Se siete rimasti in ascolto negli ultimi due giorni, saprete che Takeyasu Sawaki, il direttore di El Shaddai: Ascension of the Metatron, ha dichiarato che nel corso delle prossime due settimane annuncerà un suo nuovo progetto. E’ proprio per questo che con il nostro nuovo numero di GameScope andremo a parlare del suo precedente lavoro, uscito nel 2011 per le console della scorsa e decisamente gradita scorsa generazione (PlayStation 3 ed Xbox 360). Quando arrivò, El Shaddai fu da subito etichettato come un titolo controverso e decisamente lontano dagli schemi soliti che potrebbe rispecchiare un titolo del suo genere. Stiamo parlando di un action di stampo nipponico, ma che grazie alle sue tematiche, al suo comparto grafico decisamente insolito, e alle scelte di gameplay, si è plasmato sotto uno stile unico ed inconfondibile.
Di certo l’unicità spesso non è vista solo come una cosa positiva, e di conseguenza nella critica e nell’utenza (molto ridotta rispetto ad altri titoli AAA) si è creata una spaccatura verticale, a dividerne gli elogiatori e coloro che lo disdegnavano. Le motivazioni saranno chiare tra poco, e senza bisogno di spiegazioni precise. Il gioco narra una versione delle vicende bibliche del vecchio testamento basata su alcuni testi apocrifi (testi che nonostante siano facenti parte della tradizione, sono stati bollati dalla Chiesa come non canonici e quindi ignorati come se non esistessero). Nella versione del gioco Enoch nonno di Noè (che nei testi sacri viene fatto ascendere al cielo per i suoi meriti) viene incaricato da Dio attraverso il suo portavoce di riportare all’ovile alcuni angeli caduti poiché alcune loro azioni potrebbero indirettamente provocare grande devastazione attraverso la loro prole, la missione di Enoch servirà come tentativo soft prima di passare alle maniere dure e scatenare il diluvio universale sul mondo. Enoch nel suo viaggio sarà accompagnato (spiritualmente) dai quattro arcangeli e avrà in Lucifero il corrispondente diretto con il paradiso e con Dio.
Come potete notare la trama è intrigante ma contorta, cosa che ha portato alcuni a bocciare il gioco a causa della sua storyline molto difficile da comprendere e con una traduzione italiano non proprio eccellente. L’impatto visivo del gioco è altresì meraviglioso per ambienti spesso onirici e ricchi di colore, ma che indubbiamente causa l’abbondante uso del cel shading hanno portato il gioco ad essere marchiato a vita: in molti hanno definito il comparto grafico un’opera orribile, ma che può essere (e dovrebbe essere) visto nell’ottica di rappresentare scenari surreali che non possono e non dovrebbero essere confusi con un mondo realistico.
Il gameplay del titolo si mostra come un action abbastanza classico, ma con grandi particolarità legate all’utilizzo delle armi che troveremo. Parlando di scelte stilistiche ben riuscite, non esiste nessuna interfaccia di gioco, e la salute di Enoch è rappresentata unicamente dalle parti dell’armatura divina che indossa. Ovviamente di sovrannaturale resistenza, per reggere sotto i colpi di esseri molto superiori all’umanità. Il combattimento si svolge sfruttando le già citate armi divine del paradiso contro i loro ex possessori: Enoch sarà infatti in grado di sottrargliele e utilizzarle come proprie. Questo significa che sia Enoch, sia i nemici, utilizzano lo stesso set di armi e che quindi si impara ben presto ad utilizzarle in base al contesto dello scontro con discreta abilità. Per concludere, El Shaddai: Ascension of Metatron è un titolo si inusuale ma che può riservare colpi di scena e una trama non convenzionale capace di rapirvi, e vi consigliamo a tutti i costi di recuperarlo qualora lo aveste lasciato per strada…