Rimetti a noi i nostri debiti – Recensione del primo film italiano di Netflix

Giuseppe Salzano
Di Giuseppe Salzano Recensioni Lettura da 4 minuti
7.5
Rimetti a noi i nostri debiti

Guido (Claudio Santamaria) è un ex-tecnico informatico che cerca di sopravvivere come può: ha un lavoro precario come magazziniere e debiti fino al collo, dall’affitto di casa alle bollette della luce non pagate, fino a un prestito con la banca. Quando viene licenziato, come se non bastasse, la sera stessa subisce un’aggressione commissionata dai suoi creditori. Capisce che deve dare una svolta alla sua vita e decide di lavorare gratis per i suoi creditori fino a quando il suo debito sarà saldato. Comincia a prendere lezioni dal migliore della piazza, Franco (Marco Giallini), esperto e affermato nel recupero crediti.

Rimetti a noi i nostri debiti, prima opera italiana distribuita da Netflix e diretta dal talentuoso Antonio Morabito, prende spunto da un vecchio articolo di El Paìs in cui si raccontava di alcuni esattori che, inseguendo i propri clienti ovunque fossero, si vestivano in modi appariscenti. In Italia esiste una pratica per cui i grandi gruppi finanziari possono rivendere il debito a basso prezzo ad altre società che si occuperanno di ottenere lo scopo. La storia messa in scena da Morabito è un racconto elegante e curato, ricercato e ben interpretato dai suoi protagonisti. Il regista, che ha scritto la sceneggiatura insieme ad Amedeo Pagani, mette al centro della narrazione la tematica del recupero crediti, mutuando qualche topos preso dalla commedia all’italiana.

Rimetti a noi i nostri debitiIn un mondo crudele e ai limiti della società e della vita, in cui le banche vendono i nominativi dei creditori a società senza scrupoli, i protagonisti sono in cerca della propria redenzione, gente che ha perso tutto, inclusa la dignità. Un mondo governato da un sistema malato, che si basa sulla sopraffazione, sul mantenimento delle apparenze. Si respira una certa aria di artificiosità, dovuta probabilmente ai temi molto complessi e non facilmente gestibili (nuove forme di povertà urbana e il sistema disumano del recupero crediti), ma il film gioca a carte scoperte. Una parabola, quella di Morabito, riuscita per tre motivi: la chimica eccellente tra Santamaria e Giallini, l’evoluzione tutt’altro che scontata dei personaggi e un’idea di messinscena ricercata, accostabile per certi versi a quella degli ultimi film di Paolo Genovese.

L’opera è coraggiosa e per questo convince. Fornisce, a suo modo, un punto di vista relativo a ciò che avviene nella società odierna. Esiste gente furba e decisa a non rispettare i propri impegni finanziari, ed esiste tanta gente disperata che realmente non ha nulla. A farne le spese è quest’ultimo gruppo di persone, e il film non rinuncia a ricordarcelo, senza per questo cadere nel facile moralismo. La storia si sviluppa attraverso un crescendo emotivo che, una volta toccato il punto più alto, ci lascia inadeguati e impotenti.

Rimetti a noi i nostri debitiProbabilmente nessuno si sarebbe aspettato che fosse proprio questo il primo film italiano targato Netflix. Un prodotto così confezionato, sulla piattaforma streaming più moderna e innovativa oggi in circolazione, potrebbe spiazzare lo spettatore più malizioso, dove non sono previsti geniali stacchi di camera o tagli che permettono una più godibile visione. Sarà curioso sapere come procederà l’avventura italiana all’interno del catalogo streaming più famoso del mondo. La speranza è che il doppiaggio in altri paesi non tolga valore all’interpretazione degli attori, tra i maggiori talenti che il cinema italiano possa vantare attualmente.

Rimetti a noi i nostri debiti
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