Quando un’ambientazione è ben fatta, può ospitare tutte le storie del mondo: ne sono la prova quelle di The Witcher, che tra videogiochi e serie tv sta creando storyline sempre interessanti, così come tutte le ambientazioni di Dungeons & Dragons, che ad oggi continuano ad essere fonte di ispirazione per molti scrittori (e non solo). Un’ambientazione come Cyberpunk necessitava di contenuti, soprattutto considerando che il gioco, a sua volta, è ispirato all’ambientazione di Mike Pondsmith, designer americano dietro persino a opere come Forgotten Realms. Cyberpunk: Edgerunners è quindi un’opera di derivazione, che alla stregua di altre simili, propone una storia slegata dalle trame principali ma ambientata in quel mondo.
Abbiamo avuto modo di vedere tutte e 10 le puntate che compongono questa storia autoconclusiva, e il lavoro dietro è fin da subito lampante: dalla mano dello Studio Trigger dietro all’animazione, al modo in cui alcune cose visibili nel gioco sono state importante e traslate dentro alla serie, ogni singola puntata racconta le vicende di un gruppo di cyberpunk alle prese con la vita di strada, fatta per bruciare in fretta. Mettiamoci poi che ogni episodio è aperto da un’opening accompagnata dalle note di “This fffire” dei Franz Ferdinand, e una soundtrack calzante e perfetta durante la puntata, e avremo un quadro completo.
Benvenuto, choom!
Partiamo dai dettagli tecnici: la serie animata nasce da una collaborazione tra CD Projekt RED, che ha messo a lavoro su Cyberpunk: Edgerunners Rafał Jaki come showrunner, e lo Studio Trigger, che ha messo alla direzione Hiroyuki Imaishi, già visto in Gurren Lagann, Kill la Kill e Promare; alla soundtrack invece troviamo niente di meno che Akira Yamaoka, lo stesso di Silent Hill. Nonostante le ruolistiche siano state divise in modo congeniale, in realtà dentro la serie possiamo vedere una forte contaminazione tra lo staff, e adesso vi spiegheremo il perché.
Cyberpunk: Edgerunners segue una costruzione simile a quella già vista in Gurren Lagann, con due periodi temporali (non troppo distanti) e con una costruzione d’intreccio capace di stupire, puntata dopo puntata, senza cadere nello scontato. Il protagonsta di questa storia è David Martinez, ragazzo di Santo Domingo che grazie ai sacrifici della madre va ad una scuola della Arasaka, una delle megacorporazioni di Night City. Una serie di sfortunati eventi però porterà il ragazzo a doversi arrangiare, e nel farlo incontrerà Lucy, giovane e misteriosa netrunner, e un gruppo di cyberpunk che cercano giorno dopo giorno di sbarcare il lunario.
Tutta concentrato in 10 episodi, la serie vede una crescita dei personaggi davvero ben strutturata e ognuno di essi nasconde motivazioni, segreti e principi che nei 24 minuti per episodio scoprirete in modo quasi del tutto naturale. Un po’ meno ben caratterizzati invece i personaggi secondari, piccole macchiette che durano quanto basta per portare avanti la trama, ma che tutto sommato trovano espressione anche nel character design, come sempre per Studio Trigger al limite della perfezione.
Volutamente dentro al cliché del mondo di Cyberpunk, la serie Edgerunners non tenta di raccontare qualcosa di diverso, ma anzi evidenzia ed esalta la vita precaria dei cyberpunk e di come sia pensata per bruciare in fretta, ma in modo brillante. Torna anche il concetto di farsi un nome e di morire nella fama, cosa che nel videogioco torna spesso e che anzi diventa una sorta di stato d’animo/malessere insito nell’umano che vive quest’ambientazione. Per concludere, Cyberpunk: Edgerunners è più vicino al gioco di CD Projekt RED, sebbene esso a sua volta sia ispirato a Cyberpunk 2020, e alla sua controparte nuova Red. Per chi ha avuto modo di giocare al videogioco, molti punti di contatto e easter egg vi strapperanno un sorriso, ma la serie è godibilissima anche senza aver mai sentito parlare dell’ambientazione, vi basterà amare un po’ i contenuti sci-fi.
L’arte dell’animazione
Come abbiamo detto la serie nasce dallo sforzo congiunto di CD Projekt RED e Studio Trigger: se la prima sicuramente ci ha messo tutta la parte legata alla sceneggiatura, ciò che rende eccezionale la serie è anche l’animazione, stile che chi segue da tempo i lavori del team, quando ancora si trovavano nello studio Gainax, riconoscerà fin dai primi momenti.
Il giocare con le prospettive, il rendere le scene dinamicamente veloci quando serve e rallentarle per far raffreddare la narrazione, sono tecniche che lo staff ha sviluppato nel tempo e che, fin da Gurren Lagann ma anche nelle opere più recenti, hanno sempre avuto un ruolo di rilievo nel prodotto finale. Ogni singolo aspetto, dal sonoro al doppiaggio – eccellente in giapponese, in inglese e in italiano – fino agli effetti visivi scelti per replicare dinamiche ben precise, sono studiati e proposti in modo impeccabile.
Parliamo infine di un dettaglio molto importante: la differenza di media. Cyberpunk: Edgerunners ha avuto il compito arduo di traslare dinamiche legate ai punti focali del videogioco dentro ad una serie animata. Cose come i cyberpsicopatici, gli effetti visivi dovuti ai potenziamenti e le armi usate non sono state inventate di sana pianta, creando un prodotto che parte solo dall’ispirazione del gioco e che poi però stravolge tutto, ma sono stati replicati in modo perfetto, segno che lo studio dietro alla serie è stato impeccabile, maniacale, preciso.