The Walking Dead 11: ultima parte di stagione – Recensione degli episodi 17 e 18

Recensione dei primi due episodi dell'ultimo terzo dell'undicesima stagione di The Walking Dead, in uscita in streaming su Disney+ ogni lunedì.

Claudio Baldacci
Di Claudio Baldacci - Contributor Recensioni Lettura da 6 minuti
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The Walking Dead 11 episodi 17 e 18

Ci siamo, è giunta l’ora della recensione di quello che può essere definito come l’inizio della fine di una serie iniziata nell’ormai lontano 2010, The Walking Dead, la serie che ha riscritto il modo di raccontare gli zombie in televisione. Un modo seriale, che in questa misura non era effettivamente mai esistito. Andrew Lincoln, Rick Grimes, partì 12 anni fa (più o meno 12 anni anche nella storia, forse qualcosa di più) da Atlanta e insieme alla famiglia e a nuove conoscenze compì un lungo viaggio che lo portò tra comunità diverse fino ad approdare ad Alexandria. Da qui, lo scontro con i Salvatori prima, con i Sussurratori poi, ma anche il passaggio del testimone della guida della comunità, virtualmente, da Rick (morente, trasportato in elicottero in una località sconosciuta) a Daryl. Mentre non sappiamo quale fosse il destino del nostro vice-sceriffo, Daryl ed il suo gruppo hanno continuato il viaggio verso Washington, fino al Commonwealth, comunità abitata dalla bellezza di cinquantamila persone. E siamo alla stagione numero undici…

Dopo sedici episodi di questa stagione anomala che è composta da ben 24 di essi divisi in tre tranche da 8, siamo giunti ora all’ultimo terzo, di cui recensiamo i primi due episodi in una volta sola. Purtroppo non andiamo benissimo: abbiamo lasciato il Commonwealth in un grande disordine, ma in una maniera che abbiamo già visto tante volte in questo show. È questo il grande difetto di quest’ultima stagione: la completa mancanza di originalità. Uno svecchiamento che non si è neanche tentato di attuare. Quante volte sono apparse cattive comunità proprio quando la narrazione lo richiedeva, proprio quando il gruppo di Rick prima e di Daryl dopo, era al massimo della prosperità?

Ecco che anche all’undicesima stagione, quando la storia sembrava convergere verso il Commonwealth e riguardare al massimo questioni politiche che sarebbero potute essere anche molto interessanti, arriva la comunità dei Mietitori a distrarci e farci inutilmente perdere tempo, con l’aggiunta di un solo personaggio interessante, quello di Leah, che non è altro che la copia di altri 3-4 personaggi già apparsi. Interessante, in effetti, solo per il rapporto che aveva con Daryl.

Il Commonwealth ha già dato tutto

Finita la distrazione Mietitori con il primo terzo di stagione, ecco che siamo finalmente nel Commonwealth in una parte più interessante, composta da dinamiche interne, da una nuova vita e nuovi equilibri che i nostri personaggi devono trovare. Tutto nuovo? Purtroppo no, perché insieme ritroviamo anche tutti i vecchi cliché, iniziati già nella terza stagione con la comunità di Woodbury. I nostri protagonisti in breve tempo diventano troppo importanti per questa nuova comunità che esiste già da un decennio. Yumiko, addirittura, è quasi un braccio destro della Presidente Pamela Milton. Daryl smaschera il vice Hornsby insieme a Connie, eccetera eccetera. Insomma, appena i nostri arrivano, succede di tutto e il Commonwealth inizia a cadere in seguito all’articolo pubblicato da Connie, che svelava le attività nascoste di Sebastian, figlio di Pamela Milton, che ancora prova a proteggerlo.

Insomma, mentre Negan si infiltra nel Commonwealth con una semplicità inaudita rispetto a come accadeva ad inizio stagione, Hornsby dà la caccia a parte del gruppo di Daryl e Jerry ed altri abitanti della comunità cercano di mettere in salvo i bambini. All’interno della comunità gli animi degli abitanti sono ormai insostenibili. Hornsby viene infine catturato e al tempo stesso Sebastian trovato e sequestrato, per mettere sotto scacco Pamela Milton.

L’episodio 17, il primo di questo ultimo terzo di stagione, è forse uno dei “primi episodi” meno interessanti di sempre, ma è seguito da un episodio sicuramente più interessante… a tempi alterni. Carol ottiene un accordo che consente, in cambio della consegna di Sebastian alla madre Pamela Milton e della sua riabilitazione a scapito di Lance Hornsby, la possibilità per lei e per tutto il gruppo di fare ritorno a casa senza conseguenze di sorta e con un aiuto concreto per la loro sopravvivenza. Tutto ciò dà l’inizio ad un gioco politico intricato che vede gli interessi di Carol e di Pamela Milton convergere, ma contrapporsi quindi a quelli di Hornsby, che tramite i suoi “servizi segreti” riesce in qualche modo a capovolgere (almeno apparentemente) la situazione in suo favore, portandoci quindi al prosieguo di stagione.

Ci fermiamo qui nella narrazione per non dare troppi spoiler rispetto all’ultimo degli episodi usciti su Disney+, aggiungendo solamente che seppur tra una regia valida ed una messa in scena a tratti intrattenente, la buona riuscita di questa ultima stagione e del finale di serie può dipendere davvero solamente dal finale di questo secondo episodio.

In una volta sola appare come la ripetizione di qualcosa già visto e rivisto, cioè come la narrazione dell’ennesima “Rise and Fall” di una comunità, ma al tempo stesso come l’unica maniera di uscire velocemente da questo capitolo Commonwealth, che sembra aver già dato tutto quello che poteva, per avvicinarsi, magari tramite i teaser ad inizio episodio che raccontano degli storici personaggi che abbiamo seguito dal punto di vista di Judith, verso l’attesissimo finale di serie.

The Walking Dead 11 episodi 17 e 18
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Voto 6
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Videogiocatore vecchio stampo, purista e rompiscatole. Di quelli cresciuti con Playstation 1, Playstation 2 e Game Boy Color. Amante del cinema e delle serie TV, sempre attento alle nuove uscite e speranzoso che nuovi e interessanti prodotti popolino la nostra vita fino a farci diventare asociali. No, forse questo è meglio di no. Speaker radiofonico di www.radioeverywhere.it dove il mercoledì dalle 18 alle 20 parla di colonne sonore di film, videogiochi e tv e anche giocatore semi-professionista di Texas Hold'em. Basta.