Civilization 7 Recensione: la nuova frontiera del 4X secondo Firaxis

Un capitolo che rinnova la saga di Sid Meier, tra semplificazioni coraggiose, innovazioni diplomatiche e un carisma ancora tutto da comprendere fino in fondo.

Simone Lelli
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Simone Lelli
Editor in Chief
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri...
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Civilization VII

Quando si parla di grandi nomi nel panorama dei videogiochi strategici, il marchio Civilization spicca da decenni come una vetta inarrivabile. Ogni capitolo della serie ha saputo accompagnare intere generazioni di appassionati nel viaggio più ambizioso possibile: gestire una civiltà dalla sua nascita nell’antichità fino alle soglie della modernità, e ora, con Civilization 7, ci ritroviamo ancora una volta al cospetto di un balzo in avanti, tra limature coraggiose e qualche rischio che potrebbe dividere i fan storici. In questa recensione vi racconterò la mia esperienza con il nuovo titolo di Firaxis, evidenziando come la volontà di semplificare alcune meccaniche si confronti con l’introduzione di idee intriganti, e perché quest’episodio riesce comunque a esercitare il fascino tipico del “un altro turno e poi smetto”.

Un nuovo inizio per i conquistatori digitali

Civilization 7 ci accoglie con la sua tradizionale schermata di setup, ma basta addentrarsi per qualche minuto nelle opzioni di gioco per notare uno dei cambiamenti più radicali: la mappa iniziale può essere selezionata fra un numero più ristretto di tipologie rispetto ai capitoli precedenti, limitando così la personalizzazione che in passato era un fiore all’occhiello della serie. Non troviamo più la quantità enorme di parametri climatici o di personalizzazione orografica, come l’età del mondo, la distribuzione di risorse o il livello dei mari. Il tutto appare fin da subito “snellito”, quasi a voler offrire un’esperienza più guidata e meno dispersiva a chi si avvicina per la prima volta al gioco.

Una volta entrati nel vivo, si nota che la sequenza “fondare una città, espandersi, acquisire risorse e sbloccare tecnologie” conserva molto dello spirito classico. Tuttavia, Firaxis ha cercato di rendere l’iter di apprendimento ancora più immediato, probabilmente complice anche il lancio contemporaneo su console. Le interfacce sono state rese più essenziali, ma alcune scelte potrebbero lasciare insoddisfatti i veterani in cerca di dati più approfonditi. Hover, click destro, click sinistro e combinazioni di tasti non sempre forniscono le informazioni che ci si aspetterebbe in un 4X di questa portata. Chi è abituato a spulciare tabelle e tooltips per comprendere ogni minimo vantaggio – come nel glorioso Civilization 5 – dovrà adattarsi a questo nuovo approccio più minimalista, rischiando di non trovare immediatamente tutte le spiegazioni necessarie nei menù, come ad esempio i dettagli su certe unità, edifici o bonus di alcune meraviglie.

La rivoluzione delle Ere: cambi culturali e reset strategici

La novità più eclatante di Civilization 7 è l’introduzione di una suddivisione temporale in tre grandi Ere (o “Ages”), in cui la nostra civiltà può addirittura cambiare volto adottando culture differenti. Questo spinge a variare la strategia in corso d’opera, aprendoci a combinazioni inedite: si parte in un’Era Antica in cui potremmo guidare, ad esempio, gli Egizi o i Babilonesi, e passare poi nell’Era dell’Esplorazione sotto la bandiera dei Normanni, finendo infine in una fase Moderna con un’ulteriore scelta, magari gli Stati Uniti. Ogni popolo selezionato porta con sé unità e strutture uniche, oltre a determinati valori e a una certa impronta diplomatica.

Questa meccanica, che ricorda per certi versi quanto sperimentato da altri titoli 4X (ad esempio Humankind di Amplitude Studios), offre spunti interessanti. Il cambio di civiltà diventa una sorta di “reset parziale” che può rimescolare le carte in tavola: i vicini più aggressivi potrebbero mutare atteggiamento, e lo stesso vale per le alleanze strette in precedenza. L’idea è di mantenere sempre fresco il gameplay, spingendo il giocatore a non fossilizzarsi su un’unica strada di sviluppo. Tuttavia, il rischio è che si perda un po’ di identità storica: la coerenza di guidare Alessandro Magno dalla culla delle poleis greche fino alle soglie della modernità era una di quelle sensazioni che rendevano unica la serie. Ora, con questa separazione in Ere, può capitare di ritrovarsi con un leader e un popolo radicalmente diversi nel giro di poche ore di gioco.

Diplomazia, influenza e guerre più articolate

Altro aspetto che Firaxis ha voluto rivisitare è il ramo della diplomazia. Nei precedenti capitoli, la gestione di alleanze, trattati commerciali e scambi culturali era già piuttosto articolata, ma a volte risultava ridotta a mosse troppo schematiche. In Civilization 7, si introduce la risorsa Influenza, da investire in manovre politiche e diplomatiche: possiamo usarla per denunciare aggressori, chiedere supporto ad alleati o manipolare l’opinione pubblica. Questo dà un’ulteriore dimensione di realismo ai conflitti, soprattutto se vogliamo intraprendere una campagna militare su larga scala. Dichiarare guerra a un avversario ben visto da tutti gli altri ci metterà in cattiva luce, a meno che non spendiamo ulteriore Influenza per ribaltare la narrazione a nostro favore.

Parlando di guerre: a livello tattico siamo di fronte a un compromesso tra i “vecchi stack of doom” (gli eserciti impilati uno sull’altro) e le singole unità sparse sul terreno. Ora, la presenza di un comandante che “trasporta” più unità su una stessa casella semplifica la gestione, mantenendo comunque un certo grado di profondità nel posizionamento. Sotto questo profilo, Civ 7 regala ancora soddisfazioni notevoli: se studiamo bene la mappa e utilizziamo i vantaggi ambientali, possiamo ribaltare le sorti di uno scontro anche in inferiorità numerica. L’intelligenza artificiale, però, rimane ancora in parte legata alle consuete difficoltà di gestione: non è raro vederla impantanarsi su più fronti o lanciare attacchi su città fortificate senza un piano adeguato.

La Maledizione del “un turno e basta”

Nonostante le critiche alla semplificazione e a qualche mancanza informativa, Civilization 7 riesce ancora a suscitare quella sensazione ipnotica che la serie ha sempre portato con sé. Quell’impulso irrefrenabile a cliccare su “Termina turno” e vedere cosa succede dopo, finendo poi a giocare finché le prime luci dell’alba non ci ricordano che esiste un mondo reale là fuori. Questo aspetto quasi magico si deve in parte alla cura che Firaxis dedica alla presentazione audiovisiva: musiche epiche composte da veterani del settore (Christopher Tin non manca di colpire con temi ispirati e avvincenti), effetti sonori avvolgenti e una direzione artistica che, nonostante i toni più “board-game” di alcune scelte estetiche, risulta coloratissima e ricca di dettagli.

Anche i leader, a cui di solito è riservata una grande attenzione stilistica, sono ben rappresentati dal punto di vista visivo, con animazioni e doppiaggi di qualità. Tuttavia, stavolta non tutti i personaggi storici più iconici della saga sono presenti al lancio: alcuni volti noti come Gandhi – da sempre un meme ambulante per la sua tendenza a usare l’atomica nei vecchi Civ – non sono inclusi, e c’è chi teme che arriveranno a pagamento o con DLC futuri.

Semplificazioni, eventi narrativi e crisi

Uno degli obiettivi dichiarati di Firaxis con Civilization 7 era rendere il tutto più “accessibile” anche ai nuovi giocatori. Da qui l’interfaccia ridotta, i menu semplificati e l’enfasi su eventi narrativi a cadenza regolare. Qualcuno potrebbe apprezzare questa ventata di freschezza e la rapidità con cui si apprende il funzionamento di base della diplomazia o delle produzioni nelle città. D’altro canto, chi proviene da centinaia di ore su Civilization 5 e 6 potrebbe provare un certo senso di “restrizione” dinanzi a tooltips meno esaustivi e all’assenza di meccaniche più elaborate come la gestione del turismo o la personalizzazione estrema della mappa.

Le crisi che si verificano nel passaggio tra un’Era e l’altra aggiungono un pizzico di brio, imponendo scelte spesso drastiche: una pestilenza, un’invasione barbarica, un collasso economico o una catastrofe naturale possono davvero cambiare l’andamento della partita, mettendo alla prova la solidità del nostro impero. L’idea è intrigante e, quando la crisi è ben calibrata, dà vita a momenti di tensione e risalita epica. Tuttavia, ci sono frangenti in cui la crisi rischia di trasformarsi in un fastidioso “click su costruisci di nuovo” se un evento catastrofico si accanisce ripetutamente su un distretto costoso da riparare.

Bilanciamento e prospettive future

Come accaduto per molti capitoli precedenti, l’evoluzione di Civilization 7 non si fermerà certo al lancio: chi conosce Firaxis sa bene che nel tempo giungeranno aggiornamenti, patch e probabilmente espansioni che andranno a correggere gli aspetti più controversi. Le prime ore di gioco lasciano un’impressione positiva, nonostante alcune perplessità sui sistemi ridotti e su un’intelligenza artificiale che, almeno per il momento, non rivoluziona l’approccio al conflitto e alle trattative diplomatiche.

Molte civiltà storiche o “cult preferiti” sono assenti, e questo potrebbe essere una strategia commerciale per introdurle più avanti. C’è da augurarsi che in futuro vengano ampliati i contenuti end-game, magari con l’introduzione di tecnologie e meraviglie post-anni ’50, così da rendere più appagante la scalata verso l’era digitale e oltre. Per ora, l’obiettivo ultimo del volo spaziale risulta un po’ arretrato rispetto all’idea di Civ 6 di fondare colonie extra-planetarie.

Civilization VII
Eccellente 9
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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.