colonna sonora: essa è di sicuro buona, spesso ottima, ma soffre purtroppo di poche OST, che per quanto di qualità di esauriscono velocemente, portando addirittura a volte al fastidio.
Un gameplay tanto solido quanto imperfetto
Sempre presente durante l’esperienza è il sistema di combattimento. Esso è piuttosto tipico nei JRPG, ma presenta una varietà non comune: ogni Daemon avrà infatti un grande – fin TROPPO grande – albero delle abilità, da dove si potranno sbloccare nuove mosse e potenziamenti passivi (anche se in modo troppo lento) oltre ai frammenti di storia già citati. Potremo portare con noi fino a 4 Daemon alla volta, ma se ne troveranno molti di più. Gli enormi alberi delle abilità non potranno quindi essere portati a termine, a meno che non ci si concentri su pochissimi Daemon, ma perdendosi cosi le intere storie di altri. Senza le abilità dei Daemon il gameplay è piuttosto standard, ma essi ne posseggono moltissime, tutte ben differenziate, in linea con i loro caratteri. Grazie alle stesse il gameplay avrà molta varietà e stili di approccio, ma non sarà presente alcun tipo di combo o concatenazione, che avrebbe permesso al giocatore di padroneggiare e sfruttare meglio l’intero sistema, che sarà fin troppo semplice ed intuitivo. Il combattimento, come d’altronde le animazioni, risulta davvero legnoso, soprattutto per colpa di queste ultime. I nemici hanno un’intelligenza artificiale a dir poco aberrante, al limite del ridicolo. Essi sono inoltre davvero pochi e poco caratterizzati, al contrario dei boss che sono piuttosto ispirati.