Dragon Age: The Veilguard Recensione, il ritorno di una grande saga BioWare

The Veilguard è un’avventura epica che prova a rilanciare la saga di Dragon Age, tra combattimenti action, compagni memorabili e momenti di puro stupore fantasy. Ecco la recensione!

Simone Lelli
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Simone Lelli
Editor in Chief
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri...
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Recensioni
Lettura da 7 minuti
7 Buono
Dragon Age: The Veilguard

Se qualcuno mi avesse detto che avremmo atteso quasi dieci anni per rimettere piede nelle lande di Dragon Age, forse avrei trattenuto a stento un sorriso amaro. E invece eccoci qui: Dragon Age: The Veilguard si presenta come l’erede di Inquisition, portandoci a nord di Thedas in un periodo in cui il mito dell’Inquisitore si è ormai diradato e le vicende di Solas, quel “Dread Wolf” che tanti interrogativi aveva lasciato in sospeso, tornano a bussare prepotentemente alla nostra porta. È proprio da questo retaggio che prende le mosse la storia: un rituale sfuggito di mano, la comparsa di nuovi (e ancora più tremendi) numi elfici, e l’esigenza di formare in fretta e furia una squadra pronta a spegnere sul nascere un cataclisma imminente. A guidare la danza, Varric – vecchia volpe della serie – e il nuovissimo protagonista Rook, chiamato a raccolta come un “cavaliere per caso” in un frangente disperato.

Un’avventura su scala ridotta (ma col cuore al posto giusto)

Dimenticatevi per un attimo la grandiosità militare dell’Inquisizione: The Veilguard preferisce un taglio più intimo. Niente immensi eserciti alle vostre dipendenze, ma un gruppetto di avventurieri che si muove sul campo in prima persona, esplorando alcune grandi regioni di Thedas e stringendo patti con le fazioni locali. Questa riduzione di scala fa sì che l’atmosfera si concentri maggiormente sulla connessione fra i membri del party e meno sulla strategia politica a tutto tondo.

La formula è semplice: la nostra base è la “Lighthouse”, una sorta di faro (anche metaforico) che si popola di piccoli e grandi dettagli ogni volta che ci addentriamo nella trama o portiamo a termine le missioni dei nostri compagni. È uno stratagemma che funziona: la base racconta lo stato emotivo del gruppo, e c’è un senso di calore nell’osservare come, missione dopo missione, quell’ambiente si trasformi in una vera e propria casa lontano da casa.

Personaggi che brillano più di qualunque effetto speciale

Tra i punti di forza di The Veilguard, va menzionato senza dubbio il suo cast di personaggi: dal malinconico Custode Grigio che protegge l’ultima coppia di grifoni all’eccentrico professore necromante, fino alla ladra-detective di Tevinter che si porta dietro un sarcasmo tagliente come una lama. Ognuno di loro ha un bagaglio di storie personali che emergono in dialoghi, battute estemporanee e sottotrame mai banali.

Non si tratta più soltanto di “spalle” per far brillare il protagonista, ma di comprimari con una vita propria, che discutono tra loro in base alle scelte che facciamo e alle situazioni che affronteremo. È chiaro come BioWare abbia voluto dare risalto alle dinamiche di gruppo: il party non si limita a subire gli eventi, ma ne diventa parte attiva, e in alcuni casi ci spinge a riflettere in modo più complesso sulle conseguenze delle nostre decisioni.

Combattimento: via la tattica, dentro l’action

Uno dei cambiamenti più discussi riguarda il sistema di combattimento, ormai virato verso un action in tempo reale che ricorda GDR più moderni. Il controllo è concentrato unicamente su Rook, che può scegliere fra tre classi di base (Mago, Guerriero o Ladro) e imboccare specializzazioni che ne modificano radicalmente lo stile. Dimenticate le pause tattiche di un tempo: qui il ritmo è frenetico, scandito da mosse combo, schivate e abilità da concatenare con un certo tempismo.

Se da un lato il gioco guadagna in spettacolarità, dall’altro emergono limiti come un lock-on un po’ ballerino e una “lettura” degli scontri non sempre cristallina, soprattutto quando i nemici attaccano in branco o compiono movimenti troppo rapidi. I compagni, inoltre, non sono gestibili in maniera approfondita, rimanendo più che altro bot di supporto privi di strategie articolate. È un peccato, perché con i talenti e le abilità a disposizione si sarebbe potuto osare qualcosa di più ibrido fra azione e tattica.

Progressione e loot: tante idee, troppa ripetizione

Una nota di merito va all’equipaggiamento: ogni arma o armatura può essere potenziata e migliorata di rarità, sbloccando perk capaci di rendervi micidiali se saprete costruire una “build” sinergica. In un’epoca di giochi GDR dove spesso il loot sa di riciclo, The Veilguard cerca di trovare un proprio equilibrio, premiando chi esplora a fondo il mondo o partecipa ad attività extra per racimolare i materiali necessari.

La delusione sta nel design delle missioni, che tende spesso a ripetersi (elimina tot mostri, recupera un oggetto, scambia due parole con un PNG e torna alla base). Le sezioni di esplorazione, seppur vaste e visivamente ispirate, non sempre offrono contenuti che si distacchino dal classico vai dal punto A al punto B. Una formula, insomma, che rischia di far sentire la mancanza di un miglior utilizzo del potenziale bellico e di tante abilità che il nostro Rook può sbloccare.

Narrazione e atmosfera

La scrittura tenta di gestire un’eredità pesante: rispondere alle attese dei fan di lunga data e, al contempo, proporre qualcosa di nuovo. Ci sono momenti in cui il gioco brilla di luce propria: scene cariche di pathos, scelte morali che toccano da vicino la storia personale dei compagni e quell’alchimia “familiare” che solo un GDR BioWare sa trasmettere. Di contro, non mancano incongruenze o passaggi un po’ slegati, frutto probabilmente di una produzione travagliata e di tagli o rimaneggiamenti dell’ultima ora.

Chi ama immergersi nella lore di Dragon Age troverà comunque spunti interessanti per approfondire la mitologia elfica e la natura stessa del Velo, ma deve prepararsi ad alcune discontinuità narrative. A volte, infatti, il gioco rivela dettagli in anticipo o si dimentica di rinfrescarci la memoria su eventi ormai lontani.

Dragon Age: The Veilguard
Buono 7
Voto 7
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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.