Viewfinder – Recensione: tutto un altro punto di vista

Ecco la nostra recensione di Viewfinder, un puzzle game narrativo che ci mette di fronte ad ingegnosi enigmi che sfruttano fuoco e prospettiva.

Gianluigi Crescenzi
Di Gianluigi Crescenzi - Deputy Editor Recensioni Lettura da 7 minuti
7.8
Viewfinder

Chi vi parla è sempre stato affascinato dal concetto di “punto di vista“, che si trattasse di qualcosa di visivo, qualcosa di astratto, di opinioni o altro ancora. Affascinato così tanto che anni or sono vi ha anche basato sopra una tesi scolastica. Per questo quando Viewfinder ha catturato particolarmente la nostra attenzione, oltre al fatto che la sua struttura da puzzle game narrativo con elementi distopici ci ha colpiti fin da subito. In questa recensione paleremo quindi di come il titolo di Sad Owl Studios e Thunderful Publishing si pone verso il giocatore, della storia che vuole raccontare, e di come il gioco cerchi di farci premere le meningi.

Conoscendo i “Fondatori”

Come già detto Viewfinder è un titolo che cercherà allo stesso tempo di sfidarci e di affascinarci, il tutto mentre una storia tra passato e presente ci viene raccontata. Badate bene, non si tratta di un mappazzone tedioso che vi riempirà di video o di testi, ma di documenti audio e video sparsi qua e là per i vari livelli di gioco, che potrete decidere di ascoltare/leggere per immergervi ancora di più nel contesto, o ignorare e continuare per la vostra strada nella risoluzione degli enigmi. Dopo pochissimi passi che faranno da tutorial, verremo a scoprire tutti i livelli che giocheremo in Viewfinder fanno parte di una simulazione, e che in realtà ci troviamo fisicamente in un pianeta Terra che ormai è in condizioni disastrose, completamente rosso, a causa del troppo sfruttamento. Gli alberi, i colori, i paesaggi, tutti un lontano ricordo.

Sapendo quello che c’è fuori, entreremo in questa sorta di macchina alla “ricerca di qualcosa” che possa in un certo senso aiutarci nella situazione reale, sfruttando anche i dati e i pensieri che i cinque visionari fondatori hanno lasciato nel loro mondo virtuale. Questo è formato da 5 aree (hub), ognuna dedicata ad ognuno di loro, che altro non è che il loro ambiente da lavoro. A farci compagnia, oltre alla nostra collaboratrice fuori campo, Jessie, ci sarà anche una IA creata da uno dei cinque, CAIT, che ci guiderà di livello in livello, commentando anche ciò che faremo.

Mentre giocheremo, scopriremo le storie dei fondatori, le loro motivazioni, la loro genialità, e forse, qualcosa che possa salvare il mondo esterno grazie ai loro sforzi.

Alla ricerca della vita

In queste hub partiremo con la nostra avventura: giocheremo con una visuale in prima persona, scelta a dir poco obbligata data la natura del titolo. Questo perché in Viewfinder la prospettiva sarà parte integrante del gameplay, indispensabile protagonista del gioco da sfruttare per risolvere i vari enigmi.

Ma in cosa consistono questi? In pratica, dovremo sfruttare delle foto – o a volte anche oggetti – per modificare la realtà all’interno della simulazione, ridefinendola e modellando il mondo di gioco per permetterci di raggiungere dei teletrasporti, e passare al livello successivo. Questa meccanica è a dir poco interessante, e rende avvincente ogni singolo livello. Certo, per forza di cose la prima parte del gioco sarà molto semplice e ci insegnerà le basi, ma il grado di difficoltà e di arguzia richiesti aumenteranno man mano che il gioco continua.

Prima…

Passeremo quindi da livelli dove utilizzare foto che troviamo già belle e pronte, a quelli dove le dovremo scattare con fotocamere fisse, o ancora dove ne avremo una a rullini sempre con noi. Le foto non saranno infinite, e non sempre dovremo usarle nel modo più convenzionale (anzi, quasi mai). Questo perché le ruoteremo, le posizioneremo in modi strampalati, le sfrutteremo per sdoppiare degli oggetti, creare ponti… insomma, le combinazioni sono veramente tantissime.

…Dopo

Tante le combinazioni, ma tante anche le variabili: di hub in hub gli enigmi che i livelli offrono sono sempre diverso, e a gruppi presentano sempre dei tipi di risoluzione nuovi, che vi faranno sfruttare in modo alternativo le foto o gli oggetti che avete incontrato. Utilizzare una batteria per alimentare un teletrasporto (che come già detto è il nostro traguardo) o immortalarlo e riprodurlo altrove per renderlo accessibile, sfruttare dei “glitch” che non rimangono impressi nelle foto per superare delle barriere, combinare leve, switch acustici fotocopiatrici, e tanto altro ancora.

La lunghezza del gioco non è elevatissima, anche se contiamo la buona dose di livelli facoltativi presenti (che si rivelano essere la vera sfida del gioco), ma tutto sommato riesce a difendersi bene con le proprie meccaniche, tanto che siamo davvero curiosi di scoprire se il team di Sad Owl vorrà riprenderle in mano per creare un seguito, magari con uno sprint in più dal punto di vista tecnico (non che Viewfinder sia messo male, dato che alcune visività più “grezze” sono parte integrante del gioco) ad innalzarne ancora di più il livello, adattandosi ad hoc a questa generazione.

Viewfinder è un ottimo esercizio per ridefinire la realtà e pensare fuori dagli schemi, un titolo che almeno una volta nella vita deve essere giocato, non solo per mettersi alla prova, ma anche per affascinarsi di fronte al concetto di “realtà”, e di come il “punto di vista” di cui parlavamo all’inizio possa davvero cambiare le cose.

Viewfinder
7.8
Voto 7.8
Condividi l'articolo
Deputy Editor
Classe 90, invecchia bene tanto quanto il vino, anche se preferisce un buon Whisky. Ama l'introspezione, l'interpretazione e l'investigazione, e a volte tende a scavare molto più del necessario. Inguaribile romantico, amante della musica e cantante in erba, si destreggia tra hack n'slash, soulslike, punta e clicca e... praticamente qualsiasi altro tipo di gioco.