Philipp Kadelbach dirige l’attesissima nuova serie targata Amazon Prime e basata sul romanzo Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Wir Kinder vom Bahnhof Zoo) pubblicato nel 1978 dai giornalisti Kai Hermann e Horst Rieck, dapprima a testate sul settimanale Stern e dopo come romanzo vero e proprio. La serie, composta da 8 episodi e disponibile su Amazon Prime Video dal 7 Maggio, si prefigge di raccontare in modo fedele e diretto i fatti descritti nel libro e soprattutto di tenere testa all’omonimo film del 1981 diretto da Uli Edel, un cult molto apprezzato a distanza di tempo da critica e spettatori. Purtroppo le nostre grandi aspettative sono state deluse dalla resa in serie di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, e in questa recensione vi spiegheremo il perché.
Una storia che lascia il segno…
Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino è un racconto autobiografico che segue le vicende di Christiane Vera Felscherinow (interpretata nella serie dalla giovane attrice australiana Jana McKinnon, già protagonista nel film Beautiful Girl), raccontate dalla vera Christiane quando venne intervistata da Hermann e Rieck nel ’78 a seguito delle accuse per detenzione di droga e ricettazione a suo carico, pur essendo ai tempi ancora minorenne. Christiane, infatti, tramite i suoi racconti e in questo caso grazie al loro riadattamento seriale, fa luce sulla cruda Berlino degli anni ’70 e, in particolare, sul giro legato alla droga e alla prostituzione da lei frequentato già in tenera età, quando aveva ancora solo 13 anni. Alla base del tentativo della protagonista di evadere dalla propria vita tramite l’uso di droghe, c’è una storia familiare complicata, cosa che la accomuna con gli altri ragazzi e ragazze che frequenteranno il suo stesso ambiente e che, a tutti gli effetti, diventano protagonisti con lei della serie, ricevendo così un “upgrade” rispetto al ruolo secondario che ebbero nell’omonimo film, dove apparvero solo in relazione a Christiane stessa.
Non tutti i personaggi presentati nella serie, però, vengono analizzati fino in fondo e la storia ne risente, perché ci lascia con una lieve sensazione di incompletezza per non aver conosciuto più nel dettaglio tutti i protagonisti cui avremmo dovuto legare. Potrebbe forse essere indicativo di un’eventuale seconda stagione, ma personalmente non credo riuscirebbe a salvare questo tentativo palesemente fallito di rivisitare la storia raccontata di Christine. La serie Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino sembra rappresentare in modo quasi accattivante e piacevole quello che dovrebbe essere il mondo tanto disgustosamente descritto dal libro e dal film.
…che scompare malamente
Ammettiamo che questa non è la recensione di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino che ci saremmo voluti trovare a scrivere, speravamo che la serie riuscisse a dare nuova vita a una storia che, seppur ambientata negli anni ’70, rimane comunque attualissima. La delusione maggiore è stato veder realizzarsi il brutto presentimento che già si respirava nell’aria, ovvero veder trasformare la brutalità e il degrado del mondo frequentato dai ragazzi della Bahnhof Zoo in qualcosa di affascinante, quasi a voler spingere gli spettatori verso quell’ambiente più che a volerli disgustare al punto da non farceli nemmeno avvicinare, come invece sarebbe dovuto essere.
Il contesto storico e politico poi sembra venir meno, la Berlino di fine anni ’70 scompare per lasciar spazio ad atmosfere accattivanti, forse per avvicinare di più alla serie le nuove generazioni, ma in ogni caso stravolgendo quasi completamente il senso stesso dell’opera. Le uniche note positive sono le interpretazioni dei giovani attori, né eccellenti né malvagie, e la colonna sonora che accompagna la serie, in particolare per l’omaggio (dovuto) al Duca Bianco, anche se ovviamente non si accosta minimamente al film del ’81 a cui lo stesso David Bowie collaborò e prese parte. Insomma, la serie delude e non poco, non può essere lontanamente paragonata al film e tantomeno riesce a fare giustizia alla storia di Christiane, fallendo anche nel mostrarci il vero volto del gruppo di ragazzi rovinato dall’eroina. Il messaggio che sarebbe dovuto passare non è solo debole, ma a tratti controproducente.