In questo giorno, 4 dicembre 2016, siamo chiamati a compiere il nostro dovere di cittadini italiani andando a votare per il referendum sulla legge Renzi-Boschi. Non siamo il Corriere della Sera, quindi non ci dilungheremo sull’oggetto di questo voto popolare e del perchè SI o perchè NO, non vogliamo assolutamente entrare nella discussione, in primis perchè non vogliamo essere faziosi, e in secondo luogo perché rischieremo di essere quanto mai imprecisi e disinformati. Ma la politica è una parte importante nella società di oggi, permette ancora alla vox populi di esprimersi e di decidere democraticamente i propri rappresentanti o di esercitare la propria volontà. Questo 2016 effettivamente ne è un esempio in tutto e per tutto, se ricordiamo il recente trionfo di Trump alle presidenziali negli States e al Brexit di Giugno. Ci poniamo tre domande: come viene idealizzata la politica nei videogiochi? Che tipo di uso se ne fa? E infine, siamo sicuri che non si potrebbe fare qualche cosa in più? Cerchiamo con ordine di rispondere a queste tre domande.
Ovviamente, se parliamo di politica nei videogiochi, dobbiamo andare a cercare solo quei titoli che mostrano veramente un sistema governativo all’interno del mondo di gioco. In questo caso, c’è un genere che può aiutarci nella nostra disamina: i GDR, specialmente quelli occidentali. Spesso infatti queste produzioni differiscono dai jrpg poiché volendo immergere il giocatore in un ambiente realistico e che abbia una parvenza di società, cercano di offrire un’esperienza che sia alquanto verosimile: ad esempio, se visitate un avamposto o un villaggio molto piccolo, è possibile che la massima autorità possa essere rappresentata da uno sceriffo o da un vicario,mentre in centri urbani più importanti capiterà di imbatterci in veri e propri governanti. Ne sono un esempio le saghe più famose di Bethesda, Fallout e The Elders Scrolls: facendo particolarmente attenzione agl ultimi capitoli di entrambe, ovvero Fallout 4 e Skyrim, noteremo che mentre da una parte abbiamo i sindaci, che governano le loro città circoscritte dalle mura che le circondano, nelle lande nordiche di Tamriel faremo conoscenza con i vari Jarl, veri e propri signori feudatari, che ovviamente hanno il controllo di un vasto appezzamento di terra. Qui la differenza sostanziale la fa l’ambientazione: mentre le rovine di quella che un tempo era la fiorente Boston non offrono altro che desolazione, e quindi la frammentazione delle varie comunità all’interno della regione è tale da restringere la figura della Res publica a davvero poca cosa.
Un discorso diverso va invece fatto per Skyrim, nella quale i già citati Jarl non solo manifestano in maniera tangibile il loro potere, amministrando le proprie città, ovviamente in maniera differente a seconda del contesto, ma hanno contatti con gli altri feudi e in particolare con gli altri governatori, e sono in grado di stringere alleanze o meno. In altre esperienze, invece, ci si deve ricondurre anche al periodo storico in cui la trama di un gioco si colloca: in The Witcher 3 ad esempio, abbiamo due nazioni che sono nel bel mezzo di una guerra, con dei sovrani che sembrano quasi disinteressati al proprio nemico quanto ai loro affari, in quanto se l’imperatore di Nilfgaard, Emhyr, deve fare i conti anche con la scomparsa di sua figlia Ciri, la ragazza attorno al quale ruota tutto il capitolo conclusivo delle avventure di Geralt, dall’altra Radovid si ostina nella segregazione di maghi e streghe, fino ad arrivare ad una vera e propria “caccia all’uomo”. Inoltre Geralt, essendo un Witcher, sa che deve agire sempre super partes, non favorendo l’uno o l’altro schieramento, sebbene spesso si scontrerà con la legge se questa dovesse minacciare una persona a lui cara.
Ma che tipo di “dibattito” promuovono questi titoli appena descritti? Quali problemi sociali incontrano gli abitanti di quelle città e mondi che tanto siamo abituati a visitare? C’è un comune denominatore tra tutti, che avrete sicuramente affrontato nelle vostre partite: la diversità. Che sia razziale, piuttosto che sessuale o addirittura dei concorsi di ideali, spesso nei giochi ci sono criticità che vengono fuori rispetto a tematiche anche non semplicissime. Prendiamo ad esempio la quest di Skyrim in cui si può scegliere se avviare una campagna di conquista nei vari feudi della regione più a nord di Tamriel a favore degli Imperiali o dei Manto della Tempesta: si può infatti procedere in due direzioni opposte, che però, una volta intraprese, escluderanno l’altra modificando permanentemente la situazione delle città.
Sebbene comunque queste siano missioncine che aiutano a spezzare un po’ la routine del gioco, le motivazioni che starebbero dietro ad uno o l’altro schieramento ci aiutano a capire come in realtà, a volte, anche la difesa di valori fondamentali abbiano dei contro altari più subdoli di quanto si possa immaginare. I manto della tempesta infatti, si preoccupano di liberare Skyrim dal controllo dell’Impero, il quale potrebbe essere in combutta con i Talmor. Questo schieramento è però comandato da Ulfric, lo jarl di Windhelm e il più volte chiamato “re dei re” dai suoi seguaci, e che non nutre simpatia verso praticamente nessuna altra razza umanoide, specialmente gli Elfi neri e gli Argoniani, ritenendoli una minaccia per la sua terra. Notate ora come in realtà la “liberazione” di Skyrim assomigli adesso ad una secessione? Nonostante tutto, alla fine dei giochi (e del gioco ovviamente) il risultato in ogni caso è sempre lo stesso: Skyrim può diventare territorio di uno o dell’altra fazione, ma non avrete mai la percezione che sia realmente cambiato qualcosa, aldilà di chi governa, il che è una prospettiva verosimile della realtà in cui viviamo, specialmente qua da noi, dove la delusione verso la politica ha portato la gente a disinteressarsene totalmente; ne è un esempio la poca affluenza alle urne del referendum di aprile. In altre circostanze invece, gli sceneggiatori amano impostare l’autorità politica come qualcuno di ambiguo, di irraggiungibile, di imperscrutabile e, spesso, irrimediabilmente corrotto. Sarà forse legata anche alla generale sfiducia di cui parlavamo prima, ma insomma, tutto sommato, possiamo dire che si cerca sempre di utilizzare canovacci già ampiamente conosciuti quando si cerca di caratterizzare un ministro/politico/monarca.
Arriviamo però al nocciolo della questione, ovvero se va tutto bene così oppure c’è spazio per altro. Probabilmente il medium videoludico è anche un mezzo per evadere dalla quotidianità, noi siamo i primi a dirlo, ma abbiamo appena riportato alcuni esempi di come spesso si debba utilizzare dei punti di riferimento che vadano a collidere con la realtà altrimenti ci si potrebbe smarrire. Quello che forse manca nei giochi che cercano uno spunto di riflessione sulla società moderna attraverso l’immersione in mondi virtuali, è la spinta verso la responsabilità al voto e alla partecipazione alla politica. Non per forza appassionata, ma che possa influenzare positivamente l’utente, in modo da poterlo spingere verso una matura comprensione del suo ruolo all’interno della propria comunità. Ad esempio, sarebbe interessante se le missioni che operano in questo senso abbiano conseguenze retroattive qualora si trascurassero, in modo da poter sperimentare gli effetti che può avere uno scarso interesse: prendiamo lo schieramento Manto della Tempesta e Imperiali, in caso non si volesse scegliere da che parte stare, come potrebbe evolversi la storia?
Magari il risultato potrebbe portare alla distruzione di interi villaggi, o della segregazione di alcune famiglie nobili, o altri avvenimenti che potrebbero incidere permanentemente nel gioco. Potrebbe essere rischioso, soprattutto se pensiamo agli open world attuali, dove si tende a lasciare massimo spazio al giocatore, ma ciò non di meno potrebbe essere interessante anche solo poter toccare con mano le conseguenze delle proprie azioni, specialmente di quelle “mancate” volontariamente.Qualunque azione siate in procinto di svolgere, non vi dimenticate comunque dell’importanza che questo voto oggi ha per tutti noi, indipendentemente dalle idee di ognuno. Perciò, ecco una “missione” redazionale: alzate le terga, prendete la tessera elettorale, recatevi al seggio e fate il vostro dovere di cittadino. Power is yours!