Benvenuti alla seconda puntata della rubrica Indie-pendence day che come promesso vi proporrà ogni settimana un interessante gioco indie.
Questa settimana il gioco prescelto è un gioco che dopo aver avuto un immenso successo per PC è recentemente disponibile per PlayStation 4 attraverso il PlayStation Plus:Don’t Starve.
Iniziamo dalle basi, Don’t Starve è un gioco di avventura basato sulla sopravvivenza. La trama del gioco è estremamente semplice e serve unicamente da contesto per le vicende, Wilson scienziato annoiato viene convinto da un misterioso individuo a costruire un dispositivo sconosciuto che quando attivato lo trasporterà in una landa da incubo dove si ambienterà il gioco, l’avventura di Wilson sarà quella di ritrovare i pezzi del macchinario per poter ritornare a casa, il macchinario non vi riporterà a casa e voi sarete costretti a ripetere questo iter più volte.
Lo scopo del gioco è a conti fatti semplicemente rimanere in vita per il maggior numero di tempo possibile mentre si cercano questi componenti, fin qui nulla di intrigante. Il bello di Don’t Starve però sta appunto nella bizzarria dei personaggi e degli scenari di gioco, un mix di gotico e buffo che ormai negli anni abbiamo imparato ad associare a Tim Burton.
Wilson dovrà quindi ingegnarsi per restare in vita il tempo necessario per poter ricostruire la macchina (si parla anche di mesi in game) e dovrà avere a che fare con tutto ciò di cui un uomo necessità per sopravvivere (cibo, calore,riparo e la protezione dalle creature da incubo) oltre a vedersela con pericoli inusuali quali ad esempio la follia, che farà scendere la sua sanità mentale quando si confronta con situazioni che non riesce a razionalizzare (e che provocherà a lungo andare allucinazioni che arriveranno perfino a potervi fare del male); il buio perché rimanere al buio completo per più di qualche secondo comporterà la morte causata da Charlie (una misteriosa e letale creatura mai vista e che mai vorrete vedere) e l inverno (si perché nel gioco si succederanno le stagioni al procedere dei giorni) che vi impedirà di rimanere a lungo lontano da una sorgente di calore senza morire. In questo contesto Wilson dovrà quindi ingegnarsi per trovare escamotage per superare tutti questi ostacoli, sfruttando la materia prima per realizzare strumenti utili alla sua sopravvivenza (sia di natura mondana, scientifica o addirittura occulta). Ovviamente la vostra morte (sia per ferite che per fame) comporterà un game over definitivo e quindi il ricominciare da capo la partita.
Praticamente giocare a Don’t Starve (o per meglio dire rimanere in vita) significa pianificare la propria sopravvivenza, racimolando risorse durante le ore diurne (di notte a meno di compiti specifici è sconsigliato gironzolare con la torcia) predisponendo uno o più accampamenti (se ci si allontana troppo non è detto di riuscire sempre a tornare in tempo a un accampamento), mettendo da parte delle scorte alimentari (cacciando, piantando o raccogliendo) per l’inverno (in inverno le piante smetteranno di produrre ortaggi) e equipaggiandosi per contrastare i mostri, magari vedendo tutto distrutto o complicato dal maltempo o dalle conseguenze delle proprie azioni (magari bruciando un intero bosco per sbaglio).
Inoltre giocando potrete sbloccare una decina di nuovi personaggi (da utilizzare in successive partite) dotati di peculiari abilità (e una caratterizzazione spinta) che possono cambiare completamente l’approccio al gioco: Willow ad esempio è una tenera piromane, possiederà una piccola lanterna inesauribile che la renderà immune alla morte causata dall’oscurità aprendogli le porte per uno stile di gioco che non teme che cali la notte.
Quindi in sintesi Don’t Starve è un gioco da provare e riprovare (si più e più volte a causa del alto tasso di mortalità), potrebbe risultare difficile agli inizi e la sua difficoltà continuerà ad essere tale, ma è una soddisfazione impressionante veder salire il contatore dei giorni di sopravvivenza. Ulteriori informazioni, screenshot e quant’altro possono essere trovate sulla sua pagina su Steam.