Chi non ha mai sognato di essere un supereroe? Sicuramente Syd non si aspettava, da un giorno all’altro, di far cose fuori dal comune. Proprio di questo parla Charles Forsman nel fumetto I Am Not Ok with This, che verrà raccontato da Jonathan Entwistle nell’omonima serie, un prodotto da guardare tutto d’un fiato e con un finale inaspettato. La nuovissima serie targata Netflix disponibile da qualche giorno sulla piattaforma streaming, ci parla della vita di Sydney, “diciassettenne bianca e noiosa” (come lei stessa si definisce) alle prese con i drammi dell’adolescenza e con dei curiosi super poteri dei quali neanche lei era a conoscenza. Una serie breve – 7 puntate da venti minuti – poco impegnativa e che si fa guardare molto facilmente, ma con alcuni elementi che fanno un po’ storcere il naso.
Adolescenza e super poteri… Pessima accoppiata
Fin dalla prima puntata Syd (interpretata in modo perfetto da Sophia Lillis) ci racconta la sua storia attraverso un diario personale che la sua professoressa le ha dato per cercare di migliorare il suo umore. Ci spiega subito, infatti, che dalla morte di suo padre, non riesce a controllarsi, dando continuamente “di matto”.
È proprio durante questa puntata che Sydney scopre di avere dei poteri che però fatica a controllare. Allo stesso tempo la serie non manca di presentarci il resto dei comprimari: come Dina, migliore amica da sempre e anche lei alle prese con il suo primo amore, e Stanley, vicino di casa che si avvicinerà sempre di più alla nostra protagonista. Importante anche il ruolo della sua famiglia, composta dalla madre, assente e con la quale ha un pessimo rapporto, e dal fratellino Liam. Tutta la serie ci trasporterà, tra una disavventura e l’altra, nel mondo di una ragazza che cerca di nascondere un segreto troppo potente per lei.
Un periodo poco definito
Fin dal primo minuto possiamo notare un particolare che probabilmente destabilizzerà i più attenti: la cittadina nella quale si svolgono tutti gli eventi sembra bloccata agli anni ottanta, ma con tecnologie di ultima generazione. Vestiti, scenografie e ambientazioni fanno sì che lo spettatore possa perfino dimenticarsi in quali anni ci troviamo realmente.
Probabilmente una scelta del regista (in questo caso azzeccata) che vuole mostrarci come, agli occhi degli adolescenti, una piccola cittadina della Pennsylvania possa essere considerata antica e retrograda. Stessa decisione aveva preso anche per The End Of The F***ing World, altro titolo Netflix del 2018. È possibile infatti trovare molte similitudini tra le due serie, che ci porteranno ad amare o odiare completamente lo stile del regista.
Solo un’anteprima
Una delle missioni più riuscite della serie, è quella di averci fatto concentrare maggiormente durante tutte le puntate, sul lato emotivo della protagonista (come se la sua “super particolarità” fosse solo un dettaglio insignificante). I personaggi sono ben caratterizzati, ed ognuno di loro ha un ruolo ben definito nella serie. Vediamo Wyatt Oleff (che i fan del fantasy possono aver notato qualche anno fa per delle apparizioni nella serie “Once upon a time” e in “Guardiani della galassia”) totalmente a suo agio nei panni di Stanley, un ragazzo sicuramente fuori dal comune, ma perfetto come braccio destro. Al contrario, Sofia Bryant (Dina), interpreta una parte piuttosto banale e scontata, che tuttavia nell’insieme si adatta bene allo stile del telefilm. Alla fine degli episodi, con un finale come quello di “I’m Not Ok With This” ci rendiamo conto che la storia è ancora tutta da scrivere: una volta terminata la serie impossibile non rendersi conto che, probabilmente, ci troviamo davanti ad una stagione di “presentazione”.