Sembra lontano quel 2019 in cui si aspettava l’inverno. Il lungo inverno annunciato fin dalla prima stagione del Trono di Spade, che si è finalmente palesato, portando l’umanità verso la grande lotta contro gli estranei ed insieme, il tanto atteso (ma altrettanto malamente criticato) finale di serie, che sotto sotto non aveva convinto neanche George R. R. Martin, il creatore dei romanzi da cui si è ispirata. Sono passati tre anni abbondanti e l’universo del gioco dei troni ora si espande con una nuova serie spin-off, The House of the Dragon, prodotta da HBO e trasmessa in Italia da Sky Atlantic ogni lunedì sera, in contemporanea con gli Stati Uniti, che oggi iniziamo a conoscere con la recensione del primo episodio.
Il finale che aveva visto l’elezione del nuovo e per la prima volta nella storia di Westeros, legittimato dal voto Re dei Sei Regni (il Settimo, quello del Nord, ha proclamato la sua indipendenza), era stato preceduto dal tentativo di conquista di Approdo del Re da parte di Daenerys Targaryen, che come suo padre, il Re Folle che con la sua morte aveva dato inizio a tutta la serie, è finita per impazzire. Ma cosa è successo prima di tutto questo? Come hanno fatto i Sette Regni a vivere in pace ed armonia per ben trecento anni? House of The Dragon ci viene in soccorso e ci inizia a spiegare una parte inesplorata della linea temporale creata da Martin, che analizzeremo brevemente in questa recensione.
172 anni prima del Trono di Spade
172 anni prima della morte del Re Folle; 172 anni prima che abbiamo conosciuto Daenerys e tutti gli innumerevoli personaggi del Trono di Spade, il Re dei Sette Regni è Jaehaerys I Targaryen. Egli, prima di morire, tramite il suo Consiglio sceglie il nipote Viserys come suo erede al Trono, mentre contestualmente viene messa da parte la Principessa Rhaenyra. Anni dopo, è proprio Viserys I Targaryen a governare, ma come vediamo in questo episodio, si trova in una situazione simile a quella del nonno, non avendo eredi maschi che secondo la legge di Westeros avrebbero dovuto ereditare il Trono alla sua morte. Viserys vuole che la sua erede fosse proprio sua figlia Rhaenyra, ma come il Trono di Spade ci ha insegnato: niente può essere così facile a Westeros. Il Trono verrebbe quindi ereditato per la prima volta da una donna, ma chi si oppone a questo, in primis, è Daemon Targaryen, fratello minore di Viserys e quindi zio di Rhaenyra stessa.
Possono stare tranquilli i fan scettici perché delusi dal finale della serie madre: la scrittura di questa vicenda da parte di Martin è già terminata. Inoltre, i vecchi showrunner sono stati sostituiti ed ora la direzione spetta a Ryan Condal e Miguel Sapochnik. Il clima che si respira in questo primo episodio è però molto familiare. Ricorda molto gli albori del Trono di Spade, quando la scena era retta solo ed esclusivamente dai personaggi e dai loro dialoghi e solamente contornata di scene di azione che si sono fatte sempre più presenti e prepotenti nel corso delle stagioni. In House of the Dragon sembra che i nuovi personaggi abbiano molto spazio e che possano esprimere sé stessi con molta libertà, forse maggiore che nella serie madre, che aveva l’onere di dover trattare le vicende di un’infinità di personaggi contemporaneamente.
Un esordio convincente per i Targaryen
I Targaryen sembrano gli unici protagonisti di questa nuova serie, mentre personaggi appartenenti ad altre casate sono per il momento solamente accennati (ci auguriamo che abbiano più spazio in seguito). È emozionante rivedere Approdo del Re in salute, che ci aveva accompagnati per ben 73 episodi negli scorsi anni. I collegamenti con la serie madre, oltre che grazie ai posti, si trovano naturalmente nel nome degli antenati dei personaggi che abbiamo conosciuto, ma potrà essere davvero interessante seguire la storia della Casata che in seguito arriverà ad estinzione (dal Trono di Spade sappiamo che l’unico rimasto sarà Jon Snow), magari fino all’ascesa del Re Folle o alla sua morte per mano di Jamie Lannister.
L’aspetto di questo primo episodio è convincente, così come la recitazione, la messa in scena, la mitica musica di ramin Djuavadi, che aiuta a tenerci saldi alla serie madre. Ci prendiamo un po’ di tempo per giudicare i nuovi personaggi e gli intrighi che si stanno sicuramente costruendo (anche se qualcosa sembrerebbe un po’ prevedibile) e non resta quindi che dare un nuovo appuntamento la settimana prossima con una nuova recensione di House of Dragon.