Gran Turismo il film – Recensione di una falsa partenza

Gran Turismo: La storia di un sogno impossibile è un film che tenta di fare tutto, purtroppo con scarso successo, ecco la nostra recensione.

Tiziano Sbrozzi
Di Tiziano Sbrozzi - Senior Editor Recensioni Lettura da 6 minuti
5
Gran Turismo: La storia di un sogno impossibile

Si parla di sogni, e in fondo quando un qualsiasi bambino (o adulto) accende la sua PlayStation, evade dalla realtà immergendosi anima e corpo in un mondo incantato fatto di pixel e divertimento. Gran Turismo: La storia di un sogno impossibile di Neill Blomkamp tenta di raccontare al pubblico una storia vera, fatta di sogni che si scontrano con la realtà. Sfortunatamente, la sua è stata una falsa partenza sin dal primo semaforo, e vi spieghiamo perché in questa recensione.

Iniziare dalla sala giochi

Jann Mardenborough (Archie Madekwe) è un ragazzo inglese che sogna di diventare un pilota di auto sportive: sfortunatamente non è nato ricco e, come sappiamo, il motorsport costa tantissimo e non è alla portata di tutti, non solo fisicamente, quanto piuttosto economicamente. Jann lavora e si paga da solo gli “sfizi” come un volante per il simulatore di guida che ha in casa, visto che in sala giochi ha sconfitto praticamente qualsiasi avversario nelle corse virtuali a Gran Turismo, il simulatore di guida targato Sony.

Il padre di Jann, Steve (Djimon Gaston Hounsou), è preoccupato che il figlio “faccia la sua fine”, ovvero che finisca a lavorare in un settore che non gli piace e che lo mette a dura prova. Come ogni genitore, vorrebbe vederlo attivo nello studio e sistemato con un lavoro importante. Tra i due c’è sempre una sfida non conclamata, ma di sicuro non manca l’amore. Tutto cambia quando Jann viene selezionato per la GT Academy, una sorta di scuola-torneo che prevede l’arrivo di una sola persona dalle piste virtuali dei SimRacing a quelle reali con auto vere e piloti veri.

Come immaginerete, Jann vincerà quella sfida, ma sarà da quel momento che inizieranno i “veri” problemi. Senza andare oltre nei dettagli della trama (che obbiettivamente è basata su una storia vera), sappiate che una delle controfigure dell’attore Archie Madakwe è il vero Jann Mardenborough che si è prestato sul set del film per interpretare le scene di guida.

 

Sedersi dietro a un volante

Gran Turismo: La storia di un sogno impossibile è un film che tenta di fare tutto e, sfortunatamente, non riesce in niente. Da un lato il regista tenta di accontentare gli appassionati del marchio, inserendo nel film elementi tipici del gioco da cui prende il nome, come ad esempio la forma dei numeri nella posizione di gara o la tipologia di selezione dei freni; dall’altro lato invece cerca di accontentare chi vuole vivere le corse, ma con scarso successo, visto che in molte occasioni ad esempiovediamo l’attore festeggiare per un sorpasso addirittura staccando le mani dal volante (mentre l’auto sfreccia a 270km/h).

Infine c’è il tentativo di accontentare chi vuole godersi una storia vera che abbia un corpo e un’anima, ma il risultato è a dir poco pessimo: nel corso delle due ore e un quarto che il film vi farà vivere, Jann sembra perdere “i pezzi” della sua vita. Di punto in bianco ad esempio non ha più un rapporto con il fratello, mentre all’inizio della pellicola i due sembravano affiatatissimi, oppure i genitori di che non lo chiamano mai in oltre un anno di lavoro presso l’Academy e il successivo contratto con la Nissan Motorsport.

Come se ciò non bastasse, sappiate che il film ha dei tagli letteralmente senza senso: ci sono scene in cui mentre si parla di un argomento, vediamo i nostri protagonisti seduti ad un tavolo e mentre il discorso prosegue, beh semplicemente si “teletrasportano” davanti al bancone del bar, contunuando a parlare come nulla fosse. La sensazione generale che il film trasmette è quella di avere di fronte una quantità industriale di bellissime clip di YouTube messe in sequenza l’una accanto all’altra per farle sembrare un film.

Rientro ai box

Gran Turismo: La storia di un sogno impossibile è un film senz’anima che tenta di tutto per piacere ma che risulta essere mediocre e poco ben strutturato. Alla fine della pellicola sembra come se effettivamente la produzione avesse molto più materiale, ma che abbia dovuto “pressare” tutto in due ore e un quarto, questo favorendo tagli insensati e scene che non si spiegano.

Indubbiamente il film sa di occasione sprecata, perché sebbene i loghi, le auto e i motori siano al posto giusto, non riesce minimamente a trasmettere la sensazione di una gara o di una sfida motoristica, come invece riuscivano a fare in passato film come Fast & Furious (nelle prime tre incarnazioni) o film più appssionati e premiati come Rush di Ron Howard oppure il più vicino a noi Le Mans ’66 – La Grande Sfida di James Mangold.

Certo in qualcosa il film riesce, e questa è la fotografia di certe scene, alcune strappate letteralmente al videogioco, mentre in altre occasioni a vincere e a fare davvero la differenza è la colonna sonora che non risulta mai banale. Resta il rammarico di fondo per aver vissuto un film su tre strade diverse di cui nessuna delle tre arriva a compimento.

Gran Turismo: La storia di un sogno impossibile
5
Voto 5
Condividi l'articolo
Senior Editor
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.