Tutti ricorderanno la leggendaria scena d’introduzione di Final Fantasy 8. Schermo nero e Liberi Fatali di Uematsu che inonda lo spazio sonoro fuso con lo scrosciare dell’acqua sulla riva di una spiaggia indefinita. Il mare in primo piano, questa azzurrissima distesa liquida quasi tangibile che si staglia all’orizzonte, le frasi nell’aria che rimandano a un destino all’inizio sconosciuto. Immagini sparse lungo questa distesa di acqua e sabbia. Una donna. Sorride. Si trova in piedi in attesa di qualcuno, sarà connessa alle frasi di prima, a queste frasi fuggevoli e inafferrabili? Attende qualcuno in un prato, è circondata da questi fiori coloratissimi che rilasciano spore piume, petali accesi in un movimento di macchina rapidissimo, quasi una corsa. C’è anche un’altra figura femminile, questa è diversa, sembra più spietata e ancora più irraggiungibile della prima.
Tutto culmina in uno scontro all’arma bianca in cui due giovani stanno impegnando tutte le proprie forze. Anche l’ambientazione cambia di colpo, sviluppandosi in un panorama più spoglio e monocromatico, tendenzialmente governato da rocce di colore nero. Gli unici elementi di spessore sono questi due giovani. C’è silenzio intorno loro, strappato di tanto in tanto dal suono delle loro due lame che si scontrano con violenza. Poi succede qualcosa d’inaspettato, e in un momento di estrema arroganza uno dei due ferisce l’altro sul volto. Il suo sangue cola sulle rocce, il rosso vivo che s’incontra con la pietra color ebano. La rabbia stravolge lo scontro. Piume bianche e tutto nero. Un climax perfetto che si accompagna al crescendo sonoro della suddetta ost.
Già nella sua introduzione Final Fantasy 8 getta le basi di una narrazione abbastanza destabilizzante e inafferrabile nel suo incedere, mettendo in scena un insieme di situazioni in cui quattro personaggi nello specifico mostrano nell’immediato la loro stessa identità ai giocatori. Si muovono senza parlare ma esprimono perfettamente la loro stessa anima attraverso i gesti e le espressioni di questi primissimi minuti. Ricordiamoci che stiamo parlando di un videogioco uscito nel 1999 sulla prima PlayStation, di un lavoro che ha avuto l’arduo compito di portare avanti una serie che prima di esso aveva tirato fuori un titolo come Final Fantasy VII. L’eredità di continuità era dunque pesantissima, dato l’impatto che questo capitolo precedente aveva avuto e continua ad avere sulla storia stessa dei videogiochi. Sicuramente tutto ciò ha influito sullo sviluppo di questo ottavo capitolo della serie, all’epoca targata Squaresoft, conducendo alla sua attuale identità, alla sua attuale struttura che, nel bene e nel male, ha saputo ammaliare le masse e i fan.
Percezione nostrana
Final Fantasy 8 è uno dei capitoli maggiormente apprezzati in terra nostrana. Perché questa cosa? Semplice, all’epoca fu il primo Final Fantasy ad essere tradotto in lingua italiana, arrivando ad essere per moltissimi il primo vero approccio con questa stessa serie di videogiochi. Questa particolare dinamica ha un’importanza molto particolare, soprattutto se si è fan della serie, dato che “il primo capitolo non si dimentica mai”, segnando una lettura anche molto soggettiva ed emotiva del tutto. É importante inoltre ricordare che, all’epoca, come videogioco attinse parecchio dal suo capitolo precedente per cercare di migliorare le proprie possibilità espressive e strutturali (si parla ovviamente della grafica tridimensionale e degli sfondi pre-renderizzati). Facendo tesoro del passato, la produzione sorprese per le sue particolari scelte di stile, tra personaggi sempre in scala, anche nell’open world, e la scelta di una ost precisa e rappresentativa non soltanto del gioco stesso, ma di due personaggi nello specifico (Rinoa e Squall). In questo modo Eyes on Me, la ost in questione, ha travalicato i limiti della dimensione videoludica divenendo un vero e proprio simbolo dell’amore di questi due personaggi.
Certamente non si tratta per nulla di un capitolo ineccepibile in ogni sua forma. Come ogni altro Final Fantasy (o come qualsiasi videogioco in generale), anche questo presenta delle problematiche che in più frangenti hanno condotto alle critiche più disparate. Diciamo che nel suo sperimentalismo, come leggerete anche di seguito nell’articolo, Final Fantasy 8 si è sì distinto dal passato, ma lo ha fatto in un modo finanche troppo macchinoso in certi frangenti. Il tutto si è sviluppato in un’opera che ha raggiunto facilmente il successo mondiale e l’apprezzamento dei fan, restando quindi ancorato alla memoria di chi conosce il medium, anche se non sempre in modo del tutto positivo. Ricordiamoci comunque di portare rispetto per un titolo che è stato considerato, nel 2006, il “22esimo miglior videogioco di sempre” dalla rivista Famitsu, con un successo commerciale pressoché immediato. I suoi ricavi, infatti, sono stati di circa 50 milioni di dollari già a 13 settimane dalla sua uscita. Tutto ciò, ovviamente, non lo esclude da qualsivoglia critica.
Final Fantasy 8 è stato un gioco innovativo?
Ma Final Fantasy 8 è davvero un gioco innovativo? Questa è la domanda alla base di questo pezzo. Il ragionamento seguente si è originato partendo da un articolo preciso, da una dichiarazione che Yoshinori Kitase stesso rilasciò sulle pagine del PlayStation Blog l’ottobre scorso, precisamente il 29. In occasione dell’uscita dell’edizione remaster del titolo sul PlayStation Now, il director del capitolo originale si è lasciato trasportare dalla nostalgia, raccontando dello sviluppo del gioco e di quello che ha rappresentato secondo lui. Partendo da ciò, l’uomo si è poi spostato verso una visione specifica, secondo la quale la gestazione di Final Fantasy 8 avrebbe condotto la serie in una direzione più “audace”, condizionando i titoli successivi.
Per confermare tutto ciò, nel corso del suo ragionamento Kitase riporta alcuni esempi che andremo ad analizzare e ad affrontare insieme anche qui passo passo. Il director apre le danze parlando delle scene in CG e del modo in cui sono state trattate nel titolo. L’obiettivo, anche prima con il settimo capitolo, è sempre stato quello di riuscire a costruire una sorta di continuità, di fusione tra le cutscene e le scene del gioco, così da implementare il tutto insieme. Questo genere di approccio venne sperimentato innanzitutto con il capitolo precedente, per poi essere perfezionato nell’ottavo episodio. Certamente le proporzioni e la realizzazione in-game dei personaggi di Final Fantasy 8 è stata migliore, complice anche una maggiore esperienza in ambito ed attenzione estetica.
Come sottolinea Kitase stesso, però, tutto ciò non è nato con questo capitolo, visto che il team ritrovatosi a lavorare alle scene in CG era già stato creato nel corso della produzione di Final Fantasy 7. La struttura utilizzata in precedenza è stata quindi presa e perfezionata con il capitolo del 1999. Nulla di innovativo all’orizzonte, semplicemente un passo in avanti nelle potenzialità di una sperimentazione che è nata precedentemente, non con Final Fantasy 8. Questo capitolo ne ha semplicemente incrementato le possibilità.
Il secondo esempio che porta è legato alle magie, al sistema di Junction e al denaro. Come tutti ben sanno ogni Final Fantasy si caratterizza per la presenza di un sistema di crescita per i vari personaggi, sempre differente ed unico. Si tratta di uno dei tratti distintivi ed immortali della serie stessa, e in tal senso Final Fantasy 8 non è diverso. Semplicemente, coloro che ci hanno lavorato hanno ampliato il ragionamento legando il sistema di crescita e di ruolo alle magie stesse, rielaborando quindi il concetto di magie. Il tutto si riassume nelle cosiddette Junction, tanto amate e al tempo stesso tanto odiate dai fan.
Il sistema di Junction è qualcosa di estremamente macchinoso che vede fondersi insieme sia il ruolo delle magie che il ruolo stesso di ogni singolo personaggio. In questo ottavo capitolo le magie sono oggetti assimilabili da ogni nemico. Ognuna di queste può essere sia utilizzata in battaglia, lanciata da chiunque, sia essere associata ad una delle statistiche del giocatore. Il Junction quindi fonde al suo interno sia le magie (oggetti), sia le Guardian Force (gli esseri evocativi in supporto ai vari giocatori), sia le statistiche dei vari personaggi. Praticamente ogni personaggio si sviluppa partendo dallo sviluppo stesso delle Guardian Force, e ognuna di queste può apprendere determinate “abilità” associabili al personaggio cui vengono associate. In aggiunta a tutto ciò troviamo le magie, le quali vanno incastonate in tutto questo ed utilizzate a seconda del ruolo che si sta costruendo.
Complicato vero? Moltissimi hanno lanciato urla di terrore anche in seguito agli iniziali “spiegoni” che il gioco offre all’utente. Certamente con un minimo impegno tutto risulta facilmente assimilabile e sfruttabile in toto. Una volta appresi i rudimenti, in realtà, il sistema delle Junction si trasforma in una vera e propria “arma di distruzione di massa” che fin dal primo cd, in mani esperte, rompe ogni cosa per l’ampiezza delle sue possibilità e la libertà di approccio. Il punto è: si tratta di qualcosa d’innovativo? Sicuramente no.
Parlando del denaro, essendo che in Final Fantasy 8 il militarismo è centrale a livello narrativo, anche l’approccio al guadagno personale è stato rielaborato di conseguenza. Essendo Squall un SeeD, questi non otterrà denaro dai singoli scontri lungo la strada, ma da uno stipendio fisso che varierà in base al proprio grado militare in-game. Questo grado militare viene influenzato dalle varie scelte che si attueranno anche in fase di combattimento, e può variare continuamente, innescando uno dei pochi elementi di questo titolo mai visti prima. Divertente quindi e coerente con tutto il resto.
Successivamente Kitase parla della storia d’amore fra Rinoa e Squall, dicendo che la centralità narrativa della loro storia d’amore era qualcosa di nuovo per la serie di Final Fantasy. Sicuramente il loro amore e il modo in cui viene affrontato all’interno del gioco resta qualcosa di memorabile, soprattutto quando si parla dei loro dialoghi, della crescita personale che vivono entrambi reciprocamente, della scena nello spazio e di Eyes on Me. Chi conosce bene questa serie di videogiochi, però, sa benissimo che storie d’amore anche più sofferte e mature avevano solcato le strade dei Final Fantasy. Basti pensare alle vicende che legano Celes e Locke in Final Fantasy 6. Alcune delle loro scene insieme sono leggendarie (come quella dell’opera, o quella in cui Celes trova la bandana di lui durante un tentativo di suicidio). L’unica differenza è il “modo” in cui una storia d’amore come questa è stata trattata, differentemente da quella di Squall e Rinoa. In Final Fantasy 8 la loro storia d’amore è così centrale da comparire anche in copertina, quasi ad anticipare una delle tematiche più importanti del gioco. Nel sesto episodio non ha la stessa centralità, ma un impatto altrettanto forte e maturo.
Una delle ultime cose di cui parla il director nel pezzo è il Gunblade, congegnata e costruita da Nomura. Come sottolinea anche lui stesso, si tratta di un’idea derivativa dall’eredità che aveva lasciato nel pubblico la Buster Sword di Cloud. Il peso di tutto ciò condusse alla gestazione di un’arma altrettanto iconica nella serie, con qualche piccolezza in più. L’idea del designer, infatti, non si limitava semplicemente all’estetica dell’arma in sé, ma anche alle sue caratteristiche estetico-offensive. Da qui l’idea del “tasto azione” da premere durante l’attacco. Certamente anche in questo caso si tratta di qualcosa di nuovo, ma comunque di derivativo dal passato, non rpropriamente innovativo quindi.
Quindi?
Ritornando alla domanda che ci siamo posti prima e da cui tutto si è originato, definire Final Fantasy 8 come un titolo innovativo è piuttosto rischioso, e potrebbe fin troppo elevarne un valore che sì esiste, ma non ad un livello del genere. Senza dubbio si tratta di un Final Fantasy “diverso” e sperimentale per moltissime cose, sia a livello strutturale che narrativo. Ma la diversità non è necessariamente sinonimo di innovazione o rivoluzione, anche perché molto di quello che è stato costruito con questo titolo è di natura “derivativa”. Come sottolinea Kitase stesso nel pezzo, la pressione nei confronti di quello che Final Fantasy 7 aveva rappresentato e rappresenta, condusse il team di sviluppo del capitolo successivo verso tutto quello che attualmente conosciamo.
E’ stata dunque la fama mondiale del settimo capitolo ad ispirare la voglia di “trasformazione” presente nell’ottavo, condizionandolo inevitabilmente attraverso una fama ben più grande e immortale. La domanda che dovremmo porci quindi è: Final Fantasy 8 sarebbe stato lo stesso gioco se non fosse esistito il sette? Se il sette non avesse segnato la storia stessa dei videogiochi? Se il sette non avesse innovato la serie? Se il sette non avesse avuto lo stesso immane successo? Se il sette non avesse sperimentato distaccandosi dal classicismo alla base di tutti i capitoli a lui precedenti? La risposta è no.