Glass Onion (Knives Out) arriva dopo un’effervescente primo capitolo, sempre dallo stesso regista Rian Johnson, con un cast non inferiore al primo episodio: quindi dove sta lo sbaglio? Perché questa recensione già dal titolo suggerisce che “Non ci sono più i misteri di una volta?”. Ebbene questo è un altro mistero che scoprirete a breve leggendo la recensione di Glass Onion di seguito, ma tranquillizzatevi, sarà tutto senza spoiler di sorta.
Un week-end con delitto
Diversi personaggi di differente estrazione lavorativa, tra cui un’ex modella, uno streamer macho, e uno scienziato aereospaziale, vengono invitati da un riccone loro amico ad un week end sulla sua isola privata in Grecia. Obbiettivo del florido americano è quello di mettere in condizione tutti i suoi ospiti di risolvere mediante degli enigmi un finto assassinio, in una sorta di gioco preconfezionato nel quale il padrone di casa viene ucciso (fintamente) e loro devono decifrare gli indizi per scoprire l’assassino (ovviamente nemmeno l’assassino sa di esserlo, visto che è parte del gioco).
In buona sostanza siamo di fronte ad un’immensa partita di Cluedo, il famoso gioco da tavolo investigativo, nello scenario greco di un’isola privata sulla quale c’è questa villa immensa sovrastata da una gigantesca Cipolla di Vetro (da qui la Glass Onion del titolo). Fantasie per ricchi. Il tutto sarebbe andato “per il verso giusto”, non fosse che il “miglior detective del mondo” ovvero Benoit Blanc è stato misteriosamente invitato a questa reunion di amici di vecchia data e malgrado la sua presenza (del resto è una star di fama internazionale nel suo campo ed ai ricchi, queste cose piacciono) il mecenate del week-end lascia che il detective prenda parte al suo gioco. Il tutto si complica quando un personaggio muore davvero, e starà al nostro detective capire chi sia il colpevole in questa cerchia di amici non troppo sinceri tra loro.
Banalmente già visto
Tecnicamente Glass Onion – Knives Out è ben girato con idee e inquadrature non sempre comuni, sebbene qua e là qualcosa si nascondano tecniche sdoganate, come chiamate telefoniche con schermo diviso in più parti o telecamere che distorcono l’immagine quando incontrano un’elemento di vetro (e ce ne sono molti in questo film). Il cast è grande, con nomi giovani e vecchie glorie del mondo del cinema, ci sono infatti (con i rispettivi personaggi interpretati):
- Daniel Craig: Benoit Blanc
- Edward Norton: Miles Bron
- Janelle Monáe: Cassandra Brand
- Kathryn Hahn: Claire Debella
- Leslie Odom Jr.: Lionel Toussaint
- Jessica Henwick: Peg
- Madelyn Cline: Whiskey
- Kate Hudson: Birdie Jay
- Dave Bautista: Duke Cody
Prova d’attore decisamente superata per Dave Bautista che dipinge un personaggio, lo streamer anticonformista, davvero realistico (forse uno dei pochi in tutto il film) mentre per il resto dei personaggi, la credibilità viene meno già dalle prime battute, non tanto per gli attori che fanno del loro meglio, ma per la scrittura stessa dei loro alter ego. A tenere banco ci sarà Daniel Craig che con il suo ben conosciuto detective Benoit Blanc questa volta risulterà essere più esagerato, una macchietta che cita perfino Sherlock Holmes quando “non ha casi grossi” tra le mani, e di conseguenza la sua mente, tanto geniale, rischia di annoiarsi. Il tentativo di dare spessore al personaggio strano e fuori dagli schemi conosciuto nel primo film, è abbastanza fallito: non che Craig reciti male (ci mancherebbe) ma è proprio il modo in cui si sia tentato di dare prima un taglio scherzoso, poi serio, al personaggio, cosa che non rende.
Banalissimo poi il contesto, per non parlare del finale, che (senza spoiler) si regge su un “servono le prove”, con poi di punto in bianco una presa di coscienza generale che sposta tutto su accuse di fatto infondate e senza peso, proprio per la mancanza di tali prove che in tribunale verranno richieste. Il finale ricalca il film precedente: una “vendetta” che rimette a posto le cose, dipingendo un mondo da fumetto, lontano dal realismo che il film tenta di dare a sé stesso. Una contraddizione continua.
Una cipolla senza strati
Sulle teste dei protagonisti, come già detto, si trova questa enorme Cipolla di Vetro che fa da cupola a tutta la magione che sovrasta l’isola come una montagna artificiale. Sebbene la cipolla abbia diversi strati ed il protagonista principale, Blanc, non smetta di sottolinearlo durante il film, qui siamo di fronte ad una cipolla che essendo di vetro rivela il suo cuore fin da subito: palese e scontato, così come trama e svolgimento, in un giallo che non fa quasi nulla per tenerci incollati allo schermo, eccetto forse che ormai abbiamo pagato il biglietto e tanto vale vedere come va a finire (ed esclamare “avevo ragione”, con una punta di delusione).
La partenza della pellicola era anche intrigante, con piccoli misteri che il gruppo si impegna a risolvere nel corso dei primi, brevi attimi del film, e ci si poteva lavorare sopra meglio. Con quel tocco di mistero in più, il film forse avrebbe sorpreso… ed invece nulla. Un’occasione sprecata, con la pellicola che poteva certamente dare di più, visto il cast stellare che aveva.