Se qualcuno non sapesse come passare i giorni di Natale, costretto a stare chiuso dentro casa tra zone arancioni o rosse, ecco che arriva in soccorso Netflix con una nuova produzione originale firmata da nientemeno che Shonda Rhimes e prodotta dalla sua casa di produzione Shondaland, che ha già sfornato prodotti quali Grey’s Anatomy, Scandal e Le Regole del Delitto Perfetto. Shonda Rhimes è appena approdata sulla piattaforma streaming con il primo di otto lavori previsti (al costo di centocinquanta milioni di dollari), basato sulla saga di romanzi bestseller di Julia Quinn. Parliamo di Bridgerton, stagione da otto episodi da un’ora ciascuno, che abbiamo visto in anteprima.
Lo sguardo dell’alta società
Londra, inizio Ottocento e sembra strano non trovarsi nel Regno di Elisabetta II. Ci troviamo nel periodo della reggenza del Principe di Galles, reggente del padre, Re Giorgio III ed in seguito futuro Re Giorgio IV. Un’epoca florida per l’Inghilterra, ricca di splendidi momenti storici. L’alta società è più viva e ricca che mai; pranzi, cene e banchetti sfarzosi si alternano a feste sfarzose, che la serie rappresenta all’ennesima potenza senza badare a spese. Quella dei Bridgerton è una delle famiglie più in vista del momento, soprattutto in occasione dell’inizio della stagione dei matrimoni, che scopriremo fin da subito essere per lo più combinati a tavolino. La rampolla della numerosa famiglia, secondogenita ma donna più grande, Daphne Bridgerton, è costretta suo malgrado ad entrare in società ed è desiderata da ben più di un uomo, spesso in maniera non corrisposta. È inoltre condizionata dalle scelte del resto della famiglia, specialmente del fratello maggiore Anthony. Per alzare la posta e per trovare il giusto pretendente, Daphne decide di stringere un accorto con Simon Basset, il Duca di Hastings. Fingeranno un avvicinamento sentimentale per far sì che Daphne sia ancora più desiderabile agli occhi della società e possa trovare un buon partito per sé e la propria famiglia. Il tutto è reso vivace e meno banale dall’intervento della fantomatica Lady Whistledown, che sentiamo fin dall’inizio come voce fuori campo. Si tratta dell’autrice di un giornaletto scandalistico molto in voga nella società, che racconta ogni gossip di Corte possibile e che riesce a spostare le sorti della società stessa.
Come detto, ricchezza, sfarzo, matrimoni, affari, interessi, addirittura la presenza della Regina in persona. Sì, si parla comunque delle solite banalità di Corte che abbiamo già visto in decine e decine di altre opere tra film e serie TV. D’altronde, se si vuole narrare di famiglie benestanti e dell’Inghilterra dell’Ottocento rimanendo fedeli, non si può che parlare di questo. La serie lo fa molto bene, quasi sempre senza annoiare, il che è un’impresa non da poco. Gli episodi sono lunghi, come detta la pessima moda del momento, ma si arriva quasi sempre alla fine senza avere sonno. Sarà che le sotto-trame sono molteplici ed interessanti, sarà il mistero dell’identità di Lady Whistledown o la curiosità che una scenografia e dei costumi così oggettivamente perfetti possano dare, ma non è così difficile farsi trascinare avanti d’episodio in episodio, anche se non si è appassionati del genere. Forse perché scopriremo che in mezzo all’onore, al prestigio della famiglia e alle solite banalità anacronistiche che ci sono state raccontate milioni di volte, c’è anche altro.
La parola è meglio della guerra
Innanzitutto, woman power. E ok, aggiungiamo altra banalità, apparentemente. Chiariamo fin da subito: un prodotto televisivo non diventa automaticamente bello se fa vedere quanto la parte femminile della società sia forte e potente. Finiamola anche solo di pensare al fatto che una o l’altra parte abbia bisogno di maggior minutaggio televisivo per raccontarsi. Le storie devono muoversi liberamente, punto. Però, per una volta qui è davvero diverso, perché il personaggio protagonista è femminile, ma non è quello che spicca. È Lady Whistledown la vera protagonista della serie, perché con le sue parole sulla sua rivista, ben pensate e ben piazzate, riesce indirettamente a tirare i fili di tutta una società. Dimostra quale sia la vera forza dell’umanità, quella della parola, e in un attimo manda all’aria centinaia di anni di teorie e guerre.
Poi viene la vita di Corte, che per una volta riusciamo a conoscere grazie alla quotidianità e non alle guerre. Tra i potenti non si parla di come conquistare o di chi uccidere, ma di chi sposare. Magari per alcuni renderà la trama meno interessante, ma se si cerca di comprendere qualcosa di storico o se si vuole semplicemente vedere come si viveva all’epoca (premettendo che si possa scorgere solamente la vita dei ricchi), questa serie è praticamente perfetta. Alcune riflessioni vengono così quasi spontanee, sul ruolo dell’uomo e della donna nella società, sul ruolo della nobiltà in generale, sulla filosofia dell’epoca e via dicendo. Oppure, ci si può limitare a godersi una trama ben pensata. Non mancano i i tocchi di estro e genialità da parte di Shonda Rhimes aggiunti qua e là nella storia. Risulta fin da subito la completa assenza di razzismo verso personaggi non proprio originali dell’Inghilterra dell’epoca. Quindi, scelta voluta di rappresentare qualcosa di non fedele, ma perché considerare questo un errore? Non è forse il miglior modo di combattere il razzismo, quello di mostrare una società precedente alla nostra non razzista? In fondo, basterebbe raccontare le storie degli antichi romani. Poi, Bad Guy di Billie Eilish suonata da un gruppo di archi durante una serata di Corte… geniale.
Bridgerton, la serie per il Natale
Buona la recitazione, anche se resa a volte impacciata a causa dei pomposi dialoghi, ma sappiamo bene come si parlasse una volta. Julie Andrews, famosa per Mary Poppins e Tutti insieme appassionatamente, è il nome più conosciuto, ma compare nella versione originale solo come voce fuori campo (Lady Whistledown). La protagonista Daphne è interpretata da Phoebe Dynevor, mentre Simon Basset è Regé-Jean Page. La regia e la fotografia spaziano tra normalità assoluta e grandi performance, abbastanza tipico per una serie di otto ore di durata. Piacevole, ma spesso troppo presente, la colonna sonora, composta per lo più da brani classici adatti all’epoca. Come già detto, menzione speciale per il trucco, il vestiario e le scenografie. In conclusione, Bridgerton è insomma una serie ancora nuova per il panorama storico “in costume” di Netflix e, seppur non rappresenti il trionfo dell’originalità, è una buona serie che può intrattenere durante il Natale.