Sono passati tre anni dall’uscita di quel controverso Need for Speed Heat, che ci lasciò decisamente ottimisti durante la fase di recensione, ma che all’atto pratico è stato accolto in modo piuttosto tiepido dal pubblico. Forse proprio per questo, tra gli altri motivi, EA ha deciso di dare una sterzata al brand, con Criterion Games che non vedrà più Ghost ad affiancarli, e con un “mezzo” ritorno al passato per quanto riguarda le vibes. Need for Speed Unbound, titolo da oggi disponibile all’acquisto e che analizziamo in recensione, ci vuole riportare bruscamente a quelle vibes un po’ “underground” – in tutti i sensi – delle corse clandestine, allontanandoci dai neon e riprendendo in mano le bombolette spray.
Nonostante il cambio di rotta stilistico (cambio macroscopico di cui parleremo più avanti), gli sviluppatori hanno attinto da i loro titoli precedenti, cercando di capire cosa funzionasse e cosa no: nell’intero gioco vi troverete di fronte una miriade di feature o elementi “rubacchiati” dagli altri capitoli della serie, rassicurandovi però sul fatto che si tratta solo di piccoli deja-vu, e che sono stati inseriti con criterio. Non mancano ovviamente anche diverse novità assolute, tra gestione del gioco e gameplay, alcune delle quali particolarmente interessanti e che ci toglieranno subito dagli occhi l’idea di star giocando qualcosa di già visto… fino a un certo punto. Già, perché di base la storia è sempre la stessa, così come il gioco in sé.
“Un garage è come una famiglia”
La prima grossa novità che possiamo trovare in Need for Speed Unbound, è la divisione in due macro modalità: la prima è la modalità Storia, dove creeremo il nostro protagonista e vivremo tutta la trama ideata dagli sviluppatori, mentre la seconda è quella dedicata al gioco online, votata maggiormente al free roaming e allo sfidare altri giocatori in PvP. Ognuna delle due può risultare la modalità “di punta” in base a quelle che sono le vostre priorità, ma di base la modalità Storia è quella su cui i Criterion si sono concentrati di più.
Partiremo in questa creando il nostro personaggio, dove partendo da uno dei modelli predefiniti potremo scegliere il nostro stile, modificando capelli, barba, occhiali e vestiario, scegliendo tra i vari capi di abbigliamento originali NFS o firmati da alcuni famosi marchi (Vans, Napajiri, Champions e così via). Inizieremo la nostra avventura dal garage in cui lavoriamo, insieme al proprietario Rydell e alla nostra collega Jasmine, con la quale abbiamo rimesso in sesto una vecchia auto (che sceglieremo tra le tre disponibili) e abbiamo deciso di buttarci all’interno del panorama corsistico “underground” di Lakeshore. Non c’è bisogno di dire che si tratta di corse clandestine, che tornano ad esserlo nella totalità delle loro possibilità. Per rendere la cosa leggermente più pepata, ci troviamo in una città dove le corse di questo tipo sono all’ordine del giorno, ma dove la nuova politica ha intenzione di prendere in mano la situazione e ripulire tutto per la sicurezza dei cittadini.
Da qui in poi non procederemo con la trama, ma sappiate che già nelle prime ore di gioco assisteremo ad un colpo di scena (anche se abbastanza telefonato) dove il nostro personaggio sarà costretto a partire da zero, come in tutti i titoli fino ad ora. Possiamo dirvi però che come di consueto il nostro obiettivo sarà fare soldi, comprare auto, modificarle, e vincere gare per fare ancora più soldi. Certo, in virtù del nostro obiettivo principale nella storia.
Già fino a questo punto, il giocatore sarà arrivato a rendersi conto di alcuni punti in comune con alcuni dei vecchi titoli: la parte del centro città è palesemente ripreso dal reboot di Most Wanted, il sistema di creazione e personalizzazione dell’avatar ricalca il recente NFS Heat (così come l’alternanza giorno notte, ma con l’aggiunta di un calendario e deli eventi prestabiliti in alcuni giorni), i biomi non sono troppo cangianti, ma riprendono diverse sfaccettature e altitudini di una stessa città come il mai troppo lodato Need for Speed Underground 2, e altro ancora. C’è da dire anche, come facevamo in apertura, che queste feature sono state integrate discretamente, a volte snellite e adattate al contesto.
Se decideremo di buttarci nel gioco online, esiste una modalità a parte, dove sbizzarrirci nel free roaming fine a sé stesso, e sfidarci con altri utenti (con i quali potremo anche fare gruppo). Non ci sentiamo di dire molto su questa modalità, se non che ad ora l’unica utilità è quella di poter salire di rango col nostro profilo, accumulare soldi (in modo più rapido rispetto alla storia), e mettere alla prova le nostre abilità sulle piste che abbiamo imparato a conoscere in single player. Precisiamo che per tale modalità dovrete creare un secondo personaggio, che sarà il vostro avatar, slegato da quello della storia.
Sbandata con-trollata
Passiamo ora a due degli argomenti più importanti di un Need for Speed, e che purtroppo si rivelano tra le caratteristiche meno riuscite di Unbound: la guida e l’esplorazione. Partiamo dal livello di difficoltà, che vede questa nuova iterazione porsi un gradino più in alto rispetto ai predecessori in quanto a complessità e uno più in basso per il comfort alla guida (come Heat insomma, ma per motivi diversi). Anche se il livello di guida che sceglieremo – rilassato, impegnativo, o difficile – influirà un pochino, la sensazione pad alla mano è che l’esperienza sia “scomoda”: sembra come se la verve arcade si sia ibridizzata solo in alcuni punti, e male.
Per scattare in partenza c’è bisogno di tenersi con i giri del motore alti, ma in un range specifico, altrimenti partiremo lenti e perderemo terreno da subito. Anche se dipende dall’auto che starete guidando (sentirete la differenza tra quelle con aderenza maggiore), le derapate sono state implementate in modo, ci dispiace dirlo, pessimo: nonostante si sia voluta dare una parvenza di realismo, entrare in derapata significa quasi sempre perdere molta velocità, o a volte fermarsi, e addirittura spesso ci porterà a sbagliare totalmente traiettoria. Il risultato è che la guida ne esce con le ossa rotte, facendoci puntare molto sui tagli di strada, lo scommettere su curve un po’ più larghe per mantenere alta la velocità, e il rischio costante – soprattutto nelle zone dove prendere un guard rail significa cambiare corsia o sbagliare strada – di mancare un checkpoint ed essere forzatamente ributtati in pista, a volte in zone dove accelerare ci farà prendere in pieno un muro o un’auto del traffico.
Se poi ci mettiamo che soprattutto nelle fasi iniziali (dopo la fine del prologo) se non spenderete qualche dollaro per delle modifiche, sarà impossibile competere adeguatamente con gli avversari, il rischio di non dare una seconda chance al gioco è molto alto. Cosa che potreste fare se imparate ad utilizzare ciò di cui vi parliamo ora.
Alla sbandata è direttamente correlato il fattore Nitro: come accadeva in tutti i i titoli precedenti dalla generazione PS4/One in poi, questo si ricarica automaticamente – ma lentamente col tempo – ed eseguire acrobazie, stunt, andare in scia, sfiorare auto, e ovviamente derapare, garantiscono una ricarica più veloce. Qui però entra in gioco anche un secondo tipo di nitro, vera grande novità di Need for Speed Unbound: il Turbo Speciale.
Si tratta di una seconda barra posta accanto al Nitro classico, suddivisa in tre tacche, che si riempiranno inanellando delle combo, e che si azzereranno se smetteremo di eseguire azioni speciali. Ad ogni tacca che si carica, potremo fare un singolo click sul tasto del turbo, per eseguire uno scatto in avanti, una sorta di colpo di reni. Questo tipo di turbo è slegato dal nitro classico, che non si consumerà se useremo quello speciale. Qual è la sua utilità effettiva se non ci fa accelerare come dei dannati? un’applicazione pratica è quella del riprendere velocità dopo una derapata finita mezza male, o addirittura mettere fine ad essa per procedere dritti di fronte a voi per non perdere il controllo dell’auto, ma anzi scattare (in modo fisicamente innaturale) e recuperare aderenza.
Possiamo dire infine che piccoli passi in avanti sono stati fatti con le IA dei piloti avversari, che non si comportano come pazzi scatenati kamikaze, ma neanche vi renderanno la vita facile o vi lasceranno passare tranquillamente.
Piccola nota a piè capitolo: gli inseguimenti della polizia, che nelle gare ad evento erano sempre destinati a terminare, qui riprendono con veemenza dopo la premiazione della gara. Quindi se state esultando per una vittoria, ma anche se siete ultimi, se avete tagliato il traguardo mentre le pattuglie erano alle vostre costole, sbrigatevi a darvela a gambe. Inutile dire che se l’allerta è alta e sarete beccati, perderete un mucchio di grana, e vi ricordo che è la parte fondamentale del gioco.
Una Lakeshore adatta a tutti?
Se deciderete però di entrare nel vivo di Unbound, ci sono diverse cose che potrete fare, in gara e non. Prima di tutto, per fare più soldi (e vi serviranno parecchio, sia per i pezzi di ricambio, sia perché alcuni eventi richiedono una tassa d’iscrizione) potrete sfidare uno degli altri partecipanti della gara con una scommessa aggiuntiva, e non dovrete fare altro che piazzarvi più in alto di lui/lei. Certo, se dopo lo stacco di due anni dal prologo Criterion avesse aggiornato almeno l’età nella loro descrizione, la cosa sarebbe stata più “coerente” (esempio, se un personaggio, di cui mi dai anche una descrizione personale e del proprio carattere, presenta la dicitura “19 anni”, non può riportarla anche due anni dopo, no?). Se avete avuto un deja-vu di Midnight Club, ci avete visto giusto.
La città di Lakeshore e le sue zone limitrofe saranno teatro non solo di gare, ma anche di tutte le altre attività che ormai conosciamo bene, tra autovelox da polverizzare, cartelloni da distruggere, zone di velocità e altro, con l’aggiunta anche di distributori dove recarvi e azzerare i danni estetici dell’auto (che ovviamente si martorizzerà con tutti gli incidenti che faremo). Saranno inoltre disponibili dei collezionabili e delle attività secondarie, adatte ad arrotondare un pochino con il denaro, sempre utilissimo.
La gestione dei nostri fondi è quindi argomento centrale, perché per tutto quello che dobbiamo fare, ce ne saranno sempre pochi: dovremo comprare diverse auto, potenziarle, pagare le iscrizioni alle gare, e tutto senza perdere le scommesse o farci arrestare. Insomma, gestione oculata dei soldi e abilità saranno fondamentali. Il tutto, per quanto elettrizzante, può rendere la progressione eccessivamente lenta e, soprattutto, faticosa.
Fumo negli occhi
Nonostante ne parliamo quasi a fine recensione, l’estetica è una delle caratteristiche più chiare e distintive di Need for Speed Unbound. Questo si traduce in un gigantesco ago della bilancia, che forse ha fatto puntare tutto su di essa, trascurando però alcune delle altre caratteristiche base del gioco. Le estetiche e gli effetti sono parte integrande di Unbound, quando salteremo, deraperemo, faremo incidenti o altro, la nostra auto verrà cosparsa di effetti dinamici, come fumo, ali, faccine e altro, e tutto in pieno stile street art: gli effetti sono colorati, sgargianti, vernice da bomboletta spray utilizzata in modo dinamico.
Se da un lato definirla una cosa buona o cattiva è una questione puramente soggettiva, dall’altro è chiaro come a livello visivo si crei uno stacco gigantesco tra il fotorealismo ricercato nelle ambientazioni, nell’acqua, nei riflessi e tutto il resto. Se poi ci mettiamo che tutti i personaggi sono stati realizzati in cel shading (sempre riprendendo le vibes da street art), questa distanza si fa abissale. Che possa piacere oppure no, il senso di “stranezza” è palpabile, senza contare che la mancanza di dettagli e la semplicità del cel shading portano alla mente delle sensazioni da “indie game”.
Riders on the Storm, no more
In quest’ultimo paragrafo parleremo di tutto ciò che ancora non abbiamo trattato. Il parco auto di Unbound non fa gridare al miracolo, ed è una delle parti probabilmente più “trascurate” per dar spazio alla personalizzazione. Personalizzazione dell’avatar, arricchito con i marchi di moda citati più altri, personalizzazione delle proprie automobili con pezzi esteriori (disponibili anche kit completi preassemblati), e ovviamente quella delle performance, che a parte una o due preferenze in quanto a stile di guida, non vi vedrà far altro che installare i kit man mano più potenti che sbloccherete.
Sul piano tecnico Unbound si difende bene, ma alcuni compromessi che cozzano un po’ con l’estetica sono stati necessari: come l’inserimento di persone a piedi per strada, che a volte avranno scatti degni di Marcell Jacobs, e a volte li investiremo (ma senza conseguenze per noi o per loro), oppure i guard rail e gli alberi che, quando li colpiremo e tranceremo dalla strada, si disintegreranno e scompariranno in mille pezzi.
Parlando delle performance su schermo, su PS5 Unbound si comporta estremamente bene, il senso di velocità è buono (anche se lontano dall’essere il migliore di questa generazione, a nostro avviso quello di Forza Horizon 5), con i cali di fps che si incontrano solamente nelle fasi di gioco iniziali. I caricamenti ci sono, anche se brevi, e a volte spezzano quella dinamicità simbolo della generazione delle SSD.
Per finire andiamo a parlare del comparto audio: in Unbound esiste una feature che fa personalizzare il rumore del tubo di scappamento/motore, potendo modificare tre tipi di caratteristiche. Di certo un’aggiunta carina, ma non troppo utile rispetto ad altre cose che sono state trattate con sufficienza. Il doppiaggio in italiano regge, e sono gradevoli – anche se eccessivamente ripetitivi – i commenti dei piloti ad ogni sorpasso o collisione che faremo con loro.
Ciò che ci ha convinto di meno invece è la colonna sonora: certo, anche in questo caso parliamo di gusti personali, ma è un dato di fatto come, in controtendenza rispetto a titoli che da questo punto di vista hanno spiccato, come NFS Payback o ancora più indietro con Underground 1 e 2, ci sia stato un cambio di genere radicale, e soprattutto non è stato dato spazio alla varietà. Questa è chiaramente una scelta voluta, con tracce hip hop e rap leggero che vanno a ricalcare (come se già tutto il contesto e l’estetica non fossero abbastanza) lo stile underground delle corse clandestine. Il risultato è una musica che passa completamente in sordina, che non si nota durante le corse, e che non riesce a imprimere alcun tipo di adrenalina.