Le opere derivative sono sempre un argomento controverso, soprattutto quando si vanno a scomodare i grandi giganti. Ma non è detto che il risultato sia sempre un disastro, anzi, le sorprese sono spesso dietro l’angolo, soprattutto se stiamo parlando di un prodotto videoludico. È il caso di Alfred Hitchcock – Vertigo, un’avventura grafica sviluppata dall’azienda spagnola Pendulo Studios, già noti nell’ultimo periodo per Blacksad: Under the Skin che, seppur con molti difetti tecnici, si è difeso abbastanza bene. Diciamo che non è la prima volta che lo studio mette le mani su un prodotto figlio di un altro artista, ma rispetto a Blacksad qui ha deciso di fare un lavoro molto ispirato, ma poco fedele.
Un’avventura degna di un’opera di Hitchcock?
Qualsiasi storia del maestro del brivido può essere un’avventura grafica investigativa, ma la storia di Alfred Hitchcock – Vertigo si ispira a una serie di film del suddetto regista, senza concentrarsi troppo su una nello specifico. Nonostante il sottotitolo richiami il titolo originale del film del 1954 La donna che visse due volte, con Kim Novak e James Stewart, la storia è originale e ha giusto preso qualche sfumatura dell’opera madre. Il pubblico è diviso fra coloro che adorano gli omaggi e quelli che preferiscono le rappresentazioni pedisseque di un prodotto, ma è anche giusto apprezzare un gioco per quello che è, indipendentemente dal materiale di partenza.
Non si tratta di un’opera fedele al film di Hitchcock, ma qui il mistero non manca. I protagonisti di questa storia sono essenzialmente tre: Ed Miller, uno scrittore acrofobico (da qui il nome Vertigo), la dottoressa Lomas che lo seguirà durante il suo percorso, scoprendo i misteri della sua vita, e lo sceriffo Nick Reyes.
Il gioco si apre con un Ed molto confuso, che si ritrova sul ciglio di un burrone senza ricordare niente, dopo aver avuto una sorta di “visione” di suo padre in procinto di buttarsi. Sul fondo del burrone c’è un’auto in fiamme dove, a quanto pare, si trovano sua moglie e sua figlia. A questo punto Ed, sentendosi responsabile, tenta il suicidio ma viene salvato. Stacco. Ecco la dottoressa Julia Lomas in un cinema vuoto (con tanto di piccolo easter egg sullo sfondo), che riceve una chiamata. È stata incaricata di seguire il caso di Ed, e grazie alle nostre scelte riusciremo a scoprire che cosa è accaduto.
Tre storie accattivanti con un gameplay poco dinamico
I tre punti di vista corrispondono a tre tipi di gameplay, non particolarmente innovativi, ma che sicuramente rendono piacevole l’esperienza di gioco. Quando avremo il controllo di Ed, esploreremo fisicamente i ricordi dello scrittore e ne analizzeremo i dettagli. A grandissime linee, l’analisi dei ricordi, che possono essere mandati avanti e indietro come se fossero un filmato registrato, ricorda (molto) vagamente l’analisi della braindance in Cyberpunk 2077. La dottoressa Lomas ci guiderà durante questo percorso e con lei interagiremo in maniera molto verbale. Lo sceriffo Reyes, che dovrà agire in maniera più concreta, unirà questi due tipi di gameplay, svolgendo un altro tipo di indagine.
Questi sembrerebbero tutti gli ingredienti per un buon gioco investigativo, ma in realtà si tratta di una storia interattiva. Nessuna delle nostre scelte influenzerà particolarmente gli eventi del gioco, quindi ci limiteremo a interagire il minimo indispensabile per mandare avanti la storia.
Potremo interagire o no con gli oggetti, compiendo una serie di obiettivi. Se analizzassimo un componente della stanza in cui ci troviamo, potremmo cambiare leggermente la cutscene, o le reazioni degli altri personaggi potrebbero essere un po’ diverse, ma nulla di rilevante ai fini della trama. Mentre esploreremo i ricordi di Ed, tramite l’uso dell’ipnosi, avremo la possibilità di rivedere la sua vita attraverso i suoi occhi da bambino, per poter gettare un po’ di luce su un passato misterioso e offuscato.
Qualche conseguenza in più alle nostre azioni sarebbe stata sicuramente gradita, considerato che il gioco invoglia molto all’indagine e alle deduzioni. Alla luce di quanto detto, non aspettatevi game over e nemmeno dei finali alternativi, ma la storia tutt’altro che banale è sicuramente un buon incentivo per poter acquistare questo gioco.
“Telltale? Is that you?”
Il gameplay di base è messo molto all’angolo, mettendo in primo piano la parte narrativa che si difende molto bene e che regala non pochi colpi di scena. La grafica può rievocare una pallida copia dei vecchi giochi Telltale, con un character design molto fumettoso e spigoloso, poco realistico ma abbastanza efficace. Tecnicamente parlando non ci ritroviamo di fronte a un nuovo Blacksad, che a tratti risultava ingiocabile, ma anche qui si poteva fare di più.
Come già detto, le sessioni “attive” dove muoviamo i personaggi sono presenti in maniera limitata, ma i movimenti legnosi non si possono ignorare completamente. Fortunatamente, i momenti narrativi sono moltissimi e tutto ciò rende sopportabile anche i difetti più evidenti nei movimenti dei personaggi. Le espressioni dei protagonisti a volte non coincidono con quello che stanno dicendo: in una scena è possibile sentire il doppiatore che parla terrorizzato ma accompagnato da un’espressione completamente impassibile.