Ci siamo, finalmente. È il finale di stagione e il finale di serie di questo lunghissimo show iniziato nel lontano 2010, che ha contato la bellezza di 11 stagioni e 177 episodi, e che necessitava di un periodo di assimilazione per essere trattato in recensione. Uno show che ha inventato un nuovo tipo di serialità, in questo caso basata sul fumetto di Robert Kirkman. The Walking Dead è stato – ed è ancora – un fenomeno di massa, nonostante il brusco calo di ascolti iniziato dalla settima stagione, quella che ha visto l’introduzione dell’ottimo personaggio di Negan, che ha però aperto una serie di filoni narrativi deboli e ripetitivi.
Ne abbiamo già parlato tante volte durante le recensioni di questa anomala undicesima ed ultima stagione, composta da ben 24 episodi, 8 in più dei soliti 16 a cui eravamo abituati fin dalla terza stagione, e a cui siamo stati abituati anche nello spin-off Fear The Walking Dead: più ci avvicinavamo al finale, più sembrava che esso ci sfuggisse e che si fosse preferito aprire nuove situazioni piuttosto che chiuderle. Un po’ la sindrome del già citato LOST, che nella sesta ed ultima stagione non aveva fatto che confondere maggiormente i suoi spettatori. È stato così per The Walking Dead, a parte proprio le battute finali dello show.
Più o meno dal 20-21esimo episodio, infatti, è sembrato esserci un recupero, che ha spostato la serie verso il suo finale, seppur con confusione. Abbiamo già detto anche di quante volte ci siamo ritrovati di fronte a scene già viste e riviste, con situazioni che si sono ripetute negli anni. Dinamiche tra personaggi amici e nemici, scontri, dialoghi… Poca originalità, poche situazioni davvero interessanti e pochi personaggi che hanno saputo regalare bei momenti. Con eccezioni, naturalmente.
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Un primo terzo incentrato inutilmente sui Mietitori, poi abbandonati insieme allo sprecato personaggio di Leah, un secondo terzo dedicato più alle vicende interne del Commonwealth, a Lance Hornsby ed altri luogotenenti, alla Governatrice Pamela Milton e suo figlio Sebastian, all’esercito ed al suo generale Mercer.
Un ultimo terzo diviso tra il dentro ed il fuori del Commonwealth, con Eugene processato, gli esuli dal Commonwealth, la guerra a Pamela Milton, ma anche la vecchia e nuova minaccia dei non morti, che sono anche riusciti ad evolversi nella variante degli Arrampicatori, unica originalità, forse, di queste ultime battute della serie. Ed ora pronti per parlare di questo finale, senza poterci trattenere dal fare spoiler.
Il finale di The Walking Dead ed i riferimenti al passato
Avevamo quindi lasciato nel penultimo episodio, una Judith Grimes sofferente, svenuta, tra le braccia di Daryl che la soccorreva portandola fuori il palazzo del Governo del Commonwealth, dove Pamela Milton le aveva appena sparato. Il gruppo di Alexandria, ritirandosi dallo stesso palazzo, si era ritrovato bersagliato dalla minaccia degli arrampicatori che avevano fatto breccia nel Commonwealth e a cui neanche lo stesso esercito riusciva a far fronte. Daryl e gli altri riescono a portare Judith in ospedale ed ecco che appare l’anello di congiunzione tra l’inizio e la fine di questa longeva serie: così come il migliore amico Shane aveva cercato di proteggere Rick, in coma in ospedale nel primissimo episodio con una barella a sbarrare la porta della stanza in cui era ricoverato, ora è Daryl a cercare di proteggere, facendo la medesima cosa con la figlia Judith (che tra l’altro, forse è proprio la figlia di Shane). Finalmente, pochi minuti di episodio dopo, i bambini vengono trovati e salvati.
Riferimenti all’episodio pilota a parte, ecco che ci troviamo immersi in un finale dove la prima parola chiave è la fuga. Sia dagli arrampicatori, sia dall’esercito del Commonwealth. Fuga anche per Pamela Milton, ma dai suoi stessi cittadini. Piuttosto che difendere la sua comunità, infatti, si rivela definitivamente per quello che è: egoista e niente più. Si blinda in una piccola area del Commonwealth chiudendo i cittadini fuori e lasciandoli morire. Una scena che ci ricorda i flashback di Padre Gabriel, quando chiuse i fedeli della sua Comunità all’esterno della Chiesa solo per sopravvivere ad un attacco di zombie.
Sarà solamente la restante parte dell’esercito, quella non più controllata da Mercer, l’ago della bilancia che riuscirà a destituire definitivamente la ex Governatrice dopo la grande scena dedicata proprio a Padre Gabriel, che andando incontro alla morte (che poi non arriva), riesce ad aprire i cancelli della salvezza degli ultimi cittadini rimasti del Commonwealth. Proprio come non aveva fatto in passato. Esercito convinto solamente dall’intervento di Daryl, che ha qui il suo momento della stagione, con un discorso che neanche Gandhi.
Riposa in pace
Un finale pieno di rimandi al passato, ma che ha anche un titolo importante: Riposa in pace. Dobbiamo quindi fare i conti con la morte, come molto spesso abbiamo fatto durante tutto lo show. Salutiamo presto Luke e Jules, la coppia reintrodotta giusto da un paio di episodi per poi essere eliminata dopo un minutaggio ridicolo (a questo punto potevano farli sparire e basta). C’è da dire però che la scena dell’ultimo saluto al musicista più completo di The Walking Dead è stata ben costruita. Non salutiamo invece né Judith né Lydia e, quindi, ci si chiede quale sia quella grande morte che giustifichi un titolo del genere, per avere la conferma che ormai abbiamo fin dal famosissimo episodio 15 della nona stagione: in The Walking Dead non muore più nessun personaggio importante. Addirittura Ezekiel, morto nel fumetto, riesce a sopravvivere ad un tumore in un mondo post apocalittico. Mancanza di “coraggio” da parte degli sceneggiatori?
Il problema, forse, è che The Walking Dead non finisce. Spieghiamo meglio: questo è un buon finale, perché chiude tutti gli archi narrativi della saga. Ogni personaggio ha il suo finale che può soddisfare il pubblico. Sappiamo però che dovranno uscire gli spin-off, ed è proprio questo che ci “rovina” la festa. Negan e Maggie non moriranno, perché avranno il loro show; Daryl e Carol non moriranno, perché avrebbero dovuto avere il loro (ma lo avrà solo Daryl). Beh, insomma, tocca a Rosita. Nell’impresa di salvare i bambini, senza essere stata vista, viene morsa poco prima di aver salvato la sua Coco. Così, il suo personaggio abbandona lo show proprio sul finale ed è davvero toccante vedere il modo in cui saluta per sempre sua figlia, sapendo che non potrà mai crescerla, come toccante è il modo in cui i suoi amici dovranno salutare lei, Rosita, proprio nel momento della festa in cui si celebrava il ritorno della civiltà e di Alexandria. Un personaggio mai incisivo in tutta la sua presenza in The Walking Dead, ma alla cui presenza eravamo abituati dalla lontana stagione quattro.
Il finale di The Walking Dead è a volte scontato, a volte “troppo buono”, ma con dei momenti importanti. Quello del saluto tra Carol e Daryl, che annuncia il suo viaggio; le scuse di Negan a Maggie, che non lo perdona ma decide definitivamente di provare a smettere di odiarlo. Sembra scontato dire che il miglior personaggio della stagione finale e probabilmente dello show in generale è proprio Negan, la cui certosina scrittura è riuscita a far mutare perfettamente e coerentemente un villain in un eroe. Senza Negan The Walking Dead non è The Walking Dead, e sogniamo, prima o poi, un incontro con colui che per primo gli diede una seconda possibilità: Rick Grimes (e qui c’è un altro parallelismo, visto che Maggie salva Pamela dal morso di Lance Hornsby zombie facendola invece arrestare, anziché ucciderla. Proprio lei che ha visto morire Glenn per mano di Negan).
Manca solo lui, lo abbiamo nominato: Rick Grimes. The Walking Dead finisce nell’unico modo con cui poteva finire: con il ritorno, in un certo senso, del suo protagonista. L’unico modo, perché The Walking Dead non ha uno scopo. Apriamo e chiudiamo una parentesi per spiegare questo concetto rispondendo ad una domanda: perché viene raccontata la storia de Il Trono di Spade? Perché inizia e finisce proprio in quel modo? La risposta può essere “perché trattasi di una parabola”. Una storia, un lungo evento, che porta il mondo di Westeros dalla Monarchia assolutista alla Monarchia oligarchica, facendo immaginare in un futuro lontano, una seconda narrazione che magari porti questa oligarchia ad una democrazia. Forse.
The Walking Dead non è così: non c’è un inizio ed una fine di pandemia, anzi. Non c’è un “e vissero per sempre felici e contenti”, perché non può esistere il concetto di per sempre finché gli zombie saranno ancora vivi. Quindi, non poteva che tornare Rick e, contestualmente, Michonne. Scopriamo che entrambi sono ancora vivi. Il primo, in fuga dalla CRM (trattata in The Walking Dead: the world beyond); la seconda, impegnata nella sua ricerca. Vediamo anche un flashback in cui Rick, in fuga da un elicottero proprio della CRM, nasconde i suoi beni su una barca. Gli stessi beni che vediamo trovare da Michonne nella decima stagione, quando lascia lo show ed entra, in qualche modo, nel suo spin-off.
Insomma, la serie principale di The Walking Dead è finita, ma l’Universo AMC ci lascia ancora Tales of The Walking Dead, Fear The Walking Dead, Rick e Michonne, The Dead Island e lo spin-off su Daryl, titolo sconosciuto. Però, ci mancherà comunque, un po’ per piacere, un po’ per tradizione, nonostante un’ultima stagione deludente e non all’altezza delle precedenti due, comunque in ripresa.