Netflix The Punisher Recensione

Tiziano Sbrozzi
Di Tiziano Sbrozzi - Senior Editor Recensioni Lettura da 8 minuti

Un colpo nell’oscurità, un grido, un teschio bianco nel buio: The Punisher è tutto questo e molto altro. Ricordo ancora quando da bambino sognavo di Frank Castle, italo americano che nei fumetti Marvel compariva come l’anti-eroe americano: reduce della guerra in Vietnam dalla quale non era mai tornato del tutto, tanto che l’inizio di ogni pensiero del Punitore iniziava con “diario di guerra, giorno X data Y”. Dopo Daredevil e svariate serie che arricchiscono il mondo dell’MCU, Netflix tenta il colpo grosso, portandoci in un universo più cupo del solito, con meno battute ed ironia di quanto ci abbia abituato il grande schermo. Se siete deboli di stomaco, fate dietro front perché Frank non perdona: Punisce!

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Un Uomo In Pezzi

Frank Castle è un uomo alla deriva: la morte della sua famiglia lo perseguita, lo tormenta e non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare. A nulla valgono i tentativi del nostro anti-eroe di sfuggire alla propria pena, infatti questi si trasferisce a New York a Little Italy, e tanto per non farsi mancare nulla si fa crescere la barba da hypster, lavora come manovale e non sembra avere voglia di trovare nuovi amici. Per oltre sei mesi il nostro Punitore sembra solo voler punire se stesso, tormentato da incubi che lo svegliano di soprassalto tutte le sante mattine. Nonostante il dolore ed una vita che punta più alla sopravvivenza che ad altro, Frank cerca di stare alla larga da problemi e affini: accetta di buon grado le infamie e le angherie dei colleghi di lavoro che lo bullizzano e a volte lo trattano da ritardato. Ovviamente, tutto ha una fine: si può fuggire da molte cose ma non si scappa facilmente da ciò che si è. Frank torna ad essere se stesso alla fine della prima puntata, accettando suo malgrado il ruolo che il destino gli ha affidato; non vi svelerò nulla circa la sua vita e come si dipanerà la storia del nostro killer in nero: vi basti sapere che avrete a che fare con un numero indefinito di ossa rotte, proiettili sparati e cadaveri disseminati qua e là in tutta la serie. Del resto, se state vedendo una serie che si chiama “il Punitore” che vi aspettavate? Quattro carezze e due bacetti? Assolutamente no!

The-Punisher-Daredevil-Jon-Bernthal Frank Castle

Dare Vita Ad Un Uomo Morto Dentro

Jon Bernthal, già amato/odiato nei panni di Shane della fortunata The Walking Dead, torna sul piccolo schermo dopo una breve parentesi al cinema: qualcuno lo ricorderà al fianco di Ben Affleck nell’acclamato The Accountant, film nel quale anche li interpretava il ruolo di un assassino professionista; evidentemente il ruolo dell’uomo d’azione, Jon ce l’ha nel sangue. Nonostante il personaggio sembra scritto proprio su di lui, Bernthal riesce a dare quel tocco in più al copione, offrendoci un immagine tridimensionale del Punitore, forte e brutale quando è sul campo di battaglia, tormentato, a pezzi e in solitudine. La doppia faccia di questo malcapitato reduce di guerra è talmente dissonante da sembrare che ci siano due ruoli distinti da interpretare, cosa che a Jon riesce divinamente. Frank del resto non fa molto per aiutare il suo attore, presentandosi come un uomo che si autodefinisce morto da tempo, quasi come un fantasma di carne che va avanti spinto dagli eventi. L’autoconservazione non è di certo la prerogativa del nostro istrione della Beretta, che più di una volta si ritrova a dover fare i conti con ossa rotte e fori di proiettile. La faccia di Frank è sempre quella di un uomo incazzato, nervoso con la vita e cinico quanto basta da sembrare quasi malvagio: per bilanciare il tutto è stato scelto il Dorian Gray del 2000, Ben Barnes che con i suoi lineamenti quasi stucchevoli ed i suoi sguardi ammiccanti, ci presenta un personaggio nuovo, che si auto definisce il migliore amico di Frank Castle, ovviamente creduto morto dal caro Ben. Nella serie ritroveremo personaggi già conosciuti per altre serie sempre targate Netflix che faranno piacere agli appassionati e offriranno qualche spunto extra ai neofiti delle saghe che compongono il Marvel Cinecomic Universe.

The punisher

Bentornato Frank!

Sembra che Netflix abbia finalmente capito come ci si debba approcciare a certe situazioni: intendiamoci, un paio di anni fa, Daredevil bucò lo schermo offrendoci una serie TV basata su un super eroe come mai prima d’ora. Oggi di acqua sotto i ponti ne è passata e l’effetto sorpresa è andato scemando: serviva una svolta, finendo (una volta per tutte) di creare serie fotocopia solo perché “al pubblico piace, funziona!”. No, non funziona: fa solo perdere tempo. The Punisher non è una serie per tutti ed è questo il bello: non vuole esserlo! Per la prima volta, Frank Castle compare sullo schermo così come è stato scritto e pensato in anni ed anni di inchiostro su carta stampata. Forse per la prima volta assistiamo ad una serie cruda, fatta di sangue e rabbia, una serie che non deve piacere a tutti per forza ma che invita quasi lo spettatore medio o debole di stomaco ad allontanarsi dallo schermo, permettendo a chi vuole godersi una serie “diversa” dalle altre, di farlo in santa pace. The Punisher è il Breaking Bad del mondo Marvel/Netflix: non ci sono vie di mezzo, o lo si ama o lo si odia e di certo Frank Castle non sta li a chiedervi scusa per la sua rabbia e la sua brutalità; probabilmente solo chi ha subito quanto lui ha subito potrebbe criticarlo ma anche in quel caso, si farebbe una fatica del diavolo. La serie è dunque un tripudio di perfezione? No, ma permette di far riflettere: se questa fosse la nuova strada da prendere, se effettivamente Netflix capisse che le serie possono essere come dei libri – ovvero piacere a grandi masse ma non a tutti indiscriminatamente – allora direi che siamo nella giusta direzione. Il Punitore è arrivato per restare e la sua missione non è ancora terminata; il diario di guerra va aggiornato: Bentornato Frank!

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Senior Editor
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.