Hands On Warhammer 40.000: Dawn of War III – Gamescom 2016

Tiziano Sbrozzi
Di Tiziano Sbrozzi - Senior Editor Impressioni Lettura da 2 minuti

Se ve lo state chiedendo, probabilmente si, Warhammer 40.000: Dawn of War III ha probabilmente il nome più lungo di tutti i giochi che ho provato personalmente alla Gamescom di Colonia. Senza por tempo in mezzo, vi dico fin da ora che il titolo di Relic Enterteinment mi ha emozionato: in pochi attimi ho dovuto rispolverare le mie vecchie reminiscenze di Rts, un genere che ho abbandonato molto tempo fa ma che mi è sempre rimasto nel cuore. Ai miei tempi (suona strano ma è così) la connessione internet era labile e quando c’era, giocare online era comunque complicato. Per questo le campagne di gioco, anche negli rts erano profonde e molto difficili: il computer aveva il compito di simulare un giocatore più o meno bravo che ti fronteggiava.

Warhammer 40000 Dawn of War IIIIn Warhammer 40.000: Dawn of War III ritrovo il gusto di un epoca passata: mi scopro a divertirmi un mondo contro il computer, interpretando il team dei Terran contro i perfidi Eldar. Lo scenario che ho provato vantava, per ragioni di tempo, tutte le strutture già sbloccate e un piccolo manipolo di truppe con due eroi da provare. Mi sono emozionato molto a risolvere le missioni secondarie nella mappa, a scoprire le abilità di ogni eroe e delle truppe: effetti grafici davvero da brivido hanno condito i tutto. Il gioco pecca di alcuni bug e in generale l’intelligenza artificiale delle mie truppe a volte lasciava a desiderare, continuando a camminare sotto il fuoco nemico, senza rispondere all’aggressione, ma questo accadeva con poche truppe e gli sviluppatori mi hanno assicurato che quello è uno dei punti su cui stanno lavorando prima della release, un generico 2017. Non ho avuto modo di provare una partita multi-giocatore ma se questa è la base di partenza, il gioco merita di essere temuto nel corso del prossimo anno per i suoi competitor.

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Senior Editor
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.