Come gli eSport si sono conquistati un posto nella cultura sportiva mainstream

Redazione
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Gli eSport sono emersi sulla scena globale su schermi di ogni dimensione, alimentati da tornei organizzati, trasmissioni strategiche e il sostegno di squadre di primo livello. Il numero di spettatori ormai raggiunge quelli degli sport tradizionali e, in certi casi, li supera del tutto. Con il 2025, il confine tra sport digitali e fisici si è dissolto, fondendosi in un unico grande palcoscenico.

Caratteristiche familiari, formati digitali

La somiglianza tra eSport e sport tradizionali è sempre più marcata stagione dopo stagione. I giocatori si allenano ogni giorno con allenatori professionisti, le squadre impiegano analisti e personale dedicato alle prestazioni. Esistono finestre di trasferimento, contratti e interviste con i media. Proprio come per la Serie A, i tifosi seguono le statistiche, alimentano le rivalità e consultano le previsioni pre-partita.

I bookmaker mettono gli eSport sullo stesso piano degli sport reali, proponendo quote, mercati over/under e scommesse sui risultati. Esempi come Wonaco sport affiancano incontri di League of Legends e Counter-Strike a quelli di calcio e tennis. Non c’è più bisogno di fare confronti: questi titoli coesistono accanto a Milan-Juve o Napoli-Roma senza stonare.

Grandi tornei, pubblico ancora più grande

I principali tornei di eSport riempiono arene e dominano le piattaforme di streaming. Eventi come la League of Legends World Championship e The International di Dota 2 attirano regolarmente decine di milioni di spettatori in tutto il mondo. Le finali si tengono in arene progettate per il calcio, il basket o i concerti, con produzioni paragonabili a quelle delle grandi trasmissioni sportive.

I club di Serie A non sono rimasti a guardare. Milan, Roma e Fiorentina gestiscono divisioni di gaming competitivo. Il ramo eSport del Milan ha ingaggiato un giocatore di FIFA tra i primi cinque al mondo e ha arruolato un trio di Rocket League che ha raggiunto il Campionato Europeo nel 2025. La Juventus ha stretto una partnership con uno studio di contenuti a Torino, unendo lo streaming delle partite a segmenti con influencer e integrando gli eSport nei contenuti abituali per i tifosi.

Trasmissioni globali e radicamento locale

Ogni grande evento eSport ha diritti di trasmissione, copertura multilingue e repliche programmate. Commentatori italiani, anche ex voci di Serie B e Serie C, mettono ora la propria esperienza al servizio di partite di eFootball e Valorant.

Questa transizione ha coinvolto anche chi prima seguiva soltanto il calcio. I bar per tifosi, soprattutto a Milano e Bologna, ora organizzano serate dedicate alle competizioni digitali, con schermi dal vivo e lavagne tattiche. Il merchandising ha seguito questa tendenza: le maglie in edizione limitata per ogni divisione eSport dei club sono in vendita negli stessi negozi che espongono le divise ufficiali.

Allenatori, contratti e conflitti di calendario

Il lato commerciale riflette i modelli tradizionali: i giocatori firmano contratti che includono diritti d’immagine, bonus per prestazioni e obblighi di streaming. Alcuni si affidano ad agenti, altri a vere e proprie agenzie di rappresentanza. Gli allenatori elaborano strategie e pianificano le sessioni di allenamento. Le squadre studiano gli avversari tramite video, annotano analisi e preparano contromosse.

Gli sponsor decorano le divise con patch di brand, proprio come sulle maglie da calcio o da basket. Il calendario professionale richiede viaggi, disciplina e rendimento. I conflitti sono frequenti quando una finale eSport coincide con una presenza dal vivo, una situazione ben nota a chi deve conciliare Serie A e impegni di Champions League.

Il posto dell’Italia sulla scena globale

L’Italia ha guadagnato terreno grazie a tornei locali e leghe strutturate. Le scuole hanno introdotto corsi opzionali di eSport attraverso programmi nazionali in Veneto ed Emilia-Romagna. I tornei regionali hanno selezionato i migliori giocatori per le finali nazionali, che a loro volta alimentano i circuiti europei. Nel 2025, gli italiani competono al massimo livello in Overwatch, Valorant e Rocket League.

La copertura si estende alla televisione, a Twitch e ad Amazon Prime Sport Italia. Brand italiani sponsorizzano eventi all’estero, da aziende tecnologiche milanesi a linee di abbigliamento sportivo pensate per i gamer. I centri congressi di Roma ospitano ogni anno le qualificazioni mondiali e Firenze ha preparato una candidatura congiunta. Queste collaborazioni dimostrano un impegno duraturo, non una semplice moda passeggera.

Valori condivisi su campi diversi

Gli sport tradizionali e gli eSport soddisfano lo stesso desiderio di abilità, strategia e competizione. Dove uno ha i calci di punizione, l’altro ha le giocate decisive. La stessa passione che accende i cori a San Siro si percepisce anche nel microfono di un pro di Valorant a Berlino. C’è un pubblico che controlla i risultati della Champions League e quelli della Call of Duty League.

I club hanno capito l’importanza degli eSport, i brand li sostengono attivamente e gli enti regolatori li includono nei loro piani. In Italia sono trattati come parte integrante della scena sportiva nazionale. I biglietti vengono venduti, le maglie sono indossate e i telecronisti continuano a raccontare le partite. Non servono più distinzioni fra tradizione e digitale: esiste una sola cultura sportiva, che corre su due binari paralleli.

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