Not the End: intervista all’autore Claudio Pustorino

Intervista a Claudio Pustorino, autore di Not the End, pubblicato per Fumble GDR e premiato a Gioco di ruolo dell'anno 2020.

Yuri Rossi
Di Yuri Rossi Analisi Lettura da 11 minuti

Lo stiamo dicendo da diverso tempo ormai e i fatti ci hanno dato ragione: il mondo dei giochi di ruolo è più attivo che mai, e si riesce a capire da molteplici fattori, tra i quali un’esponenziale crescita di realtà che propongono nuovi titoli e che consentono di provarli. Certo, il periodo non aiuta, ma ci sono diversi strumenti che – più o meno – aiutano a ricreare lo spirito che si vive al tavolo. Rimane un po’ l’imbarazzo della scelta, vista la quantità di prodotti che stanno uscendo, ma abbiamo la risposta che fa per voi. Not the End, vi dice qualcosa? Dopo aver scritto un’anteprima del titolo in questione, abbiamo deciso che fosse il caso di approfondire questo prodotto uscito per Fumble GDR. Come? Parlando con l’autore, ovviamente. Claudio Pustorino ha ideato un gioco di ruolo capace di lasciare estrema libertà ai giocatori e al master in fatto di trama e ambientazione. Attraverso le varie scelte che verranno effettuate, si assisterà alla crescita e all’evoluzione del personaggio, nel bene e nel male. “Ogni fine è un nuovo inizio”, questo è il filo conduttore, una sorta di regola che guida l’avventura. Senza attendere troppo, lasciamo a lui la parola.

Not the End

Partiamo subito con Not the End. Qual è stata la sua storia? Da cosa hai iniziato a scrivere?

L’intenzione di scrivere Not the End nasce nel 2017 e, prima di mettere nero su bianco i primi concetti di gioco, io e Fabio abbiamo passato qualche mese a incontrarci nella taverna di casa mia per schematizzare idee, collezionare ispirazioni e lavorare assieme a lavagna. Alle conversazioni alternavamo prove di gioco, per esplorare le implicazioni dei nostri ragionamenti e senza mai lasciar sedimentare troppo le idee. La stesura vera e propria è cominciata un anno dopo, verso la metà del 2018. A quel punto le idee cardine del design del gioco erano già sedimentate e c’era molto da scrivere tutto d’un fiato.

Dal progetto iniziale al prodotto finale: cosa è cambiato? Il gioco si è trasformato durante la fase di sviluppo?

Nulla dei principi cardine e tutto delle soluzioni. Inizialmente le nostre intenzioni avevano preso forme lontane dal risultato desiderato e abbiamo buttato almeno un paio di sistemi di gioco funzionanti perché non erano centrati rispetto ai nostri obiettivi. Successivamente la fase di playtest aperto ha portato a ridurre e stralciare moltissimi contenuti che avevamo dato per assodati.

Quali sono stati i momenti più ostici/delicati che hai incontrato nella stesura di NtE?

L’ostacolo maggiore è stato “spezzare il fiato” sull’alveare di esagoni. Uno degli assunti di base che volevo sviluppare era che la disposizione degli elementi sulla scheda fosse un ambito non esplorato a sufficienza nel campo dei giochi di ruolo, ma inizialmente ho cercato di sostituirmi a chi giocava, volendo offrire una forma specifica di correlazione. Ho iterato almeno 40 versioni della scheda in cui ho continuamente schematizzato in modo diverso prima di rendermi conto che il valore non stava nel proporre una soluzione, ma nell’offrire al giocatore la possibilità di applicare i suoi schemi mentali liberamente.

La scelta dei token in sostituzione ai “classici” dadi è stata molto interessante. Era nei piani sin dall’inizio?

Si e no. Volevo che il risultato della prova fosse immediato e leggero in termini di carico cognitivo. Fin da subito ho escluso risultati numerici da sommare, sottrarre o interpretare. I dadi di GeneSys mi piacevano moltissimo, ma non mi piaceva fossero difficili da leggere e richiedessero elaborazione a valle del tiro di dado (in GeneSys devi “sottrarre” i simboli opposti e raccontare sulla base di ciò che rimane). Inizialmente abbiamo pensato a dei d12 custom sulle cui facce comparissero diversi assortimenti di pallini bianchi e neri, ma poi ci siamo resi conto che avremmo potuto ridurre ulteriormente la complessità usando dei token. Avevamo maturato l’idea di usare il sacchetto come una sorta di meta-dado, che rappresentasse lo stato del personaggio. Nei primi prototipi di NtE, quindi, il sacchetto non si riempiva e svuotava ad ogni prova ma rappresentava lo stato dei PG, cosa che creava bellissime opportunità ma altrettante complicazioni. Poi ho letto il bellissimo Omen, che nella sua eleganza mi ha convinto ad abbandonare l’idea di far corrispondere il sacchetto alla condizione del personaggio. Abbiamo quindi potuto modulare le logiche di composizione e pescaggio del sacchetto, come anche le logiche di spesa dei token, in un modo conforme alle finalità di NtE.

Not the End

Ci tengo a ricordare un’impressione che ho avuto leggendo Not the End. Il manuale somiglia più a un manuale di sceneggiatura che a un semplice regolamento. Hai fornito in quelle pagine una vera e propria guida alla narrazione. Quanto è importante conoscere così bene la narrazione in un gioco di ruolo?

Ritengo che non sia necessariamente chi gioca a dover conoscere tecniche di narrazione condivisa. Penso invece che un buon gioco debba offrire gli strumenti adeguati per permettere a chi gioca di farlo senza fatica. In un gioco in cui userai il tuo ingegno per risolvere enigmi ed esplorare dungeon, il gioco deve offrire gli strumenti per creare dungeon interessanti e tutte le regole per poterli esplorare. In un gioco che propone del combattimento tattico, chi gioca deve disporre di ciò che serve per sentire il peso delle proprie scelte su un campo di battaglia. Un gioco che propone di esplorare un periodo storico deve offrire una sintesi delle tematiche, dei fatti e dei costumi di quel periodo, oltre alle opportunità per esplorarlo. Not the End esorta i giocatori a esporsi a conseguenze negative per esplorare l’interiorità del personaggio e esorta il Narratore a non preparare in anticipo, ma a cogliere gli stimoli dei giocatori in modo fluido. Per scelta, non offre un’economia esplicita dialogo tra narratore e giocatore come fa FATE, e neppure sintetizza dei suggerimenti di narrativa in una serie di mosse codificate come succede nei PbtA. Il modo in cui abbiamo scritto NtE voleva favorire un equilibrio ben specifico di immediatezza e profondità, senza guidare troppo. Offrire esempi e suggerimenti di narrazione condivisa per vivere questa libertà in linea con i presupposti del gioco ci è sembrato necessario.

Not the End è stato premiato a “Gioco di ruolo dell’anno 2020”. Te lo saresti mai aspettato?

Il mio percorso su NtE è stato costellato da dubbi, non da certezze. Quando ho cominciato a scrivere Not the End mi chiedevo se qualcuno lo avrebbe mai preso in considerazione. Quando abbiamo strutturato il kickstarter mi sono chiesto se, nonostante il playtest mi dicesse il contrario, un’idea rarefatta come “giocare eroi disposti a rischiare tutto per ciò che considerano importante” non sarebbe risultata troppo generalista e troppo poco comprensibile. Durante il lockdown, mentre tante persone giocavano NtE, mi sono concesso di sperare… Poi ho visto la lista dei candidati al premio e ho smesso di sperare, nonostante il mio intorno mi dicesse che avevamo concrete possibilità. La notizia è arrivata come una bellissima sorpresa.

C’è qualche gioco di ruolo in particolare che ti ha formato, sia come player/master che come game designer?

Ciò che mi ha formato di più è stata la ricchezza e la diversità di giochi che ho sperimentato negli anni tramite Fumble. Durante il podcast siamo stati del tutto onnivori, sperimentando un’infinità di giochi e sistemi completamente diversi. Questa tempesta di stimoli, anche se al tempo non me ne rendevo conto, è stato lo stimolo principale alla mia attuale visione di game design.

Sembra che il mercato italiano dei giochi di ruolo sia più in forma che mai. Come lo stai vivendo, da appassionato e da autore?

Ci sono finestre di tempo in cui, se si ha la passione per un argomento, tutto rema a tuo favore. Per fare un esempio, essere un autore appassionato di fantascienza durante gli anni d’oro della Società Fantascientifica Americana. Ritengo che stiamo vivendo nel bel mezzo di una di queste finestre e che, se abbiamo la passione per i giochi di ruolo, dovremmo considerarci incredibilmente fortunati. Personalmente io mi sento così.

Chiusa una porta di apre un portone, dicono. Sei già a lavoro su qualcosa di nuovo?

Si, e penso che sia la prima volta che ne parlo pubblicamente. Il progetto si intitola PRYSM, ma per ora non dico altro. I miei processi creativi sono leeeeeeeenti. Fumble ha in serbo tantissime cose, ma i primi risultati attendibili su PRYSM li vedrete probabilmente nel 2022 😀

Le cose da fare sono due: acquistare il manuale e partire all’avventura. Semplice, no?

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Leggo e scrivo tantissimo, vivo in un GDR. Non sono molto fortunato con il D20. Da grande voglio essere Batman.