Andrea Pessino, intervista alla MGW

Ecco la nostra intervista ad Andrea Pessino, mostro sacro della game industry e co-fondatore di Ready at Dawn che abbiamo incontrato a Milano.

Gianluigi Crescenzi
Di Gianluigi Crescenzi - Deputy Editor GL Originals Lettura da 18 minuti

Durante la Milan Games Week, l’evento che per eccellenza nel nostro paese tratta videogiochi, abbiamo avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con Andrea Pessino, mostro sacro della game industry e co-fondatore di Ready at Dawn. Non dobbiamo a lui solamente The Order 1886, ma anche altri titoli decisamente di rilievo, come ad esempio entrambi i God of War usciti su PSP. Durante l’intervista noi di Game Legends e colleghi di altre testate abbiamo avuto modo di porgli alcune domande riguardo lo sviluppo, ma anche riguardo ciò che pensa sul futuro dell’industry e non solo. Ovviamente non sono mancate le domande riguardanti le nuove tecnologie, soprattutto in seguito alla recente acquisizione di RaD da parte di Meta (Mark Zuckerberg).

Bando alle chiacchiere, e leggiamo insieme l’intervista integrale!

Intervista round table ad Andrea Pessino

Domanda: Voglio puntare tutto sulla semplicità. Perché ormai la sua storia è stata approfondita in tantissime occasioni. Quello che mi interessa è la tua opinione sul come sta andando lo sviluppo in Italia. La tua ottica sugli studi di sviluppo che stanno emergendo, non solo Milestone o Ubisoft Milano. Ma anche delle piccole produzioni cosa che stanno iniziando a farsi valere.

Pessino: Quando io sono partito per gli Stati Uniti le possibilità qui erano quasi inesistenti non c’era neanche il mercato computing in generale, non soltanto videogames, a parte un paio di cose negli anni 80, ma parliamo di cose proprio “da garage”. Ora è cambiato tutto in questi 32 anni che sono stato via. Mi sono sempre chiesto perché l’Italia confronto al resto dell’Europa è stata sempre meno sul fronte, un po’ indietro, penso che sia più un aspetto culturale. Faccio un esempio: poco tempo fa mi hanno chiesto di fare un’intervista per una internazionale, per una cosa educativa. La prima domanda che mi hanno fatto è che “i videogiochi sono un’attività per bambini”, e se pensavo che nel futuro potesse diventare più mainstream. E come devo rispondere a una domanda così? C’è una tale separazione dalla realtà, e il fatto che esista ancora mi sembra incredibile. Nei passati dieci anni c’è stata sicuramente una crescita notevole in Italia, ma sembra meno rispetto a quella che potrebbe essere. L’Italia ha tutti gli ingredienti che sono richiesti per fare grandi videogiochi, come il patrimonio culturale. Gli italiani per me hanno tra le nozioni di estetica più pronunciate al mondo, e anche la capacità di catturare emozioni, che è una delle cose principali specialmente quando i giochi si trasferiscono dall’ambiente interamente interattivo fino ad anche alla narrazione. Ho potuto parlare con diversi gruppi in questi anni su questo tema. C’è un gruppo a Torino, ci sono diverse società, anche abbastanza piccole però, ed è lì che le cose interessanti nascono. Vedere tutte queste cose, vedere uno show come questo, dove ci sono milioni di persone… l’interesse c’è, il talento c’è di sicuro, non c’è nessuna mancanza tecnica, anzi, adesso puoi fare videogiochi ovunque, e con la qualità e la profondità, senza essere inferiore a tutto il resto. Spero che si continui su questa traiettoria, e spero che l’Italia raggiunga il livello degli altri paesi e dei grandi produttori di videogiochi. Sarebbe ora! eheheh!

Domanda (GL): In generale, com’è cambiata la tua vita nel corso degli ultimi anni, dopo Ready at Dawn e The Order, eccetera, e soprattutto come stai vivendo adesso in questa tua nuova realtà? Tutte le novità insomma.

Pessino: Bella domanda! Io ho passato la maggior parte della mia vita lavorando come un disperato, non riuscivo a concepire altro, era come una cosa naturale. Anche quando non stavo lavorando, stavo sempre lavorando. Ho lavorato in diversi ambienti, da piccoli studi, a Blizzard, alla fondazione dello studio dal niente per poi diventare 170 e passa, poi si aggiungono alti e bassi, felicità e disperazione, un sacco di cose. E poi essere acquisiti in questa società gigantesca… è tutto movimentato, non è mai stato noioso. L’unica costante che ho sempre avuto è sempre stata questa intensità mostruosa di lavoro. Adesso sono arrivato a un punto tale dove cerco di concentrarmi sulle cose che davvero adoro. Certi aspetti di tecnologia che mi affascinano moltissimo, sempre simulazione, ma anche intelligenza artificiale, vari aspetti di ottimizzazione, sempre per la simulazione. Sono arrivato a un punto dove riesco a dilettarmi nelle cose che preferisco fare, e a concentrarmi su certi aspetti di sperimentazione che rendono le cose molto interessanti. E anche a rallentare un attimino e interessarmi ad altri aspetti della mia vita in maniera un pochino più bilanciata. Questo è stato il cambiamento più grande. Il mio entusiasmo per quello che faccio non è cambiato per niente. Non penso che la mia produttività sia meglio adesso di allora (per l’esperienza), ma non sono né stanco, né stagionato, non ho nessuna intenzione di rallentare o di smettere, ma ho intenzione di concentrarmi su cose sempre più specifiche con il tempo che passa. Le cose cambiano e io cerco sempre di adattarmi. La definizione di invecchiare è quando perdi la capacità di adattarti ai cambiamenti che sono naturali, specialmente in tecnologia e nelle arti. Per cui al momento ci stiamo divertendo moltissimo, stiamo continuando a fare cose grandissime che spero si realizzino, ci stiamo lavorando su, e continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto: cercare di fare i giochi migliori che possiamo nel miglior modo possibile.

Commento (GL): Tra l’altro hai anche parafrasato uno dei modi di dire più comuni, ovvero che si invecchia davvero quando si smette di giocare.

Pessino: Esatto. Il lavoro, se lo fai quando è la tua passione, e questo è la mia passione, è sempre un lavoro duro ovviamente (da lì non si scappa), ma essendo la tua passione alla fine è un gioco, una cosa che rende tutto quanto giustificato, in quanto ti da il valore che vuoi che ti dia.

Ready at Dawn

Domanda: Andando più sul futuro, abbiamo visto che un tempo il cambiamento di generazione era dato più dalla potenza di calcolo a livello grafico. Ora diciamo che non c’è più quel salto che ti fa dire “wow!”. Penso che il futuro sia più sull’intelligenza artificiale migliorata, che riesce a dare un’esperienza molto più immersiva. Come pensi che si possa evolvere? Come si può arrivare a un punto tale in futuro dove l’intelligenza artificiale possa garantire esperienze di gioco veramente uniche per ogni giocatore, dove l’intelligenza artificiale possa fare qualcosa di diverso.

Pessino: uh, domanda profonda! Sarebbe un discorso molto lungo, ma è molto interessante. La versione breve è che io sono sempre stato molto interessato, e che ci sono diversi aspetti, anche in simulazione in generale. Diciamo che sicuramente hai ragione sul fatto generazionale, e sono anche un po’ sorpreso che ancora stiamo andando avanti con quello. È già da un bel po’ che quello che conta è l’ecosistema, l’ambiente dove puoi usufruire di particolari esperienze, ma qual è la differenza maggiore? Hardware e limiti tecnici tendono ad essere allo stesso livello, per varie ragioni tecniche. come semplicemente la difficoltà a differenziarsi, il costo non lo giustifica più, e per tutto quanto quello che riguarda i limiti tecnici la curva tende a diventare piatta, e non possiamo più aspettarci questi salti mostruosi. Negli ultimi 2 o 3 anni l’intelligenza artificiale ha cambiato totalmente la traiettoria. La risposta veloce alla tua domanda è che no, non penso che l’intelligenza artificiale farà mai dell’arte che valga la pena di vedere, anche se può creare una grande quantità di imitazioni. Per definizione, quello che fa l’IA adesso è derivare le cose che già esistono, deriva da tutto e rimescola, e quella non è veramente creatività, per cui c’è un limite netto a quello che può fare, che è semplicemente la combinazione degli ingredienti che sono stati usati. Quello che però diventerà più interessante è che secondo me ci sposteremo sempre di più dalla grafica, anche se rimarrà molto importante, fino a poter sfruttare una quantità di calcoli, un livello di prestazioni remote che consentano di fare simulazioni e intelligenza artificiale a un livello che ad ora è impossibile. Ma quando ci sarà la possibilità di decentralizzare i calcoli eccetera, quello sì, aprirà porte per aspetti dell’interazione che ancora non sono tanto rifiniti quanto gli aspetti grafici o altro. Magari non immediatamente, ma nei prossimi tre o quattro anni potremmo vedere una crescita notevole.

Commento: Potrebbe anche dare una mano a velocizzare una parte dello sviluppo.

Pessino: Sicuramente, anzi lo stiamo già vendendo, specialmente in questi giochi enormi che vediamo oggi. C’è una sezione dello sviluppo che è estremamente specifica per quello, e dove l’aspetto artistico, l’estetica, si definisce. Ed ecco che ci sono un sacco di cose che sono semplicemente, come si dice negli USA, “busy work”. Ecco quegli aspetti sicuramente si sperimentare, anche per democratizzare la quantità di assetti che si possono usare, ad esempio anche con gli indie games che non hanno molte risorse finanziarie. Sicuramente questi nuovi strumenti faranno una differenza enorme.

Domanda: Parlando appunto di indie games, e quindi diciamo di sviluppatori alle prime armi, data la tua esperienza negli anni, qual è un consiglio fondamentale che daresti loro e a chi oggi vuole iniziare a sviluppare?

Pessino: Devo dire che ci sono molti indie developers che potrebbero insegnare a me come fare (ride), sono invidioso di certi gruppi e di come riescono ad innovare. Ormai il 99% che gioco personalmente sono indie. È lì che si trovano le cose davvero stimolanti. È sempre il mio lavoro, è chiaro, e con la maggior parte dei giochi non riesco a separarmi dal lavoro dietro le quinte che ha richiesto per crearlo. L’illusione semplicemente non funziona perché in tutto quello che vedo c’è quel “qui hanno dovuto fare questo, qui hanno voluto fare quell’altra cosa”. Invece con certi indie specialmente, come Inscription, mi perdo in quello che creano, per cui il mio consiglio è di continuare a fare quello che fanno, perché è una cosa più emozionante. Nei passati anni si pensava che la scena indie non potesse competere per attenzione a lungo termine, invece si è creato sia su PC sia su altre piattaforme, un interesse e un’utenza incredibile. Tutto questo non era possibile semplicemente 15 anni fa, anche meno onestamente, e quindi le possibilità sono enormi. Il mio consiglio è semplicemente di fare cose originali e di non cercare di fare imitazioni di AAA. Più la cosa è originale e specifica seguendo la propria visione, e più ci sono possibilità che il risultato sia superiore a quello che uno si aspetta, e non si sa mai cosa troverà otterrà dal pubblico, puoi cercare di predirlo ma non è assolutamente facile, ma anche possibile. E poi secondo me, ad oggi, l’industria indie è la parte più affascinante del mondo dello sviluppo. Spero continuino così!

Domanda (GL): Quanto trovi stimolante, e quanto pensi avrà successo il Metaverso?

Pessino: Uh, un’altra domanda molto profonda. Il fatto è che uno dei problemi recenti con l’idea di Metaverso è che non è molto chiaro quale sia il tentativo di comunicare, o che cosa sia, non lo hanno spiegato molto bene. Ci sono un sacco di, assunzioni, di ipotesi. L’idea stessa di Metaverso è una collezione di idee. Non è una cosa sola. Non è una chat room online, non è una meeting room, e non è neanche un gioco, è una combinazione di tutto quanto. È il momento quando abbiamo davvero un universo virtuale in cui una varietà di esperienze differenti siano disponibili. Allora ci avviciniamo di più verso l’idea del Metaverso concreto. Non è semplicemente quello che si sta facendo adesso. Anche la VR e AR è solo ingredienti. Io sono molto ottimista, nel senso che mi sembra inevitabile che in un mondo virtuale l’idea di un nuovo livello di interazioni sociali sia inevitabile. È già successo in parte, ma il processo di metterlo tutto in una collezione di esperienze connesse ma individuali (che ovviamente considerano anche giochi, lavoro, commercio e tutto quanto), ancora non esiste, si sta formando. Non è stato neanche delineato. È ancora una cosa di cui si sta sviluppando la concezione. Secondo me sarà molto trasformativo quando succederà, ma probabilmente non avrà molto in comune con quello che vediamo adesso, e neanche molto in comune con le idee che abbiamo già. Stessa cosa successe con internet e web: ci furono un sacco di speculazioni all’inizio, su quello che sarebbe stato quel mondo, come sarebbero state le interazioni, il commercio, l’intrattenimento. La realtà è stata diversa da da quello che si era previsto. In certi aspetti molto più profondo, in altri era assolutamente tutto sbagliato, e secondo me col Metaverso sarà la stessa cosa. Adesso bisogna avere pazienza, continuare a lavorare e vedere quale direzione si concretizzerà. Quindi sono molto ottimista, ma fino a quando non c’è un’idea più definita e più chiara, secondo me non è non è molto prudente cercare di trarre conclusioni.

Domanda: Negli ultimi anni ti stai dedicando molto a giochi su realtà virtuale, secondo te in futuro, dato che la tecnologia al momento non è al livello che ci si aspettava, secondo te in futuro potrebbe diventare una tecnologia molto più ampia? O meglio, esperienze molto curate e veramente realistiche?

Pessino: Sicuramente. Io ho sempre avuto questa idea che c’è un “minimo”, un punto che va raggiunto. La realtà virtuale è un nuovo medium, non rimpiazza niente, una cosa a sé, ma come tutte le potenziali nuove esperienze e tecnologie, ci sono un sacco di considerazioni da fare, e c’è sempre questo “minimo” da raggiungere. Ancora non ci siamo, ci siamo vicini. Negli ultimi anni abbiamo fatto lunghi passi in avanti, ma ci sono aspetti economici, tecnologici, di ricerca, è una cosa ancora tutta da esplorare. Siamo ancora giovani, pionieri in questo campo, ma come dicevo è solo questione di tempo. Ci sono un sacco di cose da scoprire ancora, ma sono sicuro che quando succederà sarà fantastico.

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Deputy Editor
Classe 90, invecchia bene tanto quanto il vino, anche se preferisce un buon Whisky. Ama l'introspezione, l'interpretazione e l'investigazione, e a volte tende a scavare molto più del necessario. Inguaribile romantico, amante della musica e cantante in erba, si destreggia tra hack n'slash, soulslike, punta e clicca e... praticamente qualsiasi altro tipo di gioco.