Il nome Zombicide compare in mente quasi automaticamente quando si parla di giochi da tavolo cooperativi a base di zombie. Negli ultimi anni, CMON (Cool Mini Or Not) ci ha abituati a una serie di titoli, espansioni e spin-off che spaziano dall’ambientazione fantasy di Zombicide: Black Plague fino alle trasposizioni più recenti (Marvel Zombies e Night of the Living Dead) sempre mantenendo come struttura portante l’impianto frenetico di un “dungeon crawler” cooperativo. Ora, con Army of the Dead: A Zombicide Game, si aggiunge un’altra tessera al mosaico: una collaborazione ufficiale con Netflix e Zack Snyder, basata sul film “Army of the Dead” (2021), interpretato da Dave Bautista: ecco la nostra recensione!
Se non avete familiarità con il film, non è un grosso problema. Il gioco riesce comunque a confezionare un’esperienza solida e avvincente, proponendo un’interpretazione moderna e un po’ folle del “colpo grosso” in una città infestata da zombi potenziati (gli “Alphas”). In queste righe, approfondiremo cosa rende speciale Army of the Dead: A Zombicide Game, quali sono le sue novità rispetto agli altri titoli della serie, e perché potrebbe essere uno dei prodotti più interessanti per chi cerca un cooperativo challenging.
Sguardo al materiale: neon, tigri, e 16 modelli di eroi
Army of the Dead: A Zombicide Game si presenta in una robusta scatola piuttosto grande, che richiama i colori forti e luminosi del film con la palette viola e rosa shock. All’interno troviamo:
- 8 tile di mappa (anziché le 9 di solito presenti in un core box Zombicide), ognuna ricca di illustrazioni che rappresentano le zone devastate di una Las Vegas post-apocalittica.
- 62 miniature: 12 eroi (i personaggi principali del film e alcune aggiunte), diverse tipologie di zombi, inclusi Alphas e boss iconici come Zeus (il “capo-zombie”), la sua Regina, e la tigre zombificata Valentine.
- Carte e token di vario genere: armi, equipaggiamenti, gli “ammo dice” (nuovi dadi per la gestione delle munizioni), segnalini “sleeper” (zombi dormienti), obiettivi personali, e altro.
- Plance personaggio illustrate con la notevole qualità tipica di CMON, dadi classici, segnalini e tutto il materiale per comporre scenario dopo scenario.
Le miniature risultano come sempre uno dei punti di forza della gamma Zombicide: i dettagli su eroi e boss sono eccezionali (specialmente la tigre Valentine), mentre i non-morti generici – benché “in massa” – mantengono una varietà sufficiente a restituire il caos sul tavolo. Per gli amanti del painting, c’è ampio spazio per sbizzarrirsi.
Le novità più succose, tra “sleepers”, Alphas e missioni personali
Il sistema di base rimane quello di Zombicide nella sua versione moderna. Vale a dire i giocatori controllano un gruppo di sopravvissuti (nel caso specifico, mercenari in missione per un colpo grosso), ognuno con abilità peculiari, e devono collaborare per raggiungere obiettivi (es. recuperare un oggetto, aprire una cassaforte, raggiungere un’uscita) prima che l’orda zombi gestita da un mazzo di carte “spawn” li travolga. Ogni turno, i giocatori si muovono, attaccano, usano equipaggiamenti e poi gli zombi agiscono, spostandosi verso il rumore o verso gli eroi in vista. Fin qui, è la formula che ha reso Zombicide un titolo popolare: frenetico, accessibile e ricco di momenti “thriller”. Army of the Dead però introduce alcune trovate inedite, che analizziamo nei sottoparagrafi seguenti.
Gli Sleepers
In alcune zone della mappa, invece di piazzare immediatamente zombi, troviamo dei token “sleepers”: rappresentano zombi dormienti, che si svegliano solo se disturbati. Ognuno di questi segnalini ha un valore nascosto che corrisponde a un numero variabile di non-morti “basici”. I modi per attivarli includono il passare rumorosamente nella loro zona (ovvero, non essere furtivi), lo sparare nelle vicinanze, o far arrivare altri zombi lì. Quando si attiva un token, lo si gira e si piazza un numero corrispondente di zombi sulla plancia. In più, c’è l’interessante possibilità di eliminare i sleepers “in silenzio” con un’arma da mischia e ottenere esperienza (AP) in base ai nemici effettivi contenuti. Questa meccanica cambia il ritmo della partita: attraversare una stanza con token sleepers diventa un potenziale suicidio, a meno che non si disponga di un personaggio con abilità “stealth” o si decidano di ucciderli preventivamente. Tuttavia, in certi casi potrebbe convenire “risvegliare” gli sleepers di proposito per racimolare esperienza ed equipaggiare meglio la squadra.
Gli Alphas
Un’altra variazione significativa riguarda i nemici. In Army of the Dead, non vedremo i “runner” o i “fatties” tipici, ma troveremo invece i cosiddetti Alphas: zombi in grado di compiere due azioni a turno (come i runner) e con due punti ferita (come i fatties). In pratica, un mix spaventoso delle due tipologie, che rendono le ondate di non-morti molto più difficili da gestire. Se in un classico Zombicide potevamo tenere sotto controllo i runner con fuoco mirato e i fatty con armi a 2 danni, qui ogni singolo Alpha può creare un problema doppio, costringendoci a concentrare il fuoco o a utilizzare armi pesanti.
Armi a distanza e “ammo dice”
Le armi da fuoco dispongono di un nuovo parametro: le munizioni. Ogni volta che si spara, oltre ai dadi normali per colpire, bisogna lanciare i due dadi munizioni. Se compare il simbolo “scarico”, l’arma rimane senza colpi e dev’essere ricaricata (utilizzando una carta “caricatore” apposita) o diventa inservibile. Questo aggiunge un ulteriore elemento di tensione: anche un’arma potente può improvvisamente piantarci in asso durante l’assedio finale.
Obiettivi personali
Forse la novità più intrigante dal punto di vista tematico. In ogni scenario, due personaggi su sei ricevono una missione personale che deve essere completata per poter vincere. Queste side quest, ispirate ai retroscena di certi eroi del film, possono includere il salvataggio di un ostaggio, la raccolta di un determinato oggetto, o l’ottenimento di un “campione” di zombi. L’effetto collaterale? Quei due personaggi non possono morire: se lo fanno, la missione fallisce. Insomma non solo stiamo parlando di un gioco già di per sé difficile, ma dover proteggere e aiutare chi ha obiettivi personali, mette la squadra ancora di più sotto pressione.
Una difficoltà più alta del solito
Se venite da Night of the Living Dead: A Zombicide Game o da Zombicide: Second Edition, sappiate che Army of the Dead punta chiaramente a un livello di sfida elevato. Già il primo scenario può diventare un incubo se qualche lancio di dado va storto, o se i personaggi non cooperano in modo ottimale. Gli Alphas, insieme alla scarsità di munizioni e alla meccanica degli Sleepers, rendono le partite ad alto tasso di rischio. Può capitare di venire sopraffatti all’improvviso, e un paio di turni sfortunati possono trasformare un “heist” perfettamente pianificato in un massacro.
La curva di apprendimento non è ripidissima – in fondo le regole base di Zombicide sono sempre le stesse – ma occorre un buon affiatamento di gruppo, soprattutto perché le missioni includono zone come il vault (cassaforte) accessibile solo da un ascensore, in cui alcuni eroi devono separarsi dal resto del team. Queste separazioni in un contesto di zombie rapidi e feroci sono uno degli elementi più avvincenti (e ansiogeni) di Army of the Dead.
Le “Abominations” e la necessità del fuoco concentrato
In ogni Zombicide, gli Abomini rappresentano il peggior incubo: giganti che richiedono armi speciali o tattiche particolari per essere eliminati. Nel film “Army of the Dead”, lo zombie alpha principale si chiama Zeus, e qui troviamo varie versioni di questo, della sua regina, e persino della tigre zombie Valentine. Ognuno di questi boss possiede regole ad hoc, con attacchi devastanti o movimenti particolari. Ad esempio, la tigre può saltare attraverso ostacoli inaspettati, mentre la regina infligge una quantità di danno sufficiente a uccidere un eroe in un solo colpo mal calcolato.
Per contrastare tali minacce, il gioco introduce (o meglio, riprende da Zombicide: Invader e Zombicide: Undead or Alive) la regola del fuoco concentrato: se un’arma normalmente infligge vari colpi da 1 danno su un singolo bersaglio, è possibile cumulare quei danni su un solo nemico. In altre parole, se tiriamo 3 successi con un fucile semiautomatico che fa 1 danno per colpo, possiamo farne 3 a un singolo obiettivo, potenzialmente abbattendo un Alpha o anche un’abominio (se i punti ferita combaciano). Questa possibilità è una vera ancora di salvezza, ma non va abusata: ogni colpo può esaurire l’arma se i dadi munizione daranno risultati sfortunati.
Un sapore “heist” genuino e missioni coerenti con il film
Le missioni incluse nella scatola (una dozzina circa) ricalcano situazioni del film di Zack Snyder. Spiccano scenari che:
- Richiedono di infiltrarsi in aree piene di sleepers, sperando di non svegliare mezza Las Vegas di zombi.
- Prevedono la divisione del team, con alcuni eroi chiusi in un vault a raccogliere banconote, mentre altri tengono a bada la horda all’esterno.
- Intrecciano gli obiettivi personali di due personaggi con la riuscita dell’operazione: un eroe deve recuperare un amuleto sentimentale, un altro ha un conto in sospeso con un certo luogo infestato.
Queste missioni si sposano bene con l’idea di un “colpo grosso” in un contesto devastato da zombie. Non c’è quell’aria di andare a cercare scorte nei supermercati, o simili, tipica di altri Zombicide, bensì un contesto di rapina militare, con armi e obiettivi ben precisi. È un tocco narrativo che rende Army of the Dead memorabile e un po’ diverso dal solito “spara-spara e scappa”.
Un colpo rischioso… ma esaltante!
Army of the Dead: A Zombicide Game si posiziona con fermezza tra le iterazioni più riuscite del brand. La qualità dei componenti è impeccabile, la resa visiva scintillante e l’atmosfera “Colpo grosso a Las Vegas infestata” regala momenti di adrenalina pura. Le novità (sleeper, Alphas, ammo dice, obiettivi personali) si innestano con grazia su un impianto di regole oramai rodato, e non alzano eccessivamente la complessità generale. Dove questo capitolo veramente “picchia duro” è nel bilanciamento: i giocatori sono costantemente sotto pressione, ogni errore si paga caro, e i boss possono veramente mandare all’aria i piani più elaborati. Ma è proprio in quei momenti che Army of the Dead brilla: la sensazione di dover cooperare al massimo, ragionare su ogni mossa, coordinare il fuoco concentrato sui nemici più ostici e, non da ultimo, gestire gli obiettivi secondari che due compagni si trovano a dover completare a ogni costo.