Corre l’anno 2019. Invader Studios, team di sviluppo completamente italiano, rilascia sul mercato Daymare 1998, un survival horror che strizza l’occhio – neanche troppo velatamente – a Resident Evil. Considerata l’inerzia dell’industria videoludica italiana, l’opera si annuncia subito un grande successo nonostante la lunga lista di limitazioni nostrane dettate ora dal mercato, ora dall’ambizione di voler creare qualcosa di memorabile in un territorio dove le possibilità sono poche. Questo si è tradotto poi nel rilascio di Daymare 1994: Sandcastle di cui vi parliamo in recensione, un sequel che tenevamo d’occhio da molto tempo e che non vedevamo l’ora di provare con mano.
Tra segreti e nuovi orrori
Stavolta, l’impianto narrativo ci mette nei panni di Delila Reyes, membro dell’unità H.A.D.E.S. che avevamo già conosciuto nel precedente capitolo. La ragazza, un tipo solitario e dal passato misterioso, viene mandata in missione in una base dell’Area 51 con l’obiettivo di recuperare una valigetta e uno scienziato. Sul posto, la situazione si presenta subito più terribile del previsto, e dal momento in cui si dividerà dal resto della squadra partirà ufficialmente un’avventura fatta di segreti e rivelazioni.
Di fatti, crediamo che sia proprio il comparto narrativo l’elemento più riuscito di Daymare 1994: Sandcastle, laddove il precedente Daymare 1998 andava a frammentarsi forse più del dovuto. La storia, così come la progressione in termini di gameplay e level design, è molto lineare, ma sempre condita con avvenimenti e scoperte che permettono al titolo di restare sempre interessante.
Non ci sono particolari cliché o espedienti che rendono ostica la comprensione della trama ostica, ma al contrario gli eventi si susseguono seguendo un filo logico quasi sempre realistico. Abbiamo notato alcuni momenti in cui alcuni dialoghi in particolare non sembravano avere troppo senso o, similmente, apparivano più forzati del dovuto, ma non è mai stato nulla che ha gravato eccessivamente sulla trama.
Tra Resident Evil e Metal Gear Solid 2
Risulta ottima anche la caratterizzazione dei personaggi, che viene inserita correttamente nel contesto fantascientifico e permette alla narrazione di vantare colpi di scena validi e quasi mai scontati. I ruoli che essi svolgono all’interno della storia, il loro carattere e le loro reazioni, creano un teatro fatto di tematiche a tratti politiche che ci ha ricordato molto i colpi di scena di altri titoli storici, tra cui Metal Gear Solid 2, il ché non ci è dispiaciuto affatto.
In tal senso, Daymare 1994 possiede una buona dose di differenziazione, tanto in termini di character design quanto – e soprattutto – nel level design. Abbiamo apprezzato molto come Invader Studios si sia concentrata, riuscendoci appieno, a realizzare ambienti sempre diversificati e unici nel loro genere, evitando il rischio di presentare al giocatore luoghi sempre uguali e ripetitivi. Discorso analogo per i puzzle, quasi sempre diversi tra di loro e capaci di donare il pizzico di varietà giusto che serviva al gameplay per staccare i momenti di shooting da quelli più narrativi.
L’opera non è però esente da difetti all’impianto ludico, che sebbene alcuni possano essere soggettivi e variare in base alla piattaforma su cui si gioca e al livello di difficoltà selezionato, altri diventano più evidenti. In primis, ci dà troppo fastidio vedere Reyes spostarsi in otto direzioni su Xbox come se stessimo giocando con mouse e tastiera invece che con un controller, rendendo i movimenti spesso imprecisi.
Il problema dei controlli diventa decisamente più sentito quando andiamo ad analizzare il sistema di combattimento, che risente moltissimo di alcune mancanze. Prima tra queste è l’impossibilità di schivare gli attacchi in arrivo, dato che i movimenti si rivelano spesso più lenti del necessario e finiscono per farci attaccare dai nemici, la cui letalità e velocità può variare da tipo a tipo. Poter evitare le creature in un modo diverso dalla semplice ritirata ci avrebbe senza dubbio risparmiato una quantità enorme di morti causate da mostri che apparivano alle nostre spalle uccidendoci con un colpo solo.
Il sistema di combattimento è tediato anche dalla presenza di due sole armi: il fucile a pompa e la mitraglietta, entrambe potenziabili tramite modifiche sparse per il gioco. Da una parte è vero che parliamo dei due fucili fondamentali in un titolo survival horror, ma avremmo preferito la possibilità di scegliere quali armi portare con noi in battaglia, nel momento in cui alcuni scontri particolari, per i motivi succitati, possono rivelarsi troppo frustranti e punitivi dove non dovrebbero.
Oltre la stasi
La più interessante novità del gameplay è però l’introduzione del Frost Grip, ovvero un accessorio che può emettere idrogeno per congelare nemici e oggetti. Con questo, Invader Studios ha potuto rielaborare anche i puzzle ambientali, introducendo in essi la possibilità di congelare tubi per fermare delle fiamme o semplicemente rallentando alcuni movimenti. I riferimenti alla stasi di Dead Space sono piuttosto evidenti, seppur gli utilizzi contro i nemici vantino addirittura di una maggiore creatività.
Oltre a sparare proiettili che rallentano i mostri, in Daymare 1994 potremo anche congelare alcuni di essi (scelta fondamentale per ucciderne una varietà specifica). Ancor di più, i proiettili di Frost Grip possono anche abbattere delle sfere di energia che potenziano le creature o ne creano altre. Addirittura, nel momento in cui siamo stati afferrati da uno dei nemici, potremo anche premere un tasto per sprigionare un attacco che rallenta tutti gli avversari nelle vicinanze.
Se aggiungiamo a tutto questo la possibilità di potenziare il Frost Grip e aggiungere nuove abilità, ci rendiamo conto di quanta cura sia stata rilegata a questa semplice ma fondamentale meccanica. Abbiamo apprezzato davvero tantissimo questa introduzione sia perché rielabora la soluzione dei puzzle, sia perché condisce il sistema di combattimento con una valida alternativa ai più semplici proiettili.
Tolto questo, Daymare 1994 soffre inevitabilmente di alcune incertezze tecniche. A partire dai movimenti a otto direzioni su controller, giungendo ad animazioni approssimative, fino ad arrivare a un frame rate instabile e texture in bassa risoluzione su Xbox Series S. Si sente spesso la difficoltà di ottimizzazione da parte del team di sviluppo. Tuttavia, non ci sentiamo di puntare il dito, considerato che Invader Studios è riuscita a mettere in piedi un survival horror di tutto rispetto in soli tre anni.
Di fatti, sebbene la prefazione della recensione di Daymare 1994 possa far sembrare che crediamo poco nell’industria sul suolo italiano, la realtà è diametralmente opposta. Potervi parlare di un titolo che trasuda ambizione e passione da ogni angolo, che mette in mostra come un team possa credere fermamente nella sua creatura, è un inno di felicità per un mercato videoludico – quello italiano – che comincia finalmente a ritagliarsi il suo spazio al mondo.