Harrison Ford torna nei panni di uno dei personaggi più iconici del mondo del cinema, immediatamente riconoscibile grazie ai suoi cappello e frusta. Indiana Jones e il Quadrante del Destino è il quinto capitolo di una saga senza tempo che ci porta ancora una volta “a cavallo” tra passato recente e un passato ancora più antico. In questa recensione, rigorosamente senza spoiler, proveremo a dare un senso a questo quinto e interessantissimo capitolo.

L’infinita ricerca di Indiana

Siamo nel 1945 al crepuscolo dei giorni di Hitler, mentre il suo esercito cerca di portare al signore del Terzo Reich dei reperti storici della storia antica, compresa la Lancia di Longino, che si dice sia stata l’arma che ha trafitto il costato di Gesù di Nazareth. Un giovane Indiana Jones assieme al suo amico e archeologo Basil Shaw, sono sulle tracce della Lancia: dopo una rocambolesca azione in campo nazista, Indiana scopre che si tratta di un falso, viceversa però ad essere originale è una parte del leggendario Quadrante di Archimede, che si dice fosse in grado di prevedere il tempo atmosferico, e ovviamente il nostro eroe valuta di tenerselo.

New York, 29 anni più tardi. Il professore Henry Jones è al crepuscolo della sua carriera, in stato di divorzio e senza prospettive, quando durante la sua ultima lezione una giovane donna di nome Helena lo avvicina per proporgli un’ultima, grandiosa avventura alla ricerca della seconda parte del Quadrante di Archimede. Senza andare oltre con la trama, ma avendo offerto un quadro iniziale, possiamo dirvi che nel corso dei 154 minuti di durata Indiana vi accompagnerà in giro per l’America e per il Mediterraneo, con qualche deviazione in Grecia.

Sebbene si poteva essere scettici all’inizio di questa pellicola, possiamo invece confermare che la magia del cinema ha colpito nel segno: il quinto e probabilmente definitivo capitolo della saga è divertente, intrigante e ha quel sapore di alcuni capitoli precedenti come Indiana Jones e il Tempo Maledetto, accarezzando un po’ lo stilema de Il Teschio di Cristallo.

Un’avventura originale

Indiana Jones e il Quadrante del Destino è il primo film della saga non diretto da Steven Spielberg, e perfino l’avventura non è stata scritta da George Lucas, con i due cineasti passano dai rispettivi ruoli a quelo di Produttori Esecutivi. Disney la fa da padrone in questo scenario, avendo comprato la Lucasfilm anni fa, puntando tutto su James Mangold (Logan, Le Mans ’66 – La grande sfida) e coglie nel segno: Mangold ci propone un personaggio alla fine della sua carriera che si sente crollare il mondo addosso, quando nel suo attimo più buio arriva uno spiraglio di luce che lo riporta in pista.

Di fatto Indiana Jones e il Quadrante del Destino potrebbe essere visto come un film a sé stante: sebbene ci siano personaggi storici della saga che fanno piccole apparizioni, non è necessario per il pubblico conoscere a menadito i dettagli del ladro di tombe per eccellenza, tuttavia, se conoscete bene il personaggio, coglierete delle sfumature o battute specifiche.

Ford ci regala il suo Indiana Jones migliore di sempre: agile e scattante nella prima parte del film dove, trovandoci nel passato nel 1945, l’intervento del computer ha permesso di ringiovanire l’attore. Nella seconda parte invece sebbene sia più lento a causa di un’età avanzata, lascia l’azione più sfrenata a Helena Shaw (Phoebe Waller-Bridge), figlia dell’amico di un tempo ormai scomparso Basil Shaw (Toby Jones), mentre egli sopperisce con l’esperienza e la saggezza.

Antagonista e nazista folle della campagna di Indiana è lo scienziato Jurgen Voller (Mads Mikkelsen), scampato all’epurazione nazista, e che sotto mentite spoglie si è rivelato fondamentale per l’allunaggio americano. Voller è un nemico integerrimo e spietato, simile a quelli già comparsi nelle avventure di Indiana Jones, accompagnato da scagnozzi e tirapiedi da fumetto, che però fanno la loro parte in maniera egregia.

Frusta e cappello

Indiana Jones e il Quadrante del Destino è un ottimo action movie con elementi storici e fantasiosi, scritto bene ed altrettanto ben interpretato. Si evince che la struttura narrativa sia pensata per essere sì la conclusione di un personaggio che milita sul grande schermo, e da più di quarant’anni, ma da anche la possibilità al pubblico di nuova generazione di empatizzare con i protagonisti, passando da un Indy più giovane a uno più anziano, che quasi può essere considerato come uno zio attempato che tuttavia non rinuncia all’azione.
Forse, nell’atto finale si è esagerato un po’, ma del resto dopo aver incontrato addirittura una civiltà aliena nel precedente capitolo, intitolato Indiana Jones e il Teschio di Cristallo, qui non ci si sente di essere andati troppo oltre, e in sostanza possiamo tranquillamente chiudere un occhio.
Ben più grave è il buco di trama riservato ad un personaggio in particolare, ovvero l’Agente Mason (Shaunette Renée Wilson) che, sebbene interpreti un membro della CIA, sembra essere ignara delle origini di Jurgen Voller, e che inizialmente sembrava dovesse avere un ruolo più centrale, mentre sparisce dalla scena con una rapidità disarmante.
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Indiana Jones e il Quadrante del Destino

7

Indiana Jones e il Quadrante del Destino è il quinto e definitivo capitolo di una saga lunga più di quarant'anni. James Mangold si prende onere e onore di portare sul grande schermo un'avventura originale, fresca e capace di accontentare tutti, partendo dal fan più accanito, passando per chi vuole solo divertirsi al cinema, forgiando quelle che saranno le nuove schiere di super-appassionati. Harrison Ford ci regala il miglior Indiana Jones di sempre in un capitolo da non perdere.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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