Una Battaglia dopo l’Altra Recensione, un’epopea politica tra amore, rivoluzione e identità

Con Una battaglia dopo l’altra Paul Thomas Anderson firma un dramma epico che intreccia un triangolo amoroso con temi politici e sociali attualissimi. Ecco la nostra recensione.

Giacomo Dotti
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Giacomo Dotti
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Giacomo è un laureato in Cinematografia con un Master in Produzione e Distribuzione, aspirante regista con una grande passione per la fantascienza. Da sempre affascinato dal...
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Lettura da 6 minuti
8 Ottimo
Una Battaglia dopo l'Altra

Con Una battaglia dopo l’altra Paul Thomas Anderson torna al cinema con un’opera ambiziosa e densa, che ci catapulta fin dai primi minuti al centro dell’azione. L’inizio non concede troppi preamboli: i protagonisti vengono presentati subito, in un contesto che mescola intimità e rivoluzione. Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor) e Ghetto Pat (Leonardo DiCaprio) sono al centro di questo universo, coppia apparentemente opposta per temperamento, ma unita tanto nella vita privata quanto nella lotta politica. Tuttavia, il difetto più evidente di questa parte iniziale risiede nel ritmo: quasi un’ora delle tre complessive è spesa per costruire il setup narrativo, un’esposizione lunga che rallenta la fruizione, pur offrendo basi solide alla vicenda.

Personaggi e interpretazione

Anderson, come da tradizione, lavora con grande cura sui personaggi, rendendoli complessi e stratificati. Se da un lato i comprimari, tra tutti il personaggio di Benicio del Toro (Sensei Sergio) riescono a brillare grazie a interpretazioni intense e sopra le righe, il protagonista DiCaprio appare meno incisivo, incastrato in un ruolo già visto nella sua carriera: l’eroe riluttante un po’ sconfitto dalla vita con un passato eroico, pronto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo.

A spiccare è invece Sean Penn, nei panni di Steven J. Lockjaw, generale dell’esercito e antagonista della storia. La sua performance restituisce un uomo all’apparenza granitico, ma reso vulnerabile dall’incontro con Perfidia. Proprio questo triangolo amoroso tra Pat, Perfidia e Steven costituisce l’asse portante dell’intera vicenda, mescolando dinamiche sentimentali, desiderio sessuale e conflitto politico. Interessante anche il modo in cui il film nella sua prima parte affronta il tema della sessualità: per Perfidia, la ribellione non è solo un atto politico ma anche una fonte di eccitazione, un’estensione della sua identità più profonda, tema che però non torna più per il resto del film.

Il film come specchio della realtà?

Anderson intreccia con forza i temi personali con quelli collettivi. Il ritorno di Steven J. Lockjaw, sedici anni dopo i fatti narrati nel lungo prologo, riapre le ferite del passato e innesca una nuova caccia che coinvolge Pat e sua figlia. A questo livello più intimo si affiancano riflessioni di ampio respiro, che riguardano questioni razziali e l’immigrazione clandestina. I protagonisti sono membri dei French 75, gruppo rivoluzionario che combatte l’oppressione con ogni mezzo, incarnando lo spirito di una resistenza che non si ferma davanti a nulla. La pellicola tocca con decisione i temi caldi dell’America contemporanea: l’emancipazione femminile, la parità razziale, la lotta alla supremazia bianca. Anderson non rinuncia a schierarsi: i “cattivi” sono in larga parte rappresentati da uomini bianchi, ricchi e privilegiati, emblemi di un potere che reprime e manipola. Non sorprende dunque che, guardando Una battaglia dopo l’altra, sorga spesso il dubbio su quanto ciò che vediamo sia finzione o una versione romanzata della realtà.

È inevitabile chiedersi se questi conflitti non possano esplodere davvero da un momento all’altro. Un altro elemento rilevante è la rappresentazione delle comunità marginalizzate. Anderson dà spazio a voci spesso ridotte al silenzio nel cinema mainstream: migranti, donne nere, individui costretti a vivere ai margini della società. Le lotte dei French 75 diventano così non solo metafora di rivoluzione, ma anche dichiarazione politica che richiama le tensioni sociali degli Stati Uniti di oggi. Il regista sembra suggerire che le battaglie del passato non sono mai davvero finite, ma si ripresentano sotto nuove forme. Allo stesso tempo, il film mette in luce le contraddizioni interne ai movimenti rivoluzionari, dove la ricerca della giustizia può trasformarsi in ossessione e la ribellione rischia di diventare nuova tirannia. È in questo terreno ambiguo che Anderson colloca i suoi personaggi, offrendo allo spettatore un ritratto lucido e complesso della società contemporanea.

Un metronomo a gestire il ritmo del film

Il film, nonostante la durata importante, mantiene un ritmo costante, anche se non sempre scorrevole. La scelta di Anderson è quella di alternare momenti intensi a sequenze più statiche, compensando la lentezza con un utilizzo massiccio della colonna sonora. La musica diventa un elemento narrativo a tutti gli effetti: alternando brani originali e tracce extradiegetiche, scandisce le azioni e amplifica il senso di continuità. È raro che ci sia silenzio assoluto, e questo conferisce al film un respiro costante, quasi ossessivo. La regia è, come sempre, impeccabile. Anderson costruisce inquadrature sporche, volutamente imperfette, che però risultano sempre ricercate. La macchina da presa si muove tra intimità e caos con grande naturalezza, lasciando trasparire il lato umano dei personaggi senza mai rinunciare alla spettacolarità. La fotografia accompagna questa scelta con tonalità cupe e contrasti marcati, contribuendo a restituire l’atmosfera di un’America divisa e sull’orlo del collasso.

Una Battaglia dopo l'Altra
Ottimo 8
Voto 8
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Contributor
Giacomo è un laureato in Cinematografia con un Master in Produzione e Distribuzione, aspirante regista con una grande passione per la fantascienza. Da sempre affascinato dal potere del racconto cinematografico, trova ispirazione nei lavori di Tarantino, Spielberg e Allen. Oltre al cinema, è un appassionato di fumetti e carte TCG, mondi narrativi che alimentano la sua creatività e visione artistica.