Raccontare è qualcosa che caratterizza ogni tipo di opera: partendo dai racconti letterari, passando per le mostre pittoriche fino ai mezzi più recenti, che caratterizzano la nostra epoca contemporanea. Questo discorso ovviamente vale anche per i videogiochi e c’è gente, come il nostro carissimo Adriano di Medio, che hanno voluto approfondire maggiormente la narrativa delle esperienze videoludiche, e da questo oggi abbiamo avuto modo di assistere alla presentazione del suo ultimo libro, il terzo per l’esattezza, Bloodborne: Parole nel Sangue.
Questo è il secondo caso in cui Adriano di Medio analizza un prodotto di From Software: col suo precedente saggio, Dark Souls: Semiotica del raccontare il Silenzio, l’autore ha avuto modo di analizzare approfonditamente la lore del gioco e tutto ciò che concerne ad essa. Questa volta invece ci troviamo di fronte ad un testo “meno accademico e più accessibile“ a detta dello scrittore, fondato sul messaggio del gioco e su come esso ci viene trasmesso. La prima analisi presentataci dall’autore è stata quella che riguarda la struttura delle aree di gioco: esse sono organizzate in maniera procedurale e si presentano con lo schema “Inizio Zona – Percorso – Boss – Fine Zona”, con la possibilità di aggirare il percorso attraverso delle scorciatoie ove possibile. Le aree che caratterizzano l’opera sono inoltre disposte secondo uno schema concentrico e spiraliforme, che tende a salire.
Nel libro viene inoltre analizzata la contrapposizione dei due elementi principali che hanno caratterizzato Bloodborne: Lupo Mannaro e Vampiro. Il primo, metafora del Reietto, rappresenta la parte incontrollabile e mostruosa dell’uomo, completamente priva di ragione; la seconda è invece metafora della Nobiltà, assetata di sangue e sfruttatrice, ma comunque affascinante e rispettabile, che si presenta con eleganza e garbo, in riferimento anche al Dracula di Bram Stoker. Le metafore ovviamente non sono finite, e ne troviamo alcune direttamente collegate a noi: tralasciando per un attimo i riferimenti alla Londra Vittoriana, Di Medio esprime come il Sogno del Cacciatore possa in realtà essere metafora stessa del videogiocatore e della sua esperienza: egli infatti non agisce nella sua stessa dimensione, ma comunque si riflette in una parallela a cui sente di appartenere.
Seguendo la presentazione dell’autore, il messaggio che il gioco vuole trasmettere è di carattere morale: mai farsi sedurre dalla cupidigia, e soprattutto non confonderla, o illudersi che sia, altro. Per il raggiungimento di un obiettivo non si possono tollerare tutti i mezzi, cosa che nel gioco viene fatta attraverso l’istituzione delle Notti di Caccia, e si confonde la cupidigia con ambizione, facendo quasi sembrare che essa sia una cosa positiva, distorcendone completamente la natura. Tutto nasce dal desiderio e nel suo saggio Adriano rimarca più volte questo dato, facendo anche riferimento al Sogno del Cacciatore stesso, nato dal desiderio di un grande essere che però venne esaudito alla lettera. La presentazione si è poi conclusa con una piccola riflessione dell’autore: a volte è capitato che alcuni giocatori ipotizzassero che alcuni dei luoghi del gioco potessero essere verosimili, nonostante ciò sia totalmente improbabile, e questo è ciò che fa comprendere quando un gioco è stato realizzato egregiamente.