Una Scomoda Circostanza: Caught Stealing Recensione, non dire “gatto” se non ce l’hai nel sacco!

Darren Aronofsky cambia registro, ma non stile: ecco la nostra recensione di Una Scomoda Circostanza - Caught Stealing con protagonista Austin Butler.

Francesca Leonardi
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Francesca Leonardi
Appassionata di film in tutte le sue forme. Perché accontentarsi di vivere una sola vita quando il cinema ti permette di viverne infinite?
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Una scomoda circostanza - Caught Stealing

Siamo a New York, anni Novanta, Lower East Side: un quartiere ricco di storia, degrado, contrasti e mutamenti. Il protagonista è Hank Thompson (Austin Butler), ex promessa del baseball la cui carriera è finita a causa di un incidente stradale che ha lasciato profonde ferite fisiche e psicologiche. Ora lavora come barista e cerca di rimanere a galla tra alcol, rimorsi e una relazione stabile (Zoë Kravitz è Yvonne, la sua compagna).

Tutto cambia quando accetta di badare al gatto del vicino punk, Russ (Matt Smith), per pochi giorni. Lì entra in scena il caos: criminali russi, fratelli malavitosi e detective della narcotici lo coinvolgono, suo malgrado, in una pericolosa rete di ricatti, tradimenti e conflitti morali. Hank si trova incastrato, costretto a reagire, affrontando le sue debolezze, le sue paure e un trauma del passato che sembra non lasciarlo andare.

Sfida e redenzione

Anche qui, come in altri film di Aronofsky (The Wrestler, o il premiato The Whale), il protagonista non è un eroe perfetto: la sua psiche è tormentata dalla sua vulnerabilità, il senso di colpa per l’incidente e il rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere; la “redenzione” in Caught Stealing non è qualcosa di puro o idealizzato: è ambigua, dura e spesso paradossale. Hank non cambia da zero a cento, ma viene costretto a misurarsi con sé stesso, a usare le sue debolezze come armi e a non trovare una soluzione facile o consolatoria.

L’elemento del passato da promessa del baseball è più che un dettaglio: è una ferita ancora aperta, che orienta le sue scelte (o la sua passività). Il rimorso, infatti, lo opprime, lo tiene in uno stato di sospensione: un uomo che avrebbe voluto fare altro, che vive una vita di piccole omissioni fino a quando non viene costretto a reagire. Hank non è un detective, non è un criminale: è un uomo che sbaglia, che si fa trasportare dagli eventi, ma anche uno che, seppur in modo imperfetto, alla fine reagisce. Quel caos urbano, quella New York fine anni Novanta fatta di degrado, gang, suoni, rabbia, è quasi un personaggio a sé: come se, attraverso lo spazio e il suono, il regista volesse alludere a quanto Hank sia scosso dentro, quanto il suo corpo e la sua mente siano in debito con qualcosa che non ha ancora accettato.

Un mix che funziona, ma non perfetto

Il film coglie l’anima inquieta della New York di fine secolo e questo, forse, è uno degli aspetti più rischiosi, ma anche più riusciti del film: Caught Stealing non è solo violenza e dramma, contiene anche battute, scene grottesche e situazioni al limite dell’assurdo. Il regista sembra voler alleggerire la tensione con lampi di ironia e momenti inaspettati; il risultato non è sempre perfetto, ci sono scene in cui il tono vacilla, fra serio e quasi caricaturale, ma nel complesso la mescolanza funziona: riesce a conferire varietà al prodotto ed evita la staticità emotiva. Tuttavia, non manca qualche momento un po’ ripetitivo o rallentato (specialmente nella parte centrale), dove la tensione cala, senza far perdere troppo l’interesse.

La performance di Austin Butler sicuramente regge il film: Hank è un uomo con ferite profonde e Butler lo rende estremamente credibile nella sua fragilità e nella sua forza emergente. Un pregio del film è la capacità di essere più accessibile rispetto agli altri di Aronofsky (meno rarefazione, più azione, più genere), pur mantenendo la densità emotiva che li contrassegna. Eccellente è anche la ricostruzione storica: gli anni Novanta newyorkesi, le sonorità, lo sfondo sociale, le gang, tutto contribuisce a un’immersione credibile, senza risultare troppo metaforico.

C’è, però, da dire che alcuni personaggi secondari sono un po’ “piatti”, stereotipati: criminali russi, fratelli palesemente cattivi, detective ambigua; talvolta danno l’impressione di essere figurine anziché persone complesse. In aggiunta, il bilanciamento tra violenza, dramma personale e momenti ironici/surreali non va sempre liscio: ci sono scene in cui l’umorismo sembra forzato, oppure la durezza appare quasi gratuita, usata più per sorprendere il pubblico che per il significato. Un altro difetto del prodotto è la prevedibilità di alcuni snodi: pur con ribaltamenti ed equivoci, permangono momenti narrativi un po’ convenzionali del genere crime/thriller che non sorprendo completamente e che sono facilmente intuibili ancor prima che accadano.

In definitiva, Darren Aronofsky cambia registro ma non stile. Con Caught Stealing il regista ci offre una prova che mescola adrenalina, crudezza urbana, tensione morale e un pizzico di follia: un ibrido che non è il suo solito dramma psicologico puro, ma nemmeno un action commerciale tradizionale. È un film che diverte, ma che non rinuncia al peso del rimorso e della ricerca emotiva.

Una scomoda circostanza - Caught Stealing
Ottimo 8
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