È uscito in sala I Tre Moschettieri: D’Artagnan, il primo capitolo della nuova trasposizione del romanzo Alexandre Dumas. Martin Bourboulon, che firma la sua quarta regia, ripropone un racconto di cappa e spada, nel 2023. Ecco la nostra recensione del film.
“Solo gli stolti non hanno paura” “Allora, io sono uno stolto”
1627, notte. D’Artagnan (François Civil) lotta per salvare una ragazza, rapita da un gruppo di uomini mascherati. Viene colpito al petto da uno sparo. Tutti lo credono morto, tanto che viene addirittura seppellito. All’alba, riemerge da sottoterra. Direzione: Parigi.
D’Artagnan è un giovane guascone, un sognatore. Giunge a Parigi con l’obiettivo di diventare un Moschettiere del Re. La sua faccia tosta e la sua singolare abilità nel tirarsi fuori dai guai lo condurranno ad allearsi con Athos, Porthos e Aramis (Vincent Cassel, Pio Marmai e Romain Duris), i Tre Moschettieri del Re Luigi XIII, interpretato da un altezzoso Louis Garrel. La loro missione consisterà nello sventare i malvagi stratagemmi del cardinale Richelieu (Eric Ruf), avventura che lo porterà anche ad incontrare quella che diventerà la sua acerrima nemica, Milady (Eva Green) e a innamorarsi della bella Costance (Lyna Khoudri).
2023 – I Moschettieri al cinema
Martin Bourboulon dimostra come l’universo di Alexandre Dumas sia ancora in grado di appassionarci, e lo fa attingendo a un concept e a dei personaggi immortali, attraverso un racconto moderno. Il ritmo è coinvolgente – nel primo quarto d’ora del film, ci divertiamo a vedere D’Artagnan accumulare ben tre sfide a duello, una dopo l’altra – e all’azione si accompagnano momenti comedy che rimandano vagamente al tono di pellicole come I Pirati dei Caraibi. Insomma, il giusto per farci sedere comodi sulla nostra poltrona, felici di essere usciti di casa per andare al cinema.
La fotografia di Nicolas Bolduc rende piacevole l’esperienza, anche quando, dopo la prima ora, si rischia di perdere l’attenzione. Una pecca del film è, infatti, la scarsa tridimensionalità dei personaggi che se, da un lato, prendono dalla leggerezza del racconto di Dumas, dall’altro, forse, per un racconto più moderno dovrebbero avere qualcosa di più profondo per riuscire a emozionarci. Come proporre una storia di cappa e spada al pubblico odierno, ormai abituato a narrazioni, soprattutto seriali, che indagano nella psicologia più profonda anche dei personaggi più dark?
La trama del film scorre liscia: è facile da seguire ed è costellata da colpi di scena che aiutano a non perdere mai del tutto il pubblico. Tuttavia, i personaggi sembrano esistere esclusivamente al servizio del plot: non ne percepiamo i conflitti interiori. Questo vale, soprattutto, per Athos, Porthos e Aramis. D’Artagnan, invece, è un po’ più a fuoco, essendo il protagonista trainante della storia. Lo stesso discorso vale anche, ad esempio, per Costance, che si innamora subito di D’Artagnan, come se fosse scontato: il fascino del giovane è indiscutibile, ma la facilità con cui i due si uniscono priva la loro storia di tensione emotiva.
Tuttavia, si potrebbe obiettare che l’opera di Dumas, riferimento del film di Bourboulon, non investa tanto sull’approfondimento psicologico dei personaggi, quanto piuttosto sul racconto delle loro strabilianti avventure. Pensiamo anche a La Maschera di Ferro, il film che Randall Wallace diresse nel 1998, tratto da Il visconte di Bragelonne, con cui Dumas conclude la trilogia dei Moschettieri. Il racconto, in questo caso, è diverso: non si narra delle origini dei Tre Moschettieri, ma anzi, mentre D’Artagnan è ancora al servizio del Re, Athos, Porthos e Aramis si sono ritirati da tempo e verranno richiamati all’avventura. Anche in questo caso i Moschettieri rappresentano, più che degli individui, un’entità unica, un gruppo di eroi che non vediamo l’ora di veder entrare in azione. È ancora possibile, però, appassionare il pubblico di oggi con le stesse modalità? È davvero possibile, insomma, riprodurre Alexandre Dumas nel 2023?
Martin Bourboulon sembra, da un lato, voler rispondere di no: dà al film una veste moderna e introduce dei personaggi che hanno in potenza una profondità psicologica che lascia addirittura intravedere del dramma. Un esempio – senza fare spoiler – è l’Athos di Vincent Cassel, anche se purtroppo si vede poco nel film. Tuttavia, dall’altro lato, la sensazione è che si sia fermato all’introduzione di questi personaggi, rimanendo piuttosto in superficie.
In ogni caso, I Tre Moschettieri: D’Artagnan è un buon primo capitolo di un racconto che si potrà davvero giudicare solo alla fine, ma che per ora è un film d’intrattenimento non banale, sostenuto da un’ottima esecuzione estetica e da un grande cast.