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Don’t Worry Darling – Recensione del thriller di e con Olivia Wilde

Va tutto bene: quante volte avrete sentito questa frase, pronunciata da amici, parenti e affini? Infinite volte suppongo. Spesso accompagnata da “non preoccuparti, tesoro” prima o dopo. Eppure forse tutto così bene non va se c’è lo spasmodico bisogno di rimarcarlo, di renderlo quasi reale mentre lo si dice. Sulle note di una pellicola vecchia ma con quel sapore di nuovo, Olivia Wilde ci racconta il mondo perfetto e intangibile di Don’t Worry Darling, un thriller dalle tinte patinate, liscio come un amaro a fine pasto od un cocktail (di cui il film abbonda) il sabato pomeriggio al tramonto, magari su una spiaggia mentre vesti in bermuda e mocassini (se sei un Lui), un vestito anni ’50 se sei del gentil sesso.

Un mondo senza problemi

Don’t Worry Darling descrive un mondo colorato ed appagante – simile a una scatola di caramelle Skittles – in un tempo non meglio precisato, ma stando ai colori della moda ed ai modelli delle auto possiamo supporre di trovarci negli anni ’50, con annesse e connesse auto di lusso o meno (si, ammettiamolo, una Corvette cabrio argentata si nota anche in 4 secondi di trailer e fa sempre la sua porca figura!). Tutto sembra immutabile in quel sogno americano: il sole che non sembra conoscere nuvole, le auto che escono all’unisono dai vialetti quando i mariti vanno al lavoro e rientrano altrettanto diligentemente la sera, i ragazzi e le ragazze nei pub a fine serata che sembrano così perfetti da risultare irreali nelle loro giacche di pelle perfette e le acconciature immuni al vento che tenta di scompigliarle. La vita della famiglia Chambers, composta dai coniugi Jack (Styles) e Alice (Pugh), sembra avere un ritmo regolare; non fosse che tolto il lavoro di lui, le cene perfette che lei cucina vengono puntualmente meno dato che al ritorno da una “dura giornata di lavoro” Jack desidera consumare sua moglie piuttosto che la cena sul tavolo. Tutto ruota attorno al misterioso progetto di Jack, che al lavoro conduce un esperimento sullo “sviluppo di materiali innovativi” (non vi diremo altro, è un mistero da scoprire) che «renderà la vita migliore per tutti». Sotto il profilo della trama il film non ha chissà che profondità, direi tranquillamente che si sono concentrati più sulla forma e sulla fotografia della pellicola, che sulla costruzione di una trama originale: Don’t Worry Darling è di fatto un thriller e come tale va affrontato.

L’inganno sociale

In buona sostanza, gli attori che si avvicendano in questa cacofonia di immagini talvolta inspiegabili o che assumono un significato solo a fine trama, fanno del loro meglio; ma sembra che siano stati strozzati dalla regista ed attrice Olivia Wilde, che pare voler a tutti i costi minare la bravura di Chris Pine – nel film Frank, capo del progetto di Jack. Il film è un inganno sociale, e la parte degli ingannatori – svolta da Jack e Frank – la fanno alla grande, mentre Alice, Peg (Kate Berlant), Bunny (la regista Olivia Wilde) e Shelly (Gemma Chan) sono in balia degli eventi, schiacciate da metafore maschilistiche e patriarcali, volte al controllo delle loro vite e dei loro modi di essere. Possiamo dire che ci troviamo di fronte a una critica sul mondo moderno (ancora? Siamo davvero ancora a questo punto?) che vuole a tutti i costi una società maschile e le donne messe in un angolo. Obbiettivamente l’unico che sembra incapace di dire più di tre frasi insieme è Harry Styles, per il resto il film ci conduce abbastanza facilmente verso il finale.

Già visto mi spiace

Don’t Worry Darling è banale: costoso e tremendamente bello da guardare in termini strettamente visivi, forte di una fotografia eccellente e una ricostruzione di quel sogno americano così vivida da far spavento; resta banale nei contenuti, nella trama che dopo venti minuti di visione hai già capito dove vuole andare a parare. Per citare qualche pellicola che potrebbe ricordarvelo, se siete diversamente giovani avrete ancora negli occhi The Truman Show e uno straordinario Jim Carrey al suo apice. Se invece siete giovani sul serio, magari qualcuno di voi ha visto Serenity del 2019 che, sebbene sia passato per commedia, chi lo ha visto sa che non lo era. Olivia Wilde ha svolto piuttosto egregiamente i suoi ruoli di regista e attrice nel film, anche se dietro la camera qualche pecca e qualche errore ci sono stat. Specialmente dal punto di vista del montaggio, dato che il film pecca di una banalità disarmante al punto che ti viene quasi il dubbio: mentre guardi Don’t Worry Darling ti chiedi «aspetta dai, non posso aver già capito tutto, mi stanno ingannando, è un inganno nell’inganno e verrò fregato!» e invece no. Hai già compreso come andrà a finire, complici anche gli spezzoni di trama che si intersecano come spaccature nella terra, volte a far passare l’acqua nel terreno, che qui riassumeremo come elementi per farti giungere alla “verità”. Quel che è certo è che Don’t Worry Darling ti vende un sogno ma devi essere addormentato per crederci.

Don’t Worry Darling

4

Don’t Worry Darling di Olivia Wilde è la dimostrazione pratica che a Hollywood non si rischia più nulla: o si fanno film che sono seguiti o remake dei remake. Il film parla di cose già viste, temi già affrontati in talmente tanti film che rischiamo di avere un testo abbastanza lungo solo con quei titoli (tanto lungo che non lo leggerebbe nessuno). Sostanzialmente se siete appassionati di ricostruzioni utopistiche degli anni '50 con quella non tanto velata critica alla società patriarcale è il film che fa per voi, altrimenti passate oltre.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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