Nel corso degli ultimi anni, Netflix si è trovata a investire in particolar modo in prodotti sudcoreani, che già più volte hanno avuto modo di dimostrare il proprio valore. Spopolando anche in Italia, questi si sono spesso contraddistinti per una qualità recitativa degli attori davvero superlativa, e per delle idee pronte a rendere concept già visti originali, grazie anche ad arricchimenti imprevedibili che hanno reso determinati prodotti per alcuni indimenticabili. Il caso più eclatante da prendere come esempio è senza ombra di dubbio Squid Game (qui la nostra recensione), ma in realtà anche un nuovo prodotto che condivide queste qualità è arrivato sulla piattaforma di streaming, proprio nella giornata di oggi. Parliamo di Non siamo più vivi, noto all’infuori dell’Italia con il nome di All of Us Are Dead, una serie composta da 12 episodi della durata di un’ora circa, basata sul webtoon Now at Our School, che abbiamo avuto modo di approfondire in anteprima e di cui vi vogliamo parlare (con tutti i dettagli) in questa recensione.
Un’invasione analizzata in dettaglio
La serie propone un’invasione zombie davvero particolare, che sa subito risultare avvincente per gli spettatori grazie a diversi motivi. Senza specificare in questa recensione di Non siamo più vivi se si tratta o meno dei canonici zombie, visto che il tutto viene approfondito nel corso degli episodi e si tratterebbe di spoiler, ci limitiamo a dire che abbiamo a che fare con delle creature fameliche, difficili da affrontare in quanto tremendamente rapide e forti, nonché ovviamente affamate di carne umana. Le avventure proposte analizzano il virus dalla base, e non ci si trova infatti in uno dei tanti universi narrativi dove gli zombie hanno letteralmente conquistato il pianeta, dato che il focus è esclusivamente sulla città di Hyosan, o meglio sulla Hyosan High School, visto che per certi versi le avventure hanno un’impronta abbastanza scolastica, specialmente nella prima parte.
Nel corso degli episodi vengono approfondite le storie di diversi sopravvissuti che grazie alle proprie conoscenze della scuola, e a dei piani escogitati man mano che ottengono informazioni, fanno il possibile per sopravvivere e chiamare disperatamente dei soccorsi che potrebbero non arrivare mai. È bene sottolineare sin da subito che il fatto che l’invasione venga trattata in forma “ridotta”, permette di dare un senso scientifico – ovviamente irrealistico, seppur verosimile – a quello che sta avvenendo, e che non sono solamente gli attori ad aver impersonato in maniera sopraffina i propri personaggi, ma anche questi stessi a farsi notare. Prendendo al balzo il discorso della recitazione, specifichiamo che Non siamo più vivi è ben localizzato in italiano, tranne per qualche piccola eccezione, ma risulta ottima da fruire anche in lingua originale.
In diverse opere, si nota come i sopravvissuti, pur essendo tali, non abbiano la minima idea di quello che stiano facendo. In questo caso, i ragazzi riescono subito a riconoscere il fatto che dei veri e propri zombie hanno invaso la loro scuola, e solamente i più forti riescono ad andare avanti, considerando le attitudini famelici degli infetti. Ovviamente, capitano i momenti dove alcune soluzioni che sembrano palesi non vengono adottate ai fini di trama, ma ci teniamo a specificare in questa recensione di Non siamo più vivi che il sentimento di realismo viene reso al meglio nel corso di ognuno degli episodi.
Tante idee avvincenti
Mentre si esplora il virus, le vicende si infittiscono, e spronano ad andare avanti per tutti gli episodi. Questi, in realtà, non sono pochi, ma scorrono tranquillamente per tutto il loro minutaggio, con il classico effetto di “uno tira l’altro”, che porta a terminare l’ultimo prima di quanto si avrebbe potuto mai immaginare. Per arricchire la narrazione, mentre si scopre di più sul virus, non viene approfondito un solo gruppo di sopravvissuti, ma diverse prospettive della scuola, con dialoghi fra i personaggi che ne mettono in mostra moltissimo il carattere, tanto che spesso risulta prevedibile capire quello che qualcuno sta per fare solamente da uno sguardo.
C’è da dire però che non si tratta di un’opera tranquilla, che mette i morti viventi in secondo piano, anzi, visto che le scene adrenaliniche si susseguono a ritmo piuttosto conciso, evitando quindi che un dialogo di troppo possa spezzare l’azione e annoiare, con un paio di variabili molto avvincenti e originali che non citeremo anche in questo caso per evitare spoiler. Basti pensare che, grazie a queste, il finale apre le potenziali porte a una Stagione 2 ancora più interessante, e mentre i sopravvissuti hanno una discussione o un’altra, si ha continuamente il pensiero che qualcosa potrebbe succedere, il che crea dei giusti sensi di immersione e ansia nello spettatore.
Tutto ciò evita sempre e comunque il trash, non aspettatevi crossover con i phytozombie di ZNation o qualcosa del genere, dato che l’opera sa prendersi molto seriamente. Anzi, in diversi casi la stessa permette di emozionarsi, affezionarsi a dei personaggi e a odiarne degli altri, mentre si cerca di capire di più sulle vicende che si sviluppano pian piano e sui temi davvero delicati vengono trattati. Tutto ciò, quasi sempre, avviene al ritmo giusto, tanto che quando si arriva all’ultimo episodio, nonostante questo possa essere definito autoconclusivo per la serie, si ha come il senso che qualche altra ora in questo crudo universo non avrebbe guastato. Chiudiamo questa recensione di Non siamo più vivi dicendovi che fra scene toccanti, e altre da sconsigliare a un pubblico non adulto (in realtà la componente splatter è sempre presente, ma a volte si intensifica), la serie Netflix può riuscire a colpire nel segno fan di ogni età, e va presa in considerazione anche – o soprattutto – da chi si è ormai scocciato delle classiche produzioni a tema zombie.